Le parole che discreditano il discorso politico e giornalistico
di Julien Rochedy - 29/01/2014
Fonte: lintellettualedissidente
Tutti i dibattiti di questi ultimi anni e, in particolare di queste ultime settimane, hanno come epigrafe un’utilizzazione falsata delle parole dal nostro personale politico e mediatico. Degli aggettivi che ormai sono impiegati per qualificare delle cose che non hanno niente a che vedere con gli obbiettivi preliminari. Questo concorre a disorientare profondamente i cittadini e, sopratutto, a screditare sempre più il discorso politico e giornalistico. Queste utilizzazioni sballate dimostrano che abbiamo raggiunto la fine di un’epoca e che dovremmo rivedere la nostra semantica politica affinché sia adeguata alla realtà di oggi.
Così, in modo non esauriente, sentiamo costantemente parlare di : Nazista, un termine che, come sappiamo, era già diventato uno spauracchio molto efficace quando è stato usato dalla sinistra per combattere chiunque non la pensava come loro, ma che ultimamente ha valicato il confine dell’assurdo essendo utilizzato per definire Dieudonné M’Bala M’Bala. Dire che un nero è un nazista, anche con l’accusa di antisemitismo, rientra nell’ambito di un non senso assoluto poiché il nazismo fu una dottrina di promozione della razza ariana di cui, senza nessun dubbio, M’Bala M’Bala non fa parte. Socialista, era la parola per definire quelli che aderivano al « socialismo », dottrina che voleva scardinare l’economia capitalista dando il potere economico allo Stato. Ma dagli anni 80 le deregolamentazioni dell’economia, fino a François Hollande, con il suo patto di responsabilità e la sua adesione ai dogmi ultraliberali dell’Unione Europea, rende particolarmente strano ed inadeguato che il Partito socialista si chiami ancora così e che i suoi membri si chiamino ancora « socialisti ». Gollista, come si definisce ancora la destra parlamentare, mentre tutti i principi del gollismo non sono più quelli che guidano oggi il progetto e l’azione politica dei membri di questa destra. Sono spariti in particolare i temi che riguardano all’interdipendenza della Francia nei confronti dell’Europa e degli Stati Uniti, il rispetto dei referendum, l’economia della terza via. Eppure, è ancora definita così sulla scacchiere politico. Fascismo o estrema destra, denominazioni che definivano prima, giustamente, gli avversari della Repubblica, della laicità, della democrazia in quanto organizzazione ed addirittura all’inizio della nazione. Oggi, queste parole sono usate per definire un partito come il Front National di Marine Le Pen, che non fa altro che parlare di difesa della Repubblica, della laicità, della democrazia e, soprattutto , della nazione. Di nuovo regna l’assurdità. Repubblicano. che significava, all’origine, chi desiderava che i dirigenti di una nazione fossero eletti e che fossero guidati dai principi come il patriottismo, la laicità oppure l’assimilazione. Oggi, questa parola è utilizzata per definire i dirigenti detentori accaniti del pensiero unico, dell’antirazzismo e del progressismo sociale. Ecc, ecc, ecc …
Tutto sommato, viviamo in un’epoca in cui la perdita di senso si verifica a tutti i livelli e quindi logicamente, anche per quanto riguarda la semantica politica. Oggigiorno usiamo le parole a vanvera. Per la chiarezza, la probità e la pertinenza del dibattito pubblico del ventunesimo secolo, bisognerà operare un aggiornamento della nostra semantica politica, senza la quale ci condanneremo a dire sempre più assurdità .
Traduzione a cura di Damien Bondavalli (L’Intellettuale Dissidente)