I concetti di Destra e Sinistra nascono a seguito della Rivoluzione Francese del 1789. Alla destra del Presidente sedevano i conservatori, fedeli alla monarchia, mentre alla sua sinistra sedevano i così detti radicali, capeggiati da Honorè Gabriel Riqueti de Mirabeu. Da allora si è fatto riferimento a questi due termini per indicare le diverse posizioni politiche, sociali ed economiche delle varie fazioni che occupavano i nascenti parlamenti e che col passare degli anni si sarebbero organizzate in quelli che oggi chiamiamo partiti politici. Concetti generali che, pur assumendo sfaccettature diverse a seconda dei vari contesti nazionali o locali, si differenziavano tra loro in rapporto principalmente all’economia, alla forma di governo e al rapporto con la tradizione, mantenendo in questi termini una fisionomia propria e caratteristica. Le destre, conservatrici e reazionarie, nazionaliste, legate ai valori e alle tradizioni del passato, favorevoli ad un’economia liberista, si contrapponevano alle sinistre, progressiste e dirigiste, cosmopolite ed aperte all’integrazione con le realtà esterne alla Nazione.
Definizioni di questo tipo risultano oggi limitative, anacronistiche, quasi irreali. Destra e Sinistra hanno infervorato animi e azione politica dei reduci della Seconda Guerra Mondiale e dei loro figli fino ad arrivare alla terza generazione. Per anni l’eredità dei padri ha generato sangue tra i figli, oltre che pregiudizio e posizioni di chiusura, di rifiuto e di ostruzione nei confronti di quelli che più che avversari politici sono diventati nemici di fatto, promotori di modelli di esistenza e di società diametralmente opposti. Ciò è accaduto a seguito dell’accostamento di questi due termini ai diversi regimi totalitari, il Fascismo di destra, il Comunismo di sinistra.
Destra e Sinistra come i nostri avi le hanno conosciute, e in parte costruite, non hanno più motivo di esistere, se non attraverso la funzione logistica di distribuzione all’interno del Parlamento, che di fatto rappresenta l’originale elemento di distinzione. Il nostro Paese ha già dato prova di quanto e come questo binomio politico abbia fatto il suo corso: sinistre che non votano leggi a discapito di pensioni d’oro proposte dalle destre, destre che montano campagne elettorali a favore della diminuzione delle tasse, sinistre a favore di governi non eletti dal loro amato popolo. Perché allora, alla fine di ogni dibattito, discussione, proposta tutto si conclude al grido di “fascista!” o “comunista”? Perché l’immaginario collettivo non contempla un’azione politica slegata da questo schema di pensiero? Perché la forza che tiene in vita questa distinzione è l’ideologia. E la forza delle ideologie e l’indottrinamento di regime hanno causato un attaccamento e un senso di appartenenza a queste categorie, destra-sinistra, tale da ostacolare una necessaria e dolorosa separazione dall’eredità ideologica dei nostri nonni e dei nostri padri. Ogni ideologia, in fondo, ogni teoria, ogni pensiero, è figlio di una determinata realtà politica, di un certo contesto sociale ed economico, e il nostro mondo non ha bisogno di antichi pensieri e nostalgiche visioni. E’ fin troppo facile rifugiarsi sotto etichette prive di reale applicazione, piuttosto che creare “etichette” nuove, categorie e posizioni innovative, soluzioni vincenti figlie del nostro tempo, che guardino al passato come una maestro di vita ed un modello cui attingere nel momento del bisogno, custode di valori che non dovranno andare perduti. Ma la società odierna pone dinanzi a noi nuovi orizzonti, un mare sociale dai cui emergono problematiche sconosciute, un appuntamento storico cruciale, difronte al quale è impensabile combattere con le armi del passato. E’ necessaria la formulazione di una nuova teoria politica, di un nuovo approccio metodologico nei confronti del mondo sociale, nuovi filoni di pensiero emancipati dalla morente dicotomia destra-sinistra, un popolo capace di distinguere gli uomini, le idee, i progetti, le parole.