Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / La lezione dei forconi

La lezione dei forconi

di Aldo Giannuli - 20/12/2013


Non era un’ardua previsione quella del rapido sgonfiarsi del movimento dei forconi man mano che ci si approssimava al Natale, ma nel flop della “marcia su Roma” di qualche giorno fa, non c’è solo l’avvicinarsi delle feste: ci sono i numeri già inizialmente non grandissimi, la spaccatura fra i leaders del movimento, il problema delle infiltrazioni fasciste, le campagne ostili dei giornali. Il che mi conferma una serie di idee su questo movimento (“non di massa” avevo detto) che era spontaneo, ma fragile e terreno facile di infiltrazione per il suo carattere poco strutturato, eterogeneo, improvvisato. E, infatti, la presenza dei gruppi di destra ha subito agito da detonatore, spaccando la leadership del movimento ed allontanando gran parte di quanti avevano partecipato alle prime manifestazioni.

Il che conferma che l’Italia non è un paese dell’Europa orientale come la Grecia, l’Ucraina o l’Ungheria, dove i movimenti fascisti possono pensare ad un’espansione potenzialmente maggioritaria, in Italia ed in Europa Occidentale, il fascismo è merce scaduta da tempo che non ha più corso sul mercato. Pensate poi se può avere successo una cosa che viene proposta come “seconda marcia su Roma”. Chi ha pensato questo slogan è un vero genio della comunicazione!

Bastava leggere o ascoltare le interviste per capire che il vero motore era la rabbia sociale della ex segretaria di redazione finita a fare la badante e poi licenziata, perché il vecchio che assisteva non ha più i soldi per pagarla, il commerciante mandato in malora dai tassi bancari da usura e dalla bestiale pressione fiscale di Monti e di Letta, il piccolo imprenditore spazzato via dalla contrazione dei consumi, ecc. E non si può ridurre tutto questo solo ad “un’accozzaglia di fasci, delinquenti ed elementi folkloristici comprati a fine mercato”, come un mio assiduo lettore e vecchio amico ha scritto.

Certamente c’era anche tutto questo: fascisti, delinquenti, ultras da stadio, arruffapopolo ed aspiranti Masaniello; non discuto, ma non erano solo questo e, peraltro, i movimenti di rivolta sono onde che sollevano sempre molto fango dal fondo del mare: perché, secondo voi, quelli che dettero l’assalto alla Bastiglia erano tutti raffinati illuministi e cavalieri dell’ideale?

Questo era un movimento particolarmente limaccioso, nessuno lo nega, ma poi bisognerebbe disaggregare l’analisi città per città ed anche manifestazione per manifestazione: un conto sono state le prime manifestazioni ed un conto le successive.

Fallita la grottesca manifestazione romana, in molti hanno tirato un respiro di sollievo per lo scampato pericolo: si è trattato solo di una breve parentesi e di qualche migliaio di desperados. Ed hanno torto, perché il problema è destinato a riproporsi e neanche fra molto. Mi si è fatto presente che questo non è stato il primo movimento contro la crisi in Italia e probabilmente il riferimento era al movimento dell’Onda, alle manifestazioni del 10 dicembre 2010 o 15 ottobre 2011 ecc. A mio avviso si è trattato di cose un po’ diverse che solo parzialmente coincidono con la protesta contro la crisi.

In ogni caso, la novità dei forconi è un’altra: per la prima volta sono scesi in piazza (ed in modo decisamente turbolento) pezzi di lavoro autonomo, il ceto medio rancoroso come qualcuno l’ha definito. E questa area di disagio è destinata a crescere perché con la politica economica di questo governo non ci vuole niente a prevedere nuove chiusure di aziende, nuovi fallimenti, nuovi disoccupati ecc: tutto questo è un dato non eliminabile o aggirabile. Dunque, queste tensioni dovranno trovare uno sbocco. Non è detto che la forma che esso assumerà sia necessariamente il ritorno di nuove manifestazioni di piazza altrettanto turbolente. Ma posso profilarsi alche altre forme di protesta come lo sciopero fiscale: se qualche centinaio di migliaia di persone, a seguito di una campagna ben orchestrata, decidessero di non pagare una tassa (poniamo l’Imu o qualcosa del genere) quale potrebbe essere la risposta repressiva dello Stato di fronte ad un fenomeno di questa ampiezza?

Oppure, forme di boicottaggio, di sciopero ad oltranza nella distribuzione (meno probabile nell’autotrasporto, dato che la categoria ha già spuntato ricche concessioni), ecc. E su tutto grava l’appuntamento delle europee, dove facilmente ci troveremo di fronte a nuove formazioni di protesta.

Attenti a non lasciare solo alla destra il terreno della rivolta contro l’Euro: potrebbe costare molto caro. Ma del problema dell’Euro e della sua possibile fine parleremo nel prossimo pezzo. Anche per dissipare qualche equivoco che mi pare possa nascere.

Aldo Giannuli