La primavera araba era un bluff
di Marcello Foa - 16/11/2013
Ho sempre espresso profondo scetticiscmo sulla Primavera araba, ora la conferma da uno studio internazionale della Fondazione Thomson Reuters che ha analizzato i 22 Stati membri della Lega Araba. Dopo la caduta di Mubarak, l’Egitto è diventato il Paese peggiore in cui essere donna nel mondo arabo addirittura dietro l’Arabia Saudita e l’Iraq ovvero un altro Paese che, a dieci anni dalla caduta di Saddam Hussein, oggi dovrebbe beneficiare di valori quali la democrazia, lo stato diritto, il progresso economico e sociale e che invece sprofonda in condizioni sempre più arretrate. Non va molto meglio la Tunisia, che con Ben Ali era indicata come un esempio di Islam moderno e laicista e che oggi appare sempre più integralista.
Nessuna sorpresa per chi, correttamente, riteneva che le Primavere arabe non fossero vere Rivolte popolari, bensì golpe mascherati, che l’Occidente con straordinaria insipienza ha incoraggiato e sostenuto. Oggi quei Paesi, a cominiciare da Egitto e Tunisia, sono più arretrati e più instabili di prima, retti da governi autoritari non dissimili e sovente addirittura più oppressivi di quelli di Mubarak e Ben Ali. La Libia, di cui nessuno parla, è dilaniata da guerre tribali; la Siria sprofonda in una guerra civile sanguinosa che rischia di durare per molti anni, in Irak gli attentati proseguono. L’Afghanistan non è contemplato dallo studio, ma non è certo in una situazione migliore.
Domanda: qualcuno ammetterà mai le proprie colpe? E, soprattutto, nelle grandi cancellerie dei Paesi occidentali – a cominciare ovviamente dagli Stati Uniti – qualcuno avrà capito la lezione? Dodici anni di clamorosi errori strategici sono trascorsi invano?