Gioventù senza futuro
di Francesco Dimiziani - 19/02/2014
Fonte: millennivm
“C’è un’ideologia reale e incosciente che unifica tutti: è l’ideologia del consumo. Uno prende una posizione ideologica fascista, un altro adotta una posizione ideologica antifascista, ma entrambi, davanti alle loro ideologie, hanno un terreno comune, che è l’ideologia del consumismo. (…) Ora che posso fare un paragone, mi sono reso conto di una cosa che scandalizzerà i più, e che avrebbe scandalizzato anche me, appena dieci anni fa. Che la povertà non è il peggiore dei mali, e nemmeno lo sfruttamento. Cioè, il gran male dell’uomo non consiste né nella povertà, né nello sfruttamento, ma nella perdita della singolarità umana sotto l’impero del consumismo.” (Pier Paolo Pasolini)
Sento il bisogno morale di scrivere qui di fronte a voi, immaginaria schiera di lettori, ciò che vedo come spettatore del progressivo disastro culturale e sociale della Gioventù odierna. Rientrando in pieno titolo in questa definizione, sono io stesso volente o nolente il risultato del degrado culturale diffuso.
Quando parlo di degrado non esagero, lo svilimento culturale ricopre ogni carattere della vita moderna: arte, educazione e la stessa morale stanno letteralmente perdendo ogni significato. Essi sono un ricordo breve e rapido in un ragazzo, quanto i messaggi abbreviati che invia al cellulare. La causa di tutto ciò è da attribuire solo al sistema economico e politico che abbiamo adottato totalmente (non certo per volontà popolare) alla distruzione del Socialismo per via dell’Impero americano e l’addentrarsi dello stile di vita di quest’ultimo nella nostra vita. Con il neo-liberismo sfrenato, la scomparsa dei Partiti di massa che dividevano Proletariato e Borghesia, l’avvento della cultura del Mc Donalds e di MTV, in poco tempo, intere generazioni sono state gettate nel baratro dell’ignoranza. Se dico ignoranza non mi riferisco solo allo studio scolastico e dunque alla veloce scomparsa di ogni diritto ad esso, ma alla perdita di certi valori che permeavano la vecchia società, che forse godeva ancora di qualche mera libertà. Patria, solidarietà, sentimento di appartenenza sociale, rispetto, amore per la Cultura, per alti valori morali, oggi potrebbero essere tacciati quali fonemi privi di significato.
È osceno lo spettacolo di schiere di ragazzi con magliette inneggianti agli Stati Uniti, la religiosità nel consumare cibo “spazzatura”, la musica prima come prodotto sul Mercato e quasi mai come mezzo per trasmettere idee o valori. E il Mercato è il centro della commercializzazione della Cultura: con questa omologazione nella globalizzazione, opposta al multipolarismo e quindi al multiculturalismo non certo come miscela distruttrice e contrastante, ma armoniosa e rispettosa della Sovranità altrui, si mettono all’asta le culture dei Popoli, aspettando che il miglior offerente le utilizzi per il proprio business di magliette e colossal cinematografici. Si idolatrano i simboli del consumismo,dell’Imperialismo e dove vi è un minimo di interesse per la storia o per la politica, si tratta di una manipolazione delle peggiori che coinvolge la celebrazione del Sionismo, dei diritti civili ecc. Nell’ipocrisia trionfante ogni simbolo vale un altro per sentirsi alternativi (ma sempre conformisti ) agli altri consumisti. Si può parlare di valori morali sentiti dalla gioventù, se essa in un contesto che non è reale, artificioso, tale è la scuola, impara a memoria senza apprendere, ciò che invece un tempo permeava la società? Anche coloro che si avvicinano a “ideali”, a movimenti, tra nazionalisti e comunisti, che un tempo rappresentavano l’alternativa al capitalismo, sono omologati alla tendenza dominante: fama, soldi e popolarità. Nell’esaltazione dell’individuo, la gioventù diventa una massa di aspiranti “star”, che invece di acquistarla, perdono la loro individualità e la loro dignità.
In poco più di mezzo secolo di dominio statunitense, di generazione in generazione si è progressivamente distrutto il patrimonio nazionale. Un popolo può resistere alla distruzione materiale del proprio Paese, anche del suo patrimonio culturale in senso stretto, ma come può resistere alla distruzione identitaria di esso stesso, tramite la distruzione della Cultura nazionale, partendo dai giovani, che nel futuro dovrebbero essere suoi conservatori per mezzo della trasmissione ai posteri?
Tramite la scusa di un internazionalismo, fittizio e di certo non rivoluzionario, si è pian piano sviluppata nella Gioventù un’esterofilia dannosa, un disfattismo e una passività che ha reso la mia generazione, nuova e fresca, il primo vero e proprio ibrido di un’intera schiera di americanizzati. Il mio intervento quindi non è dunque solo uno sfogo personale, ma è un monito per chi ancora può (magari lo fosse per altri miei coetanei) a sostenere la gioventù, ad educarla, perché un cambiamento politico-sociale non può esserci se prima non si riesce a cambiare la coscienza dell’intera della comunità, a sradicarla dal controllo egemonico estero, e se non si parte dalla gioventù di oggi, un domani non saremo più in tempo. È molto più complesso sradicare la cultura consumista ed egemonica imperialista, ché raggiungere il multipolarismo se non il socialismo.