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Aree off-limits della mente

di Arnaldo Benini - 02/02/2014

Fonte: Ilsole24ore




David Hume, il filosofo che più d'ogni altro ha influenzato il pensiero scientifico, ammoniva che la mente, ristretta e angusta, non è in grado di capire la varietà e l'estensione della natura. Qualunque ipotesi che pretenda di scoprire le ultime e originarie qualità della natura è chimera e presunzione. La mente deve esser riportata back to nature e studiata come evento naturale, ma per Hume né sulla natura né su se stessa la mente può raggiungere la verità. Questa consapevolezza ha accompagnato dalle origini la scienza in riflessioni di scienziati e filosofi, da Bacone e Newton in poi. Il fisico John Archibald Wheeler diceva che più cresce l'isola della nostra conoscenza, più si allunga la costa della nostra ignoranza. Per il pioniere delle neuroscienze cognitive, Emil du Bois-Reymond, il «regno della coscienza» è irraggiungibile. Scritti di scienziati, che, al fronte della ricerca, ne conoscono i confini, sono spesso quanto di più saggio si possa leggere sui limiti della conoscenza, cioè su una delle caratteristiche essenziali della conditio humana.
Il libro di Noson S. Yanofsky, professore d'informatica all'Università di New York, è uno di questi. È uno studio d'epistemologia che esamina i limiti conoscitivi della razionalità delle scienze che, insieme alla biologia, danno un senso al mondo e a noi in esso, e cioè della matematica, della fisica cosmologica e della fisica delle particelle. Un altro testo prezioso su quest'ultimo aspetto della conoscenza è il magistrale profilo della fisica attuale del premio Nobel Steven Weinberg. Egli chiarisce che, nonostante l'enorme accumulo, negli ultimi decenni, di dati, teorie e spiegazioni esatte di tanti fenomeni naturali, la fisica cosmologica e quella delle particelle rivelano che quanto si può spiegare con esattezza è «meno di quanto si pensasse». La fisica cosmologica ha davanti a sé l'enigma inespugnabile dell'energia nera (che costituisce tre quarti dell'energia dell'universo), quella delle particelle l'impossibilità di una soluzione univoca delle equazioni della teoria delle stringhe che corrisponda al mondo che osserviamo. Già di fronte a categorie elementari dell'esistenza come il tempo e lo spazio, dice Yanofsky, la ragione, a partire dal paradosso di Zenone secondo il quale Achille non potrà mai raggiungere la tartaruga, s'arrende all'impossibilità di decidere se essi siano continui, come vuole la teoria della relatività, o discreti, come vuole la fisica quantistica.
Tempo e spazio sono prodotti di meccanismi nervosi della coscienza, che, come tutti i suoi contenuti, non riesce a definirli. La mente non riesce a raggiungere la verità anche se tutti i meccanismi della natura sono deterministici. Gli eventi caotici e quelli quantici sono, per Yanofsky, deterministici ma imprevedibili per le loro condizioni iniziali e per il gran numero dei componenti il sistema. Per sistemi deterministici imprevedibili la mente ha ideato il calcolo delle probabilità, vale a dire la meccanica statistica, che lascia nel vago il risultato. La ragione è costretta ad accettare la vistosa eccezione perché non è in grado di trovare la soluzione. È curioso, per un lettore non specialista, apprendere quanti siano i problemi che anche il più sofisticato dei computer non può risolvere e quanti siano gli enigmi della matematica infinitesimale, anche se essa è l'epìtome della ragione che l'ha creata. E sorprende che la famosa equazione di Newton sulla forza di gravità vale per due corpi, e che non si riesce a trovarne una per tre, un problema che tolse il sonno anche al matematico Henri Poincaré.
Molte pagine, fra le più interessanti, discutono il rapporto fra matematica e fisica, per corroborare l'opinione che spesso le equazioni matematiche precedono le scoperte della fisica. Nel 1927, ad esempio, con i calcoli della teoria quantistica relativistica dell'elettrone, Paul Dirac scoprì un elettrone positivo fino ad allora sconosciuto. Era il primo indizio dell'antimateria, o energia oscura, che rimane oscura verosimilmente perché composta di elementi che il cervello non può percepire, anche se si possono calcolare i suoi effetti antigravitazionali sulla velocità di espansione dell'universo. Yanofsky non considera i problemi della biologia e non si chiede quale possa essere la causa dei limiti della conoscenza, in cui tutte le categorie concettuali falliscono. Ciò vale non solo per le teorie universali ma anche per la vita pratica. Il medico specialista, ad esempio, dopo aver esaurito tutte le arti diagnostiche, deve a volte arrendersi all'evidenza che la diagnosi non è possibile. In genere non si tratta di malattie gravi o mortali, la cui causa è di regola evidente, ma di disturbi subdoli e cronici, a volte invalidanti. Si consola il paziente con la prospettiva di una diagnosi futura, che in genere non arriverà perché non rientra in ciò che la mente può indagare e conoscere. Il grande psichiatra Gaetano Benedetti ammoniva che «La psicoterapia è un'esperienza limitata, una possibilità ai margini dell'impossibile, un capire al limite dell'incomprensibile, un accompagnamento simpatetico lungo l'impenetrabilità».
La ragione è prodotta dall'attività di alcuni miliardi di neuroni della corteccia prefrontale, che lavorano in modo selettivo. È stato possibile provare, ad esempio, che un ragionamento deduttivo avviene con un meccanismo nervoso diverso da uno induttivo. Perché i meccanismi nervosi della razionalità non riescono a risolvere i problemi che essi stessi pongono alla coscienza? Il limite invalicabile della razionalità dipende verosimilmente dall'impossibilità dei meccanismi cognitivi della mente di capire se stessi. Su questo concorda la maggior parte dei neuroscienziati cognitivi. Il limite della ragione dipende dall'impossibilità dei suoi meccanismi nervosi di capire se stessi e di adattarsi alla natura dei problemi da risolvere.
Per questo non si conosce la natura di coscienza e mente, antimateria ed energia nera, le equazioni delle stringhe e tutto il resto che va oltre le capacità della mente. L'aumento della conoscenza sposta i limiti della ragione. Ciò che è al di là può essere nondimeno cercato e studiato, esorta Yanofski, con la cautela di non trascurare che la ragione, con la metodologia della scienza, è l'unico strumento che aumenti la conoscenza. Ciò che si dimostra inspiegabile va accettato senza tentare di spiegarlo con speculazioni senza controllo e senza fondamento. Di loro esiste una lussureggiante, ciarliera, fastidiosa e inutile letteratura.