Il Lorenzaccio
di Gianni Petrosillo - 26/02/2014
Pensavamo fosse la rottamazione ed, invece, è tutta una rappresentazione: la “scemeggiata” dei giovani rampanti, il cui livello di carineria è inversamente proporzionale al loro grado di competenza. Costoro, col passo spedito di chi non pensa per mancanza di idee si sono aggrappati al grande vecchio, che pensa a tutto lui, e alla sua esperienza per attraversare la strada impervia delle riforme, avviandosi sulle stesse strisce (e stelle) di prima. Pedine e pedoni di una transizione controllata da oltre confine. Dai rinnegati ai “rimbambini”. L’ennesimo tentativo per ingannare la gente con un gran baccano senza costrutto.
Il bastone della vecchiaia degli attempati viene maneggiato come una clava sui destini della popolazione, con o senza i “ragazzini” della rottamazione. Napolitano, spalleggiato dai suoi padrini stranieri, ha pilotato le scelte del Sindaco imponendogli l’uomo del Ministero dell’economia, l’unico che davvero conta qualcosa in questo momento storico, in un Paese che prende ordini da chiunque fuorché dai suoi cittadini. Il Colle si è anche assicurato che gli altri ministeri centrali (come gli esteri) fossero occupati da persone gradite ai nostri ingombranti alleati. Certo, il Quirinale esce indebolito dall’operazione vanità ma resta organo di garanzia, in concomitanza con altre fazioni emergenti che hanno spinto Renzi, degli equilibri internazionali che sconquassano l’Italia. Usa o Germania qui non “se magna” ma non si scappa.
Quindi le scelte “autonome” del Renzaccio (il quale rischia di fare la stessa fine del Lorenzaccio letterario, tra velleitarismi e mancanza di prospettive serie che faranno fallire il suo progetto) sono evaporate con la scalata al Palazzo. Non bastavano mica sesso e gioventù per ricomporre il corpo sbrandellato delle Istituzioni ma ora che abbiamo la certezza che solo le facce sono cambiate ci sentiamo sicuramente peggio. Il neo Presidente del Consiglio ha ceduto su tutta la linea ai soliti poteri dominanti e si è fatto artefice di una rivoluzione estetica che non porterà niente di buono ai cittadini. Tempo perso, come per i due esecutivi che hanno preceduto il suo, sulla via che conduce al default per legittimare la colonizzazione definitiva del Paese.
La lingua, dunque, è sempre più svelta delle gambe nello Stato delle chiacchiere e dell’assenza di visioni strategiche. La partenza di Matteo Renzi non poteva essere, e non è stata, all’altezza degli obiettivi declamati e le spruzzatine di vernice, con discorsi senatoriali a braccio pensati con i piedi, sulla carrozzeria sfatta della nazione non serviranno a migliorare la situazione. Un altro passo in direzione ostinata e servile per compiacere le cricche mondiali e i poteri smorti nazionali. Non avevamo dubbi in proposito eppure la rapidità con la quale Renzi si è fatto annichilire dall’establishment o smascherare dagli italiani ha superato le nostre previsioni. Sotto la buona stella di finti rinnovatori è nato un altro governo delle cinquanta stellette con il compito di proseguire nella liquidazione delle ambizioni patrie e in quella dei rimanenti tesori economici ed industriali. Dagli astri ai rostri che ci travolgeranno a breve. Non per niente il Dipartimento di Stato americano e la sua stampa hanno approvato con entusiasmo il “regime change” che lascerà tutto com’è fino al colpo di teatro decisivo, quello che ci riserverà la vera brutta sorpresa, con l’arrivo di Draghi o di un altro podestà laureato all’estero a decretare la morte del paziente per accanimento con cure volutamente debilitanti.
In realtà, il trionfo di Renzi concide con la sua sconfitta. In un colpo solo ha perso il partito (dovrà rinunciare a guidarlo finché farà il Premier, senza la garanzia di riuscire a piazzare uno dei suoi al vertice) e si è circondato di detrattori e di individualisti che faranno di testa propria (si fa per dire) o metteranno le mani avanti alla minima iniziativa non conforme “alla linea” perché lo impone l’UE. Da Franceschini che, qualche mese fa tuittava così: “Bersani ragiona, Renzi recita”, alla Mogherini che definiva il toscano un ignorante in politica estera. Mentre lei sarebbe un Metternich in tajer. Infatti, intervenendo sulle faccende ucraine con approssimazione e superficialità ci ha già dimostrato che sotto il vestito non c’è niente. E di Metternich rimase solo la gonnella.
Questa e altre ragioni ci portano a “disperare” sulla sorte che ci attende. Vi sembra poco?