Convegno su Priebke e dintorni, cari compagni i fascisti siete voi
di Alessio Mannino - 29/08/2013
Fonte: nuovavicenza
Chi, sia pur in nome della democrazia, vieta agli altri di esprimere il proprio pensiero non è un democratico: è un fascista. E fascisti, sia pur rossi, si rivelano i promotori degli sciagurati appelli, uno del Presidio No Dal Molin e un altro capitanato da Rifondazione e dalla consigliere vendoliana Dovigo, perchè il Comune di Vicenza revochi il permesso per un convegno ai Chiostri di Santa Corona perchè fra i relatori vi saranno due esponenti della Npd, il partito di estrema destra tedesco, e l’avvocato di Priebke (benché non risulti che il lavoro di avvocato sia una colpa). Beninteso con la minaccia, di sapore squadrista, di impedirne lo svolgimento.
Ai firmatari fremeranno d’indignazione le froge del naso, al sentirsi definire fasci.Bisogna capirli: tutti d’immacolato pedigree di sinistra, alcuni che più di sinistra non si può a cominciare dai neo-comunisti. Spiacenti, tuttavia: nell’invocare la censura preventiva, comunque motivata, a mio avviso sono perfettamente equiparabili ad un neo-nazista che a parti invertite chieda il bavaglio per un evento di marca comunista. Il metodo è uguale, il principio identico, e si chiama foia liberticida.
Ché poi, al contrario di quanto sostengono questi cacciatori di streghe, non si tratta nemmeno di un’iniziativa «fortemente ispirata ad una ideologia nazi-fascista» o di «chiara matrice neonazista». Il dibattito in questione è di natura storica, non propagandistica, ed è promossa da una testata giornalistica attiva dai primi anni Novanta, che non ha alcunché di illegale o men che meno anti-costituzionale. Certo, l’interessamento di un militante del Veneto Fronte Skinhead nell’organizzazione e soprattutto la partecipazione di due politici tedeschi di un partito nazionalista, se non neo-nazista, come la Npd, assieme alla presenza del legale del capitano delle SS Erich Priebke fanno pensare che le tesi non saranno certo ascrivibili alla vulgata storiografica cara a sinistra. Ma se da un lato è sintomo di ottusa prevenzione disinteressarsi totalmente dei contenuti che si udiranno al convegno, come se la discussione non fosse neppure concepibile e ammessa se animata da portatori di idee “nemiche”, dall’altro è falso affermare che sia un raduno con saluti romani e inni al Führer. E anche quando fosse, l’unico limite per opporsi all’avvenimento dovrebbe essere la legge. E la legge italiana prevede da un lato il divieto di apologia del fascismo nella 12a disposizione transitoria della Costituzione, e dall’altro proibisce l’incitamento all’odio razziale con la legge Mancino (per altro entrambe discutibili, in quanto incoerenti rispetto al principio fondante della libera opinione – ricordate Voltaire?). Se i presenti alla conferenza dovessero violare una di queste norme, solo allora e in quel caso si potrebbe puntare il dito contro. Non prima. Altrimenti si uscirebbe dallo Stato di diritto per entrare in quello dell’arbitrio di parte, ch’era prerogativa, se non erro, dell’inciviltà giuridica del nazismo.
Ai compagni ricordo due cose. Una è che un Comune non può e non deve intromettersi a priori ma concedere i propri spazi a qualunque cittadino che ne faccia richiesta, senza eccezioni. La seconda è che l’articolo 21 della Carta recita: “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. Tutti. Mica soltanto loro. Inoltre, i sinistrati pavlovianamente scattanti nell’istinto repressivo mostrano di essere deboli, visto che non riescono a far altro che farsi venire la bava alla bocca cercando di tappare quella altrui. Se fossero sicuri del fatto loro e delle verità storiche che difendono, non si vede perché vestire i panni dei fascisti alla rovescia («nessuno si azzardi a tirar fuori questioni di libertà d’opinione…»: altrimenti? parte la spedizione punitiva con manganello e olio di ricino?). Come vedete, non entro nel merito delle motivazioni addotte – l’accostamento con la sentenza Berlusconi, la concomitanza con la manifestazione No Dal Molin, il richiamo all’antifascismo – che c’entrano come i cavoli a merenda e se c’entrano, come l’ultima, non si capisce perché chi non la condivida non possa liberamente dissentire. A me, per esempio, i negazionisti repellono e i nostalgici mettono l’orticaria, ma un revisionista serio e documentato farebbe piacere e sarebbe pure un dovere ascoltarlo, lasciandoli perciò la sacrosanta libertà di parola e di scrittura. La ricerca storica è infatti revisionista in sé, per il semplice fatto che riflette i cambiamenti sociali e culturali delle diverse epoche.
Fra i relatori, infine, c’è anche un certo Massimo Fini, firma irregolare e spirito libero del giornalismo italiano. C’è chi si chiede come faccia a sedersi in tal consesso. Conoscendolo, ed ho la fortuna di conoscerlo, credo per la stessa ragione per cui lo farei anch’io: esporre il proprio punto di vista dove è possibile farlo, davanti a chi è disposto ad ascoltarlo senza preconcetti. E senza censure, che sono sempre, da chiunque professate, contrarie alla libertà di pensiero per la quale migliaia di giovani partigiani si batterono e morirono in buonafede settant’anni fa. La libertà è per tutti, o non è.