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Le ragioni della bioeconomia

di Giordano Mancini - 12/01/2014



Il consumismo fu pensato e progettato nel 1949 da Victor Lebow, consulente economico di punta del governo USA del tempo. Nel 1955 scrisse su una rivista specialistica:

La nostra economia incredibilmente produttiva ci richiede di elevare il consumismo a nostro stile di vita, di trasformare l’acquisto e l’uso di merci in rituali, di far sì che la nostra realizzazione personale e spirituale venga ricercata nel consumismo. [...] Abbiamo bisogno che sempre più beni vengano consumati, distrutti e rimpiazzati ad un ritmo sempre maggiore. Abbiamo bisogno di gente che mangi, beva, vesta, cavalchi, viva, in un consumismo sempre più complicato e, di conseguenza, sempre più costoso”.

 

Il modello fu poi perfezionato da Gary Becker qualche anno dopo:

il consumatore, nella misura in cui consuma, è un produttore. E che cosa produce? Produce, molto semplicemente, la propria soddisfazione. Si deve pertanto considerare il consumo come un’attività d’impresa attraverso cui l’individuo, a partire dal capitale di cui dispone, produrrà qualcosa che sarà la propria soddisfazione”.

Il salto concettuale che fa il neoliberismo americano ed il suo way of life è enorme e decisivo (oltre che attualissimo), si annulla la polarità dialettica produzione/consumo, il consumatore assume completamente le logiche della produzione, diventa egli stesso produttore, in questo caso di felicità, la cui ricerca, come si ricorderà, è per l’uomo occidentale un diritto inalienabile sancito anche dalla costituzione USA!

Accostare e sovrapporre valori fondamentali come la libertà e la felicità al consumo di merci e servizi, è stato un colpo da maestro del neo liberismo, perché ha trasformato il denaro da strumento di scambio a unico vero valore da desiderare e ottenere.

Il consumismo come modello economico e stile di vita mostrò fin da subito i suoi limiti producendo disastri di ogni genere sia sul piano ambientale che sociale e ancora non ne siamo fuori, anzi! Adesso si comincia chiaramente a vedere quanto i danni siano immensamente superiori ai benefici. Ma nello stesso periodo, negli anni ’60, fu pensato anche “l’antidoto” al modello economico del consumismo: la Bioeconomia. Il termine fu ideato dal professor Nicholas Georgescu-Roegen, che lo citò nella sua opera più importante The Entropy Law and the Economic Process pubblicata nel 1971.

 

Nello specifico Georgescu-Roegen riteneva che qualsiasi processo economico che produce merci materiali diminuisce la disponibilità di energia nel futuro e quindi la possibilità futura di produrre altre merci e cose materiali. Inoltre, nel processo economico anche la materia si degrada  (“matter matters, too”), ovvero diminuisce tendenzialmente la sua possibilità di essere usata in future attività economiche: una volta disperse nell’ambiente le materie prime precedentemente concentrate in giacimenti nel sottosuolo, queste possono essere reimpiegate nel ciclo economico solo in misura molto minore e a prezzo di un alto dispendio di energia. Tale principio è stato definito provocatoriamente dal suo autore “Quarto principio della termodinamica”. Secondo queste logiche dimostrate scientificamente da Georgescu Roegen, il modello consumistico crea un circolo vizioso che distrugge e “consuma” inutilmente materia e energia sottraendole alla disponibilità delle generazioni future.

 

Uomo concreto e dotato di una notevole vena ironica, Nicholas Georgescu-Roegen lanciò allarmi e scrisse articoli e studi preconizzando che:

 

“un’economia basata essenzialmente sul flusso di energia solare eliminerà anche il monopolio della generazione presente sulle future. Questo non avverrà completamente, perché anche un’economia del genere dovrà attingere al patrimonio terrestre, soprattutto per quanto riguarda i materiali: si tratta di rendere minore possibile il consumo di tali risorse critiche. Le innovazioni tecnologiche avranno certamente un peso in tale direzione.”

 

Lo scienziato non immaginava certo un presente o un futuro “regressivo” ma diceva:

 

“è l’ora di smettere di insistere esclusivamente – come a quanto pare hanno fatto finora tutte le piattaforme – su un aumento dell’offerta. Anche la domanda può svolgere un compito, in ultima analisi perfino maggiore e più efficiente. Sarebbe sciocco proporre di rinunciare completamente alle comodità industriali dell’evoluzione esosomatica. Il genere umano non tornerà alla caverna o, meglio, all’albero.”

 

Insomma, non si trattava e ancora non si tratta di tornare al biroccio e alla capanna, ma di fabbricare auto dal bassissimo impatto ambientale e che magari viaggino sempre e solo piene.

 

Per far comprendere la logica dell’entropia dell’energia e della materia e l’importanza della Bioeconomia, Georgescu-Roegen ricorreva spesso ad uno slogan:

 

“per ogni inutile automobilina per i campi da golf che produciamo oggi, ci sarà un aratro in meno per i nostri nipoti”

 

Come si può constatare, il messaggio di Georgescu-Roegen è assolutamente attuale. Non vuole riportare l’umanità indietro, ma darle una possibilità di futuro. Lottò per le sue tesi fino alla morte avvenuta nel 1994 e, fra le altre cose, vistosi costantemente inascoltato nelle sue proposte chiare e puntuali, scrisse anche: “Studiate su carta, in astratto, queste esortazioni sembrerebbero, nel loro insieme, ragionevoli a chiunque fosse disposto a esaminare la logica su cui poggiano. Ma da quando ho cominciato a interessarmi della natura entropica del processo economico, non riesco a liberarmi di un’idea: è disposto il genere umano a prendere in considerazione un programma che implichi una limitazione della sua assuefazione alle comodità esosomatiche? Forse il destino dell’uomo è quello di avere una vita breve, ma ardente, eccitante e stravagante piuttosto che un’esistenza lunga, monotona e vegetativa. Siano le altre specie – le amebe, per esempio – che non hanno ambizioni spirituali, a ereditare una terra ancora immersa in un oceano di luce solare.”

 

Lasciando da parte le divertenti ironie di Georgescu-Roegen, vediamo come materia ed energia, quindi, entrano nel processo economico con un grado di entropia relativamente bassa e ne escono con un’entropia più alta. Da ciò deriva la necessità di ripensare radicalmente la scienza economica, rendendola capace di incorporare il principio dell’entropia e in generale i vincoli ecologici. Più riusciremo a comprendere gli elementi dell’ecosistema nella loro complessità e prevedere la loro reazione a fattori esterni, tanto più saremo in grado di usarli per sviluppare tecnologie a beneficio dell’intera umanità e dell’ambiente. La bioeconomia fa riferimento all’utilizzo sostenibile delle risorse biologiche come piante, animali e microrganismi ma non solo. Per bioeconomia si intende il corretto utilizzo delle risorse energetiche e materiali per garantire la sopravvivenza, l’evoluzione e il futuro sviluppo dell’uomo.

 

La Bioeconomia Oggi

Ancora domina il pensiero dell’homo oeconomicus e fra green washing e tentativi di far profitto in tutti i modi anche con la green economy, la Bioeconomia si fa strada a fatica. Non vi è il coraggio di riprendere interamente le sacrosante “esortazioni” di Georgescu-Roegen. Ma il termine Bioeconomia è comunque riapparso negli ultimi anni, anche nei programmi di miglioramento della Comunità europea e nei suoi programmi con il recente Horizon 20 20, soltanto è stato “limitato” a rappresentare solo alcune aree dell’economia. Secondo l’interpretazione restrittiva che ne dà l’Unione Europea, la bioeconomia comprende attualmente un certo numero di settori che vanno dall’agricoltura e allevamento all’agroalimentare, dal produttivo e industriale al settore energetico fino alle biotecnologie. Allo stesso tempo la ricerca sarà la base per creare innovazione sostenibile nella fornitura di materie prime, energia nonché per la protezione dell’ambiente. La ricerca, attraverso un approccio olistico che tenga conto dell’integrazione fra ecologia, economia e welfare si propone oggi tre priorità quali:

 

Sicurezza alimentare globale e agricoltura sostenibile

Uso industriale di risorse rinnovabili

Produzione di energia da biomassa

 

Ancora sono lasciati fuori settori strategici fondamentali come quello che tratta la produzione, il trasporto e l’utilizzo dell’energia prodotta da fonti tradizionali non rinnovabili, o come quello dell’industria pesante e della chimica tradizionale. Come se certi settori non avessero una massiccia influenza sull’entropia dell’energia e della materia. E non si sta ancora lavorando abbastanza sulla domanda come suggeriva Georgescu-Roegen. Per questo è particolarmente importante fare cultura e far conoscere la Bioeconomia nel suo insieme e nella sua logica profonda e strategica. Per questo Genitronsviluppo.com ha avviato uno spazio dedicato alla Bioeconomia e si impegnerà a diffondere informazioni, metodi e strumenti su questa materia fondamentale per il nostro presente e, soprattutto, per il futuro.