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Gli USA minacciano la Siria: la politica estera dal grilletto facile

di Andrej Akulov - 29/08/2013


996546Le informazioni e le dichiarazioni fatte a Washington sono molteplici e spesso contraddittorie.  L’unica cosa chiara sono i funzionari degli Stati Uniti che sembrano preparare il terreno per un’azione militare contro la Siria per un presunto utilizzo di armi chimiche, un’affermazione non confermata. Con tutte le dichiarazioni fatte e il clamore sollevato sull’uso di armi chimiche in Siria, l’amministrazione è rimasta quasi nessuna scelta, poiché altrimenti minerebbe la propria credibilità. Il segretario di Stato John Kerry e il vicepresidente Joe Biden non hanno lasciato alcun dubbio che saranno presi provvedimenti. In un’intervista alla BBC, il segretario alla Difesa USA Chuck Hagel affermava che i militari sono ‘pronti a rispondere’ alla Siria. Aveva detto alla BBC, il 27 agosto, che l’esercito statunitense aveva ‘inviati i mezzi sul posto’, così tutte le opzioni sono a disposizione del presidente. Secondo Kerry, la prova di un grande attacco con armi chimiche in Siria era ‘innegabile’, una rivendicazione che Assad definiva ‘assurda’. Ricordandosi del ‘dossier’ prima della guerra in Iraq, le prove saranno sottoposte a notevoli controlli questa volta.
Gli Stati Uniti lanceranno un attacco contro la Siria, mentre la squadra delle Nazioni Unite è ancora nel Paese? L’amministrazione non potrà tentare alcun attacco mentre è in programma un viaggio di Obama, che deve avere incontri in Svezia e in Russia la prossima settimana, al fine di evitare che il comandante in capo sia all’estero, quando gli Stati Uniti lanceranno l’azione militare. Nel frattempo, le borse sprofondano e il prezzo del petrolio schizza vertiginosamente per la crescente preoccupazione di un attacco imminente.

Risposta internazionale
Il dibattito interno sottolinea lo scarso interesse internazionale per un ampio schieramento di forze in Siria. La posizione degli Stati Uniti è inequivocabilmente approvata da Regno Unito, Francia, Germania e alcuni altri membri della NATO. Fonti dell’opposizione siriana hanno detto di aspettarsi un imminente intervento occidentale nel conflitto. “Non vi è alcuna tempistica precisa… ma si può parlare di un imminente intervento internazionale contro il regime. E’ questione di giorni e non di settimane”, l’agenzia AFP citava il funzionario della Coalizione nazionale siriana Ahmad Ramadan. Ciò che è importante è l’assenza di un aperto sostegno dai governi arabi, neanche dall’Arabia Saudita, così l’occidente trova scarsa copertura politica regionale per un intervento che potrebbe prendere la direzione sbagliata. La Lega Araba aveva detto che riterrà il presidente siriano Bashar al-Assad responsabile degli attacchi e aveva richiesto l’intervento delle Nazioni Unite. Ma qui i suoi delegati, il 27 agosto, esortavano il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, piuttosto che l’occidente, ad adottare un’azione ‘deterrente’ contro la Siria per evitare il ripetersi dei presunti attacchi chimici del 21 agosto. I leader arabi hanno pubblicamente sostenuto che ogni azione militare internazionale dovrebbe essere sanzionata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. La Turchia è stato l’unico grande alleato musulmano in Medio Oriente degli Stati Uniti ad annunciare che avrebbe aderito alla coalizione militare internazionale contro la Siria, anche senza l’approvazione dell’ONU.
In un’intervista pubblicata il 27 agosto sul sito della Syrian Arab News Agency, il Presidente Assad accusava gli USA e altri Paesi di “indegna e palese mancanza di rispetto dell’opinione pubblica degli Stati Uniti e degli altri Paesi, non c’è ente nel mondo, per non parlare di una superpotenza, che lanci un’accusa e poi raccolga le prove per dimostrarla”. Assad avvertiva che se gli Stati Uniti attaccavano la Siria, si sarebbero trovati di fronte “ciò che hanno dovuto subire in ogni guerra dai tempi del Vietnam: il fallimento”. L’agenzia stampa della Cina ha ricordato che l’intelligence usata per giustificare l’invasione dell’Iraq, nel 2003, si rivelò errata, mentre il vicino e alleato della Siria, l’Iran, dichiarava che qualsiasi attacco potrebbe minacciare la stabilità della regione. La Russia avvertiva le potenze occidentali, il 26 agosto, contro qualsiasi intervento militare in Siria. Il ministro degli Esteri Sergej Lavrov aveva detto che Mosca non ha intenzione di essere coinvolta in un conflitto militare e che Washington e i suoi alleati avrebbero ripetuto ‘gli errori del passato’, se intervenivano in Siria. “L’uso della forza senza l’approvazione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite è una gravissima violazione del diritto internazionale”, aveva detto Lavrov in una conferenza stampa, in cui metteva in dubbio le accuse dei ribelli secondo cui le forze governative siriane hanno usato armi chimiche. “Se qualcuno pensa che con il bombardamento e la distruzione dell’infrastruttura militare siriana, lasciando che sul campo di battaglia gli oppositori del regime vincano, tutto sarebbe finito, s’illude”. Il ministro aveva anche espresso dubbi sulla veridicità delle affermazioni degli Stati Uniti e degli europei sull’incidente, “Washington, Londra e Parigi dicono di avere prove inconfutabili che il governo siriano sia dietro l’attacco chimico a Damasco, ma non hanno ancora presentato queste prove. Eppure, continuano a dire che la ‘linea rossa’ è stata attraversata.” Il ministro ha detto che tali eventi mettono il mondo su una ‘strada pericolosa’ ed ha avvertito che ‘ripetere lo scenario iracheno e libico’ coinvolgendo forze esterne, sarebbe un ‘terribile errore che porterà ad ulteriore spargimento di sangue‘. Nella conferenza stampa Lavrov ha parlato di come i governi di Stati Uniti, Regno Unito e Francia suscitino emozioni tra persone scarsamente informate che, una volta eccitate, devono essere soddisfatte con una guerra.

Le opzioni militari in generale
A luglio il presidente del Joint Chiefs of Staff (CJCS) degli USA, Generale Martin Dempsey, aveva detto che l’amministrazione Obama stava preparando diversi scenari per un possibile intervento militare in Siria. A luglio, il massimo comandante militare degli USA aveva pubblicamente sconsigliato l’intervento militare in Siria. Secondo le stime del CJC, stabilire una no-fly zone o un santuario in Siria, o controllare le armi chimiche del governo della Siria, costerebbe almeno un miliardo di dollari al mese e richiederebbe navi, aerei e diverse migliaia di truppe. La CIA aveva inviato armi in Giordania per consentire un assalto concertato con i ribelli per agosto-settembre. Qualche centinaio di combattenti è entrato in Siria. Il 22 luglio, Dempsey delineava cinque opzioni per l’intervento militare in Siria, in una lettera non classificata indirizzata al Congresso degli Stati Uniti. Il sito del quotidiano dei militari degli Stati Uniti Stars and Stripes, forniva un riassunto del documento, che diceva che gli Stati Uniti hanno bisogno di effettuare 700 sortite con inevitabili perdite, per degradare le forze armate del regime. Tale opzione richiederebbe centinaia di aerei e navi, e che “a seconda della durata, il costo sarebbe di miliardi di dollari”.
Secondo il giornale (1), queste sono le cinque opzioni descritte da Dempsey per l’azione militare degli Stati Uniti in Siria:
- una missione ‘per addestrare, consigliare e assistere’ senza che truppe degli USA siano direttamente coinvolte nei combattimenti;
- limitati attacchi aerei stand-off, al di fuori della Siria, mirando “alle strutture di difesa aerea, aviazione, esercito, missili, forze navali, di supporto e centri comando del regime”;
- adottare una no-fly zone per abbattere le difese aeree siriane e controllare i cieli in tutto il paese.  Perché all’aviazione statunitense sarebbe necessario sorvolare lo spazio aereo siriano, altrimenti il rischio per le truppe statunitensi sarebbe più alto.
- creazione di zone cuscinetto per proteggere i confini della Turchia e della Giordania, e per proteggere i civili siriani.
- controllare le armi chimiche. Questa è l’opzione più complessa. Richiederebbe attacchi aerei e missilistici, unano-fly zone e migliaia di truppe sul terreno.
Il mese scorso, il Pentagono lasciava circa 800 truppe da combattimento dotate di una squadriglia di aerei da combattimento F-16 e del sistema antimissile Patriot sul confine giordano, dopo un’esercitazione militare di routine. La forza farà parte dell’operazione.

Lo scenario di domani
Il presidente ha finora escluso d’inviare truppe statunitensi sul terreno in Siria ed ufficiali dicono che non prendono in considerazione la creazione unilaterale di una no-fly zone. Un attacco limitato consentirebbe ad Obama di poter dire di attuare il suo avvertimento di un anno prima, secondo cui Assad subirebbe il ‘cambio del gioco’ se usasse armi chimiche. Tra le opzioni militari in esame vi sono attacchi missilistici su unità siriane ritenute responsabili degli attacchi chimici o alla forza aerea e ai siti dei missili balistici di Assad, secondo ufficiali degli USA. Tali attacchi potrebbero essere lanciati da navi e sottomarini (in numero limitato) o da aerei da combattimento degli USA in grado di lanciare missili all’esterno dello spazio aereo siriano, evitando così le difese aeree siriane. Quattro cacciatorpediniere della marina degli Stati Uniti attendevano nel Mediterraneo orientale l’ordine del presidente Obama di colpire le risorse militari del regime siriano, ciascuno dotato di 90 missili da crociera Tomahawk (cifra assurda anche nel totale. NdT). L’USS Mahan, USS Gravely, USS Barry e USS Ramage sono “pronti e posizionati per qualsiasi opzione”, riferivano gli ufficiali della difesa USA. Gli ufficiali avevano detto che i probabili bersagli di eventuali attacchi con i missili cruise sarebbero collegati alla capacità del regime di lanciare attacchi con armi chimiche. Possibili obiettivi comprenderebbero arsenali, centri di comando e controllo, radar, comunicazioni, e altri comandi militari. Meno probabile l’attacco ai siti di armi chimiche, a causa del rischio di rilasciare gas tossici.
NBC aveva riportato che gli attacchi missilistici avrebbero luogo il 29 agosto. Altre fonti dicono che l’attacco si svolgerà nei prossimi giorni. Un breve singolo attacco potrebbe invece essere simbolico e non durare più di un paio di giorni, limitandosi ai quattro cacciatorpediniere, piattaforme di lancio dei missili da crociera nel Mediterraneo, che colpiscono il sistema di comando e controllo, nonché altri obiettivi militari fondamentali. Questa operazione sarebbe simile al bombardamento della Libia degli Stati Uniti nel 1986, nome in codice Operazione El Dorado Canyon. L’attacco fu condotto da US Air Force, US Navy e US Marine Corps per mezzo di attacchi aerei, in risposta all’attentato a una discoteca di Berlino del 1986. Limitata nel tempo, avrebbe costi  contenuti. Non c’è dubbio che in qualsiasi scenario, la Quarta Divisione corazzata e la sua 155.ma Brigata, principale componente da combattimento, saranno tra i bersagli. Il secondo scenario prevede un’operazione aerea piuttosto lunga, simile a quella condotta dalla NATO contro la Libia nel 2011. Questa linea di condotta coinvolgerà l’occidente nella guerra a fianco dei ribelli, continuandola fin quando Assad sarà rovesciato o l’intervento fallirà. C’è anche uno scenario intermedio che presuppone intensi bombardamenti e consecutiva sostituzione nell’iniziativa con attori regionali come Turchia, Qatar, Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti.
Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite non ha preso nessuna decisione sulla Siria, il 28 agosto, e non si sa ciò che s’è detto a porte chiuse. La Russia ha detto che l’ONU deve terminare le indagini sulle accuse, prima di discutere qualsiasi risoluzione. Prendendo in considerazione quanto forte sia il supporto all’intervento da parte di Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia, bisogna dare un’occhiata a quale potrebbe essere la risposta…

Siria: capacità di resistenza
La Siria non cadrà vittima di attacchi informatici, il suo sistema di comando e controllo non dipende dai computer. E’ un vantaggio date le circostanze. Le Forze armate siriane hanno impedito l’intervento per due anni e mezzo. Sono una forza con cui fare i conti anche su scala globale (truppe di terra e forza aerea), il morale è alto, e vi sono stati pochi disertori finora. I sistemi di combattimento sono relativamente obsoleti, ma in grado di infliggere gravi danni. Si ricordi la Jugoslavia nel 1999, quando gli obsoleti S-125 colpirono i moderni F-117A e F-16C. La Siria è in grado di colpire da grande distanza bersagli navali, come piattaforme per missili da crociera e navi anfibie. Questa capacità è fornita da aggiornati missili antinave. Il K-300P Bastion-P (nome in codice NATO SSC-5) è un moderno sistema missilistico mobile a lungo raggio russo per la difesa costiera, progettato per distruggere diverse navi di superficie. Il sistema utilizza il P-800 Jakhont (SS-N-26) un missili cruise antinave con una portata massima di 300 km. Il sistema missilistico è montato su un veicolo mobile che può dispiegare i missili in meno di cinque minuti e rimanere in attesa attiva per un periodo di 3-5 giorni, mantenendo alla larga la 6a flotta statunitense.
La difesa aerea siriana ha 40.000 effettivi e un comando indipendente nelle Forze Armate; è dotata di 650 lanciamissili fissi SA-2 (S-200 Angara), SA-3 (2K12 Kub) e SA-5 (S-200), 200 lanciamissili mobili SA-6 (versione mobile del Kub), SA-11 (Buk) e Pantsir-S1 (SA-22) oltre a 4.000 cannoni antiaerei. La difesa a bassa quota comprende i moderni missili di produzione russa SA-22 Greyhound (96K6 Pantsir S-1E) e Buk-M2. I sistemi di alta quota sono i relativamente obsoleti SA-2 Guideline (CP-75 Dvina/S-75M Volga) e SA-3 Goa (S-125 Neva/S-125MPechora), ma ancora abbastanza efficienti per colpire qualsiasi bersaglio volante moderno. La Siria ha una difesa aerea abbastanza forte per infliggere perdite significative. I lanciamissili antiaerei portatili e i sistemi di artiglieria per la difesa aerea resteranno intatti.
I 28 membri della NATO possiedono circa 20.000 carri armati e 6000 aerei da combattimento  dall’Alaska al Kurdistan turco. In contrasto, la Siria possiede circa 5000 carri armati e 500 aerei da combattimento concentrati sul suo territorio relativamente limitato. Facendo un confronto individuale, gli Stati Uniti sono l’unico membro dell’Alleanza numericamente prominente. La NATO ha il vantaggio sulle navi, ma non è un fattore decisivo, non questa volta, perché si tratta di una battaglia aereo-terrestre. Secondo il rapporto preparato dal prestigioso RUSI di Londra, il dato minimo richiederebbe almeno 500.000 truppe di terra efficienti con una forza aerea che fornisca supporto in combattimento e forze navali sufficienti ad assicurare un continuo e libero appoggio marittimo, soprattutto nelle prime fasi dell’intervento e quale precauzione in caso di fallimento. (2)

Implicazioni
La Siria è completamente diversa dalla Libia, ha alleati: Iran, Hezbollah in Libano, che si attiverebbero, soprattutto Hezbollah. L’organizzazione libanese è un fedele alleato della Siria, con più di 20.000 soldati, carri armati e missili. Il personale ha acquisito esperienza affrontando l’esercito israeliano. L’organizzazione ha filiali in Giordania, Yemen e nel Sinai. Il potenziale della Siria è reale, a differenza di quello della NATO, che in alcuni casi è forte solo sulla carta. Dopo aver lanciato l’operazione in Libia nel 2011, gli alleati non poterono trovare che un centinaio di aerei, mentre formalmente ne avevano più di 2500. Germania, Grecia ed Europa orientale evitarono l’operazione. Così oggi, Stati Uniti e Regno Unito otterrebbero probabilmente solo sostegno verbale. Colpendo le infrastrutture militari di comando e controllo siriani, gli Stati Uniti minerebbero la capacità della Siria di assicurare i depositi di armi chimiche, aumentando notevolmente la possibilità che possano finire nelle mani sbagliate. Sarà responsabilità degli Stati Uniti e dei loro compagni d’armi, se accadesse. Gli europei (e i nemici arabi dei siriani) entrano nel panico anche solo sentendo dell’impossibilità di attuare una qualsiasi operazione militare senza subire eventuali perdite militari. La crisi economica in atto in Europa non è certo un momento propizio per farsi coinvolgere in avventure militari. Si ricordi come la limitata operazione in Libia ha danneggiato i budget militari dei membri della NATO, con il resoconto dell’esaurimento di carburante e munizioni ad alta precisione. Le PGM furono quasi tutte usate per distruggere l’equipaggiamento corazzato e l’artiglieria estremamente obsoleti della Libia. Le ‘bombe intelligenti’ si rivelarono assai diverse da ciò che si credeva fossero, spesso una munizione ad alta precisione è più costosa del bersaglio, mentre l’arsenale occidentale ha avuto meno PGM che bersagli da colpire. La Libia è stata una vittoria di Pirro, facendo emergere i grandi errori del pensiero e della pianificazione militari occidentali contemporanei. Provate a immaginare cosa sarebbe stato se degli aerei da combattimento fossero andati persi. Lo saranno nel caso della Siria.
Se l’obiettivo è rovesciare il regime di Assad, allora i missili da crociera non sono sufficienti. In nessun modo potrebbero limitarsi ai soli attacchi aerei; una fase terrestre è inevitabile, e tale fase è impossibile senza la Turchia. Se la Turchia aderisce all’operazione, subirebbe pesanti perdite. La NATO colmerebbe i vuoti nel caso delle munizioni o degli equipaggiamenti necessari, ma la partecipazione non si tradurrà anche in un pesante tributo di vite umane. La Turchia ne avrà dei dividendi politici reali? Quasi nessuno, il suo ruolo sarà probabilmente quello di carne da cannone dell’occidente. La Turchia ebbe una clamorosa occasione per avviare la guerra, quando un suo aereo fu colpito il 22 giugno 2012, ma non invocò l’articolo 5 del trattato di Washington per una risoluzione del Consiglio di sicurezza. Invece preferì “lamentarsi” presso la NATO, ricevendo “sostegno morale” in cambio. Nessun articolo 5 era all’ordine del giorno. E il Paese ha appena visto cosa sia una rivolta civile su larga scala. Il popolo turco difficilmente sarebbe felice del coinvolgimento in un’avventura militare. E il fattore curdo è certamente qualcosa che il governo turco non può ignorare, soppesando le varie probabilità.
La Siria esaurirà la NATO diminuendone notevolmente le capacità per un’operazione contro l’Iran. Se l’Iran difenderà la Siria, allora lo scenario sarà molto più complicato e più ampio. Se l’Iran interviene poi in tutta la regione, sarà interessata da combattimenti che si diffonderanno nel Golfo Persico, dove gli sciiti hanno già dimostrato scontento verso la loro situazione nei Paesi governati da sunniti. L’Iran potrebbe chiudere lo Stretto di Hormuz, uno scenario che comporterebbe  difficoltà economiche per molti. Vi saranno violenze settarie nell’intera regione. La guerra innescherà scontri tra le comunità in Libano. Una possibilità è che la grande contesa locale si trasformerebbe in combattimenti su larga scala provocando la guerra civile. L’intervento verserà benzina sulle violenze in Iraq, dove gli attentati sono quasi diventati quotidiani. Il sentimento anti-americano nel mondo arabo sarà inevitabilmente diffuso, dopo tutto, essendo la Siria a lungo in contrasto con il suo vicino, Israele, stretto alleato degli Stati Uniti. Gli Stati Uniti e gli altri partecipanti all’operazione saranno responsabili dei danni collaterali inevitabili, verso cui dicono di preoccuparsi tanto; la vita dei civili inermi in cittadine densamente popolate e assai vicine, renderanno la missione NATO assai più pericolosa, mentre ulteriori vittime civili sarebbero inevitabili, se la NATO dovesse compiere attacchi aerei. Se le forze di Assad sono così indiscriminate da uccidere civili, così lo saranno anche quelle degli Stati Uniti.
L’ultimo sondaggio indica che solo il 45% degli statunitensi vorrebbe attaccare la Siria se avesse usato armi chimiche. Il supporto non è abbastanza forte da giustificare l’azione. A giugno un sondaggio Pew evidenziava che il 70% degli statunitensi è contrario ad armare i ribelli siriani. Il presidente Obama deve ancora convincere le persone della necessità dell’azione. Tutti i recenti interventi militari degli USA hanno fallito. La Serbia ha perso il suo territorio quando il Kosovo è diventato una zona colpita dal crimine; l’Iraq è diviso ed estremamente instabile, il Kurdistan iracheno è ormai diventato uno Stato separato, l’Afghanistan è il luogo in cui la NATO rischia di giocarsi il proprio destino e la Libia è incontrollata e divisa. C’è un forte motivo per non credere alle affermazioni degli Stati Uniti sulla veridicità sull’impiego di armi chimiche da parte della Siria. A maggio, la commissione indipendente d’inchiesta delle Nazioni Unite sulla Siria segnalò ‘forti e concreti sospetti’ che i ribelli appoggiati dagli USA avessero gas sarin, “che fu usato dall’opposizione, dai ribelli, non dalle autorità del governo”, ha detto il commissario Carla del Ponte. C’è una ragione per credere che la corsa alla guerra, persegua l’obiettivo di impedire il controllo delle Nazioni Unite che smentirebbe le accuse di Washington ed eventualmente indicherebbe il coinvolgimento di Washington in un attacco false flag dei ribelli, inscenando una provocazione, qualcosa che sembrano aver già fatto in precedenza.
L’imminente attacco è un duro colpo alla speranza di una soluzione pacifica. Ora non vi è alcun incentivo ai ribelli per partecipare ai colloqui di pace con il governo siriano, mentre i militari dell’occidente vengono in loro aiuto. Parlando delle armi di distruzione di massa, è una questione di principio se delle persone vengono uccise da esplosivi all’uranio impoverito, come nei conflitti avviati dagli Stati Uniti, o con agenti chimici o qualsiasi altra arma. E perché dovrebbero essere demonizzate le armi chimiche, ma non le “bunker busters” nucleari da usare contro l’Iran? Un intervento militare in Siria potrebbe trasformarsi nella jihad dei terroristi, aiutandoli a rovesciare il governo secolare di Assad. Gli Stati Uniti non ha mai imparato la lezione dell’Iraq e sono sulla via di immergere loro stessi, e il mondo, in un altro pantano di caos e instabilità dalle conseguenze globali disastrose; gli appelli ad ascoltare la ragione non servono a nulla.

Note:
1. Stripes
2. Rusi.org