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I veri obiettivi della guerra contro la Siria

di Valentin Katasonov - 20/09/2013



37-4(6)Ogni esperto ha una propria valutazione delle manovre di Washington sulla Siria e degli obiettivi di queste manovre. Vi sono tante interpretazioni sulla guerra condotta contro la Siria, quanti esperti che scrivono sul tema della crisi siriana:
1) fornire agli Stati Uniti risorse energetiche;
2) creare il caos controllato, al fine di controllare la regione del Medio Oriente;
3) tutelare gli interessi del più stretto alleato degli Stati Uniti, Israele;
4) usare la Siria per fare esplodere una guerra regionale che diverrebbe mondiale;
5) rafforzare l’immagine in caduta del presidente statunitense;
6) dare a Washington un controllo più efficace sulla Cina ed i Paesi europei, che dipendono dalle risorse energetiche del Medio Oriente.
7) occupare la Siria al fine di passare alla distruzione del più importante nemico degli Stati Uniti, l’Iran;
8) garantire contratti all’industria della difesa e arricchire i “baroni delle armi” statunitensi;
9) stimolare la stagnante l’economia statunitense attraverso la spesa militare;
10) distrarre gli statunitensi da disoccupazione, povertà e fallimenti della politica estera degli Stati Uniti, giustificando le azioni dei servizi segreti nel sorvegliare la popolazione degli Stati Uniti, ecc.
Nel tentativo di chiarire i veri obiettivi dell’escalation di Washington sulla Siria, quando vi sono così tanti pareri da esperti diversi, non si devono prendere sul serio le parole di Barack Obama. Si suppone che il presidente non abbia alcuna cognizione del piano generale riguardo la Siria. Né il Pentagono o i generali statunitensi del campo di battaglia… Alle recenti udienze al Congresso degli Stati Uniti, il generale a quattro stelle Martin Dempsey, presidente del Joint Chiefs of Staff, rispondendo alla domanda del senatore Bob Corker su ciò che si cercava di raggiungere nell’operazione in Siria, con militaresca schiettezza e onestà rispose: “Non posso dirle cosa cerchiamo.”

“Pace e sicurezza” attraverso la guerra
A mio parere, tre importanti obiettivi interconnessi possono essere identificati nel piano “siriano” della gerarchia di Washington:
a) spianare la strada dell’aggressore fino ai confini della Russia;
b) creare le condizioni per iniziare la terza guerra mondiale;
c) preservare il sistema valutario dei petrodollari.
Molto è già stato detto sul fatto che la Siria sia semplicemente un passaggio intermedio nei piani aggressivi di Washington. Dopo la Siria, il prossimo obiettivo dell’aggressione è l’Iran. E dopo l’Iran, l’aggressore arriverà ai confini meridionali della Russia. E poi tocca al secondo obiettivo strategico. Si noti che non parlo d’iniziare la terza guerra mondiale, ma di creare le condizioni per avviarla. La sfumatura è che gli Stati Uniti non hanno bisogno della Terza Guerra Mondiale, in questo momento. Tuttavia, potrebbe essere necessaria nel prossimo futuro. Per cosa? Può sembrare inaspettata, ma la risposta a tale domanda rientra nel regno mistico, non c’è una risposta puramente razionale. Il nocciolo della questione è che i padroni del sistema della Federal Reserve, che dettano la loro volontà agli USA, hanno un’ardente sensibilità religiosa, considerandosi i precursori del Mashiach (Messia), e si aspettano che quando apparirà, il Messia ascenderà al trono nel Tempio di Gerusalemme, ancora da ricostruire. Una guerra regionale in Medio Oriente è necessaria ai padroni della Federal Reserve proprio perché, nella loro mente, ciò renderà possibile la ricostruzione del Terzo Tempio di Gerusalemme. Una guerra regionale avviata in una delle parti più esplosive del pianeta potrebbe facilmente trasformarsi in una guerra mondiale, diffondendo il caos in tutto il mondo. Questo sarà il genere di caos che costringerà tutti i popoli, vedendolo, di pregare perché “la pace e la sicurezza” siano ristabilite in tutto il mondo. Questo avverrà negli “ultimi giorni” e la maggioranza delle persone accoglierà con gioia la venuta del Messia (nella visione cristiana del mondo, l’Anticristo), che si rivelerà il garante della “pace e sicurezza”.

La guerra come un modo per annullare i debiti
Tra le altre, vi è una spiegazione semplicistica sul perché Washington possa aver bisogno della Terza Guerra Mondiale. Questa è la teoria “finanziaria”, adattata alla coscienza atea della classe dirigente occidentale. Tale guerra sarebbe pensata per annullare i debiti astronomici accumulati dagli Stati Uniti e dall’occidente, così come dalle banche di Wall Street e della City di Londra, che sono in debito con tutta l’umanità. Il debito sovrano degli Stati Uniti ha già superato il 100 % del PIL, e il debito estero del Paese ha superato anche il 100% del PIL. L’Europa è investita da una grave crisi debitoria da molti anni, e non se ne vede la fine. Il debito sovrano dei Paesi dell’area euro si avvicina inesorabilmente al 100% del PIL. La situazione con il debito estero è ancora più critica. In Gran Bretagna, ad esempio, il debito estero si avvicina al 500% del PIL. Tale indebitamento rende l’Europa un alleato riluttante di Washington nelle sue imprese militari. La guerra, come i banchieri usurai spiegano ai politici, dovrebbe “cancellare” tutti questi debiti. Nel caso contrario, sarà la fine non solo delle banche, ma di molti Stati del “miliardo d’oro”. I meccanismi di “cancellazione” dei debiti sono molteplici. Alcuni debitori potrebbero scomparire dalle mappe a causa della guerra. C’è un famoso detto tra gli usurai: “Se non c’è debitore, non c’è nessun debito”. Agli altri si può spiegare che i titoli di credito verso gli USA vengono eliminati al fine di coprire le spese di Washington nel “difendere la democrazia” globale. Altri ancora possono essere trasformati da possessori di debito a debitori imponendogli indennizzi e riparazioni quali nemici o complici dei nemici della “democrazia mondiale”. In sostanza, lo Zio Sam dovrebbe uscire dalla guerra senza debiti. Questo è ciò cui i suoi più stretti alleati contano molto, soprattutto in Gran Bretagna. E poi Washington sogna di entrare nel “fiume della storia”, una volta ancora da vincitore dell’ultima guerra mondiale, con tutti i vantaggi che ciò comporterebbe. Tuttavia, lo scenario di una guerra mondiale sarà lanciata solo se non sarà più possibile mantenere la piramide del debito negli USA. Per ora l’esercito e il sistema bancario statunitensi, tendendo con tutte delle loro forze, cercano di mantenerla ed espanderla.

Washington ha bisogno dei petrodollari, non del petrolio
E ora il terzo obiettivo strategico, preservare il sistema dei petrodollari. È ben noto che quarant’anni fa il gold standard fu sostituito dallo Standard Oil. Nel 1971 gli Stati Uniti annunciarono la fine della convertibilità del dollaro in oro. Due anni dopo, al fine di sostenere la domanda mondiale del dollaro statunitense, che non poggiava più su nulla, fu creato un nuovo sistema: il petrodollaro. Nel 1973 fu raggiunto un accordo tra l’Arabia Saudita e gli Stati Uniti secondo cui ogni barile di petrolio acquistato dall’Arabia Saudita sarebbe stato pagato in dollari USA. In conformità con questo nuovo accordo, ogni Paese che desideri acquistare petrolio dall’Arabia Saudita deve prima cambiare la propria valuta nazionale in dollari statunitensi. In cambio della volontà dell’Arabia Saudita di vendere il petrolio esclusivamente in dollari USA, questi le offrirono armi e protezione dei giacimenti petroliferi dall’invasione dei Paesi limitrofi, compreso Israele. Nel 1975 tutti i Paesi OPEC decisero di prezzare le proprie risorse petrolifere esclusivamente in dollari statunitensi, ricevendoli in cambio del petrolio. In cambio furono promesse armi e protezione militare. Il sistema dei petrodollari che prese forma quarant’anni fa, è doppiamente vantaggioso per Washington. In primo luogo, le banche della Federal Reserve ricevono redditi da ogni dollaro emesso (che dopo tutto è il denaro del credito, che genera debiti). Così le banche rastrellano profitti favolosi; poche briciole cadono anche sulla “marmaglia” statunitense. In secondo luogo, tutte le transazioni in dollari sono condotte attraverso banche degli Stati Uniti, di conseguenza, Washington ha un efficace sistema di controllo sui propri vassalli partecipanti al sistema mondiale dei petrodollari.
Si dice che in Medio Oriente gli USA si battono per le fonti d’approvvigionamento del petrolio, per mantenere la propria economia. Riguardo gli eventi del 2013 sulla Siria, questa teoria è semplicemente errata, anche se ancora giustificabile ai tempi dell’invasione dell’Iraq. Nelle sue memorie, pubblicate nel 2007, l’ex capo della Federal Reserve, Alan Greenspan, scrive: “Sono rattristato che sia politicamente sconveniente riconoscere quello che tutti sanno(!): la guerra in Iraq è in gran parte dovuta al petrolio.” Nello stesso anno, l’attuale segretario della Difesa degli Stati Uniti, l’allora senatore Chuck Hagel, ammise: “La gente dice che non combattiamo per il petrolio. Certo che sì.” Negli ultimi anni gli USA hanno risolto i loro problemi energetici abbastanza efficacemente, attraverso la cosiddetta “rivoluzione shale”. La sua dipendenza da fonti esterne è sempre più bassa, di anno in anno. Gli USA non cercano più di creare regimi sotto il proprio controllo nel mondo arabo, il cui compito è garantire la fornitura ininterrotta di petrolio e di gas agli Stati Uniti. Oggi le importazioni di petrolio dal Nord Africa e dal Medio Oriente costituiscono solo il 10% del consumo totale di petrolio negli Stati Uniti, e nel corso dei prossimi anni, questa cifra potrebbe scendere a zero. Washington si batte affinché il commercio di queste risorse sia effettuato in dollari USA. I padroni del sistema della Federal Reserve hanno interesse diretto in ciò. Ora, per esempio, la Cina instaura rapporti sempre più stretti con l’Iran, nonostante le sanzioni. Ciò che irrita Washington (o meglio, i padroni della Fed) più di tutti è che il commercio tra i due Paesi non è in dollari USA, ma si basa su baratto, compensazione e monete nazionali. Nessuno vuole volontariamente commerciare le risorse energetiche in dollari, che oggi si può svolgere solo sotto la pressione della forza, soprattutto su produttori ed esportatori.

La lotta per i petrodollari si aggrava
Iraq, Libia, Siria e Iran sono legati alla lotta di Washington per preservare i petrodollari. Ricordiamo alcuni fatti quasi dimenticati. All’inizio del 2011, il presidente siriano Bashar al-Assad annunciava l’avvio della collaborazione con Russia e Cina, secondo cui tutte le transazioni sul petrolio dovevano essere condotte in rubli e yuan. Nel marzo 2011 iniziarono i tumulti anti-governativi volti a rovesciare il regime esistente, e il 15 novembre fu imposto un embargo sulle esportazioni di petrolio siriano. Il 1 giugno 2012 fu imposto l’embargo sulle esportazioni di petrolio iraniano, che Teheran aveva cominciato a vendere in euro e rial, con particolare attenzione allo scambio interno. La situazione diventava sempre più tesa per i padroni della Fed. Nei primi mesi del 2013 la quota del dollaro nelle transazioni internazionali scese sotto l’importante soglia psicologica del 50%.  Questo fu un grave segnale per i padroni della FED. Altri Paesi possono anche finire sulla “lista delle esecuzioni” di Washington. Si tratta dei Paesi che commerciano in: a) baratto; b) compensazione; c) oro, d) monete nazionali. Per esempio, l’India e la Cina comprano petrolio dall’Iran con l’oro. Washington non è in grado di costringere l’India e la Cina ad abbandonare questo tipo di commercio, ma spera di avere la meglio sull’Iran. Inoltre è molto spiacevole per Washington che Mosca punti sempre più sul rublo per commerciare con i Paesi vicini. La Russia ricorre sempre più spesso a contratti con la Cina in rubli e yuan. Pechino effettua transazioni in yuan anche con i Paesi dell’Europa occidentale. Non è forse un motivo per Washington per considerare la Russia e la Cina suoi grandi avversari? Così lo Zio Sam cerca di farsi strada verso i confini della Russia attraverso la Siria e l’Iran, non solo per motivi geopolitici, ma anche per motivi puramente finanziari. Tutti coloro che minano lo standard dei petrodollari devono essere puniti! E solo quando la lotta di Washington per preservare il sistema dei petrodollari sarà senza speranza, attuerà il “piano B”, anche noto come “terza guerra mondiale”. E il detonatore di questa guerra è nella regione del Medio Oriente, più precisamente in Siria e in Iran.

La ripubblicazione è gradita in riferimento alla rivista on-line della Strategic Culture Foundation.

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora