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La scomparsa di Pietro Barcellona e la lezione non compresa dai politici italiani

di Umberto Croppi - 09/09/2013

Fonte: huffingtonpost


Barcellona e i suoi sodali hanno sviluppato un'attività di ricerca e di elaborazione che, partendo da una rigorosa visione marxista della evoluzione della società italiana e delle sue istituzioni, ha percorso una propria, autonoma, originale strada nell'analisi e nella creazione di nuovi modelli di interpretazione della politica.

Già a metà degli anni '80 proprio Barcellona (autore di più di 80 saggi pubblicati) si era impegnato in un'attenta critica dei sistemi di rappresentanza, individuando con anticipo e lucidità la crisi che si andava annunciando, non già delle formule politiche, ma dell'architettura stessa della nostra democrazia rappresentativa. I rapporti tra individuo e comunità, la frammentazione degli interessi dissolti in una complessità che ha messo in discussione gli schemi della sociologia tradizionale, disegnavano, nella precoce analisi del giurista siciliano, le rotture e le incertezze che hanno poi attraversato l'ultimo ventennio, in una parabola tutt'altro che conclusa.

Un esercizio che ha portato lui e alcuni suoi compagni di strada (il CRS continua la sua opera grazie all'impegno di studiosi come Mario Tronti e il più giovane Pasquale Serra) a rivedere, aggiornandoli, molti degli strumenti critici, attraverso una coraggiosa individuazione dei mutamenti in atto e delle esperienze storiche, con uno sforzo di attualizzazione non comune nel ceto intellettuale. Fino alle questioni più profonde, quelle che riguardano i rapporti con la fede e con l'immaginario.

Tutto questo, come dicevo, in tempi non sospetti, senza aspettare la catastrofe dei socialismi reali o lo stesso ripiegarsi dei meccanismi di democrazia classica. Verrebbe da dire che l'agonia politica in cui versa il nostro Paese e lo spettacolo indecente dell'avvitamento dell'intera classe dirigente, l'interminabile dibattito sulla legge elettorale, non sono che i fenomeni epigonali delle radicali mutazioni di senso individuate dal ricercatore.

Alla costante capacità di rimettersi in discussione fa da contrappunto, nell'opera di Barcellona e di chi con lui ha collaborato, un rigore metodologico ormai sconosciuto all'intera classe politica italiana.
Nell'apprendere della sua scomparsa non si può che costatare amaramente che gli strumenti critici messi a disposizione dalla scuola di pensiero di cui è stato protagonista non siano però riusciti a incidere sull'operato di chi la politica l'ha praticata in questi anni. Se nei ragionamenti del filosofo non è venuta meno l'esigenza marxista di conformare sempre il pensiero a una "teoria della prassi", chi si è assunto (arrogato?) la titolarità dell'azione si è sempre più limitato a perseguire una prassi senza teoria, circoscritta alla pura estemporaneità.

Resta solo da augurarsi che prima o poi qualcuno ritrovi la lucidità e dimostri lo spessore necessario per abbandonare tatticismi e meschine pratiche di autotutela per ridare al pensiero politico la dignità che gli è indispensabile per trovare soluzioni all'altezza dei tempi. In questo, il copioso lascito di studi di Barcellona potrà costituire un'imprescindibile punto di riferimento.