Chiusura da “toro” per i mercati finanziari: le maggiori piazze si sono attestate tutte in rialzo, con Piazza Affari ancora regina d’Europa a +1.53%, ai massimi dal 2011. Gli investitori hanno reagito euforici alle affermazioni dei “falchi” Weidemann, presidente della Bundesbank, e Liikanen, governatore della Banca di Finlandia, i quali hanno aperto a possibili manovre espansive su cui la Bce deciderà nel direttorio di giovedì prossimo. Lo stesso Weidemann, fino ad ora scettico su possibili politiche non convenzionali, ha sentenziato in settimana che il “quantitative easing non è fuori discussione” e che la Bce interverrà qualora lo riterrà necessario per scacciare il fantasma della deflazione (soprattutto dopo il fresco annuncio che in Spagna il prezzo ai consumi su base annua è calato dello 0.2%).
L’establishment di Bruxelles sembra procedere deciso e compatto nelle sue politiche pro-crescita in vista dell’unione bancaria che Mario Draghi, nel suo discorso di martedì a SciencesPo, ha definito non come una perdita, ma come una riacquisizione della sovranità da parte degli stati europei. Rimane, tuttavia, da capire la soluzione all’equazione tra centralizzazione del potere finanziario e sovranità nazionali. Continua anche il momento di grazia per il settore bancario italiano e in particolare per le popolari che, dopo un’apertura di settimana in rosso, hanno chiuso in forte rally, con il Banco Popolare a +6.95% (il rialzo nell’ultimo mese è stato del 18.65%). Gli acquisti sui titoli sono freneticamente aumentati dopo l’annuncio dell’aumento di capitale, previsto per il mese prossimo, di circa un miliardo e mezzo di euro, chiara conferma che il “mood” sui mercati è completamente cambiato rispetto ad un anno fa. Sempre in settimana Monte dei Paschi di Siena (chiusura a +4.42%) è ritornata sul mercato dei bond, da cui mancava dal 2012, raccogliendo 1 miliardo di euro a fronte di un’offerta molto superiore alle attese (il piano iniziale era di collocare un bond da mezzo miliardo). BlackRock e Vanguard, nuovo acquirente secondo le indiscrezioni, stanno attirando sempre più l’attenzione degli investitori sull’istituto senese che continua l’incredibile ripresa (la Consob ha, a proposito, avviato un’indagine in merito a forti speculazioni sul titolo nei mesi scorsi).
Sulla giostra finanziaria sale anche IntesaSanpaolo che, nonostante l’annuncio di perdite per 4.5 miliardi di euro nel 2013, chiude in netto rialzo (+3.53%), così come era già successo ad UnicCredit (in perdita di 14 miliardi di euro) qualche settimana fa. Ma non solo le banche hanno fatto discutere questa settimana: ha destato molta sorpresa l’annuncio della Consob riguardo la partecipazione della Banca Popolare della Cina in due “big” dell’economia italiana, ovvero Eni ed Enel, di cui la Pboc (People’s Bank of China) è arrivata a detenere il 2.102% e il 2.071%. “Un marziano sbarcato sulla luna” si è sussurrato a Pechino. Il nuovo interesse cinese (dopo quello americano, russo e norvegese) per il mercato italiano si spiega nella volontà di Pechino di trovare un porto “sicuro” lontano dalla Russia di Putin e anche dai bonds yankee giudicati –udite udite- troppo rischiosi. Ma i Cinesi non nascondono che il congelamento degli investimenti sull’America sia dettato anche dalla necessità di far apprezzare lo yuan sul dollaro, ponendo un freno all’accumulo di riserve valutarie in dollari (giunte a più di 4000 miliardi), che minano la stabilità finanziaria cinese.
Clima completamente diverso in terra russa: l’esclusione dal G8 paventata da Obama, seguito fedelmente da Bruxelles, non ha certo giovato all’outlook dell’economia russa. Come ha dichiarato il viceministro degli esteri Keplach, nel primo trimestre hanno lasciato Mosca ben 70 miliardi di dollari, il Micex ha perso il 12% e il rublo si è deprezzato rispetto al dollaro del 7.9%. Ed è delle ultime ore la notizia che il colosso russo dell’alluminio Rusel rischia il default su 3.7 miliardi di euro all’apertura dei mercati lunedì mattina. La strategia della tensione finanziaria continua, dunque, a dominare la “diplomazia”, mal celando la volontà dei poteri occidentali di ridisegnare il delicato equilibrio delle forniture di gas.
L’incertezza per la situazione in Ucraina, combinata ai dubbi relativi allo status dell’economia cinese, ha allertato anche gli investitori sul mercato dell’oro, che si conferma bene rifugio in tempi di instabilità. Notizia della settimana è stata l’acquisto da parte del tesoro Iracheno di trentasei tonnellate di oro (più della domanda di Francia e Italia nel 2013), mossa strategica associata al momento positivo dell’industria petrolifera e che conferma il trend rialzista sul lingotto (un segnale mai rassicurante). E’ stata una settimana calda anche per i mercati non europei: il Nikkei, nonostante le incertezze su Pechino, chiude positivamente dopo i dati sull’aumento dell’inflazione, salita a 1.3% e sul tasso di disoccupazione sceso al minimo storico di 3.6%. A New York c’è attesa frenetica per l’esito delle negoziazioni (che comunque non arriverà prima dell’anno prossimo) riguardo l’abolizione dei dazi sul traffico delle merci tra il Vecchio e il Nuovo Continente.
La prospettiva della liberalizzazione del commercio ha dato ulteriore impulso alla marcia trionfale del mercato americano, nonostante alcune stonature settimanali: dal tonfo dell’onnivoro Facebook (-6.94%), che ha acquisito per due miliardi la promessa del mondo virtuale Oculus, a quello di Citigroup, che ha perso il 5.1% dopo la bocciatura della Fed negli stress test, in merito al piano di distribuzione dei dividendi. Promosse dalla Fed, ma non dalla giustizia, Bank of America e Morgan Stanley. La prima ha patteggiato con le autorità federali una multa da dieci miliardi di dollari per dimenticarsi definitivamente lo scandalo dei mutui subprime e la controversa acquisizione di Merrill Lynch. La seconda ha accettato di pagare una somma ridicola al confronto, duecentomila dollari, ma per un motivo non meno rilevante, ovvero le posizioni illegali assunte sui futures sulla farina di soia (contratti derivati che speculano sul valore delle derrate agricole). E’ tutto nella norma a Wall Street che chiude ancora in terreno positivo. Il Toro americano (e non) continua la sua corsa.