Lasciate fallire le banche: il mantra islandese
di Omar R. Valdimarsson - 11/02/2014
Nel 2008, l'Islanda ha fatto fallire le proprie banche perché si erano dimostrate troppo grandi per essere salvate.
Oggi, l'isola sta realizzando che le decisioni relative alla gestione della crisi, prese mezza decina di anni fa, l'hanno proiettata in una traiettoria che sta facendo sì che l'obiettivo di avere un tasso di disoccupazione del 2% sia un traguardo realistico.
Mentre l'area Euro sta raggiungendo livelli di disoccupazione da record, oltre il 25% in Grecia e Spagna, solo circa il 4% della forza-lavoro islandese è senza impiego. Il Primo Ministro Sigmundur D. Gunnlaugsson ha dichiarato che si può fare di più: “I politici si preoccupano sempre di qualcosa” - ha detto il politico 38enne in un'intervista rilasciata la settimana scorsa - “a noi piacerebbe vedere scendere il livello di disoccupazione dal punto in cui è ora, circa il 4%, fino al di sotto del 2%. Ciò può sembrare strano a molti altri Paesi occidentali, ma gli Islandesi non sono abituati alla disoccupazione”.
L'improvviso tracollo economico dell'isola, avvenuto nell'Ottobre 2008, è stato descritto dai media internazionali come un'indotta crisi del debito bancario, conclusasi nel giro di poche settimane, una volta che i mercati finanziari vennero congelati. I politici, che gestiscono un'economia da 14 miliardi di dollari, si rifiutarono di sostenere economicamente le banche, le quali ,in seguito, hanno fatto un default per 85 miliardi di dollari. La decisione del governo di proteggere le finanze statali ha fatto sì che vi fossero fondi per mantenere in vita i programmi di sostegno sociale che hanno difeso gli Islandesi dalla miseria durante la peggiore crisi finanziaria degli ultimi 60 anni.
Liberazione dal debito
Di contro alle richieste dei creditori delle banche, Gunnlaugsson ha dichiarato che questo “non è un debito dello Stato e mai lo sarà”. Ha aggiunto che il suo obiettivo primario è “ricostruire lo stato sociale in Islanda”.
Anche se i creditori delle banche, molti dei quali sono hedge founds, stanno ancora cercando di recuperare i propri soldi, l'approccio islandese al problema ha riscosso molti consensi a partire dal Fondo Montario Internazionale fino a numerosi economisti, tra i quali il premio Nobel Paul Krugman.
I successivi governi dell'Islanda hanno costretto le banche a cancellare i mutui immobiliari per aiutare le famiglie. Nel Febbraio 2010, 16 mesi dopo che la Kaupthing Bank hf, la Glitnir Bank e la Landsbanki Inslands hf sono fallite, la disoccupazione aveva raggiunto il picco del 9,3%. Secondo l'Agenzia di Statistica Islandese, il tasso era sceco al 4,2% a Dicembre. Nell'area Euro, il livello era al record del 12,1% a Novembre, secondo le stime dell'Eurostat.
“Anche se la situazione è molto migliore che in molti altri Paesi, avere un tasso di disoccupazione del 4% è qualcosa che non ci sta bene”, dichiarò Gunnlaugsson, quando il governo è stato eletto ad Aprile.
Spendere per il Welfare
Il budget governativo per il 2014 assegna circa il 43% dei fondi al Ministero per il Welfare, una percentuale sostanzialmente invariata rispetto al periodo precedente alla crisi. Secondo Stefan Olafsson, un professore si Sociologia presso l'Università d'Islanda, il concentrarsi della nazione sul Welfare è stata la chiave nella ripresa della crescita. L'economia è cresciuta del 2,7% quest'anno, secondo l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE, NdT). Questo è un dato migliore rispetto alla media dell'intera area-OCSE, nella quale l'economia crescerà del 2,3%, secondo le stime dell'organizzazione con sede a Parigi.
Olafsson ha comunque dichiarato che gli sforzi dell'Islanda per resuscitare la propria economia non sono stati indolori. L'inflazione, che ha toccato il picco del 19% nel Gennaio 2009, ha colpito gli Islandesi più che altre popolazioni, perché la maggior parte dei mutui è collegata all'indice dei prezzi al consumo. Anche se il set-up protegge gli investitori, le famiglie vedono i propri oneri debitori crescere con l'aumento dei prezzi. L'inflazione era al 4,2% a Dicembre.
Sofferenza da inflazione
“Anche se stiamo spendendo per il Walfare più di prima, dobbiamo sempre tener presente che il potere di acquisto è calato a partire dal 2008”, ha dichiarato Olafsson durante un'intervista. “Ancora più importante che aumentare le spese per il sistema sanitario e quello scolastico è che il fatto che il governo dovrebbe porre l'accento sul far crescere il potere d'acquisto della popolazione. Questo deve essere il suo compito principale”. La maggior parte dell'inflazione in Islanda deriva dal tasso di scambio che è stato protetto dai controlli sui capitali fino al raggiungere l'80% rispetto l'Euro alla fine del 2008. Gunnlaugsson afferma che tutti gli sforzi per ridurre le esistenti limitazioni sugli scambi verranno prese solo nella misura in cui sia possibile tutelare la stabilità della Corona Islandese.
“E' un problema che si può risolvere, anche rapidamente”, ha dichiarato Gunnlaugsson.
Negli ultimi 12 mesi la Corona si è rivalutata del circa 10% rispetto all'Euro. Nonostante questo, l'attuale cambio di 157 per 1 Euro va comparato agli 88 necessari nel 2007, l'anno precedente al collasso finanziario dell'isola. (…)
A Novembre, Gunnlaugsson ha rivelato un piano a sostegno delle famiglie volto a spendere il 7% del PIL al fine di ridurre il loro debito ipotecario. Il governo intende finanziare il piano, criticato dall'OCSE come troppo drastico, aumentando parzialmente la tassazione sulle banche.
Controlli sui capitali
La linea dura dell'Islanda contro le banche e i loro creditori ha dato il segnale che lo Stato può impegnarsi a trovare dei creditori una volta che siano dispiegati dei controlli sui capitali. Questo non ha impedito al governo di emettere due prestiti obbligazionari in dollari nel 2008.
L'impegno sul Welfare di Gunnlaugsson consiste nel rivalutare programmi finanziati dallo Stato, aspetto che coinvolge anche i governi di altri Paesi nordici. La Danimarca ha ridimensionato il suo Welfare, come molti cittadini si sono resi conto. In Svezia, il governo, che ha applicato diverse tasse sui redditi, sembra che perderà le elezioni, in quanto gli elettori chiedono un aumento della spesa pubblica. Questo mese, Krugman ha messo in guardia i governi dei Paesi nordici dall'effettuare ulteriori tagli. Secondo Gunnlaugsson, il sostegno del governo e la crescita economica vanno di pari passo.
“Per prima cosa, vogliamo creare stabilità”, ha dichiarato Gunnlaugsson, “Maggiore stabilità politica significa più investimenti, più posti di lavoro, più la creazione di ricchezza, in modo che possiamo continuare a mantenere lo stato sociale islandese”.
Traduzione: Manuel Zanarini