La sinistra italiana tra finanza e capitalismo
di Guovanni Arena - 01/05/2014
Fonte: L'intellettuale dissidente
Una sinistra che ha ereditato dai suoi illustri maestri il solo antifascismo, applicato oggi ad un fascismo che non esiste più, se non nelle forme che essa stessa ha protetto ed incentivato, quali ad esempio la tecnocrazia. Una sinistra che festeggia sulle note di “Bella Ciao” la svendita della Banca d'Italia.
Dalla seconda metà del XIX secolo fino ad arrivare agli anni 60′ del 1900, la sinistra italiana e le sinistre europee, tra differenze e contraddizioni, hanno fondato la loro battaglia politica sul perseguimento di precisi obiettivi quali la lotta al sistema capitalistico, la socializzazione dei mezzi di produzione, un’equa distribuzione delle ricchezze e riforme sociali volte a garantire a tutti gli stessi diritti. Ciò è accaduto attraverso i canali legali delle istituzioni, con l’appoggio delle socialdemocrazie, o al di fuori di essi, attraverso i vari movimenti estremisti come i sindacalisti rivoluzionari o le frange più radicali del Partito Socialista. Ma la sostanza non cambia: moderati e radicali di sinistra hanno fatto del capitalismo il nemico giurato della loro lotta politica.
Il 1968 segna una battuta d’arresto di questa tendenza e la formazione di una nuova sinistra, ispirata a nuovi ideali e nuovi modelli economici. La lotta per i diritti sociali, per l’assistenza sanitaria, per i salari dei lavoratori e in generale per una società più giusta, nella quale il potere non fosse concentrato nelle mani di pochi, ha lasciato il posto a sanguinose battaglie per una gamma di “diritti” del tutto diversi. Accomunati dal solo spirito dell’antifascismo, i movimenti sessantottini hanno cominciato con la distruzione della società e della famiglia borghese. Il capitalismo si andava emancipando dalla borghesia, la quale borghesia in un primo momento trovò nel capitalismo stesso un terreno fertile per il proprio sviluppo, poiché la borghesia era pur sempre portatrice di una serie di valori tradizionali, religiosi ed etici incompatibili con capitalismo perfettamente realizzato.
Si passa ad una nuova forma di capitalismo, il capitalismo assoluto, totalitario. La lotta per i diritti individuali, per delle forme di esistenza più libera ed emancipata dalla morale tradizionale, l’abbattimento di quelli che erano considerati rigidi schemi di comportamento, il rifiuto di qualsiasi forma di gerarchia, la distruzione dell’idea di famiglia tradizionale, considerata borghese e dunque erroneamente capitalista, hanno costituito i capisaldi delle battaglie della nuova sinistra, fino ai giorni nostri. Queste nuove tendenze hanno steso il tappeto rosso a questo capitalismo assoluto, totale e totalitario. Assoluto perché avrebbe abbracciato l’intero mondo globalizzato. Totale perché si sarebbe appropriato non solo del monopolio dell’industria, ma anche della cultura, dei mezzi di informazione e delle tecnologie. Totalitario perché queste nuove forme di monopolio ideologico avrebbero controllato ed influenzato il pensiero e l’esistenza di tutti. E mentre il divario tra ricchi e poveri aumenta, la sinistra italiana lotta per le unioni civili, per i matrimoni gay, per la fecondazione assistita, per l’eutanasia e per i reati di omofobia. Al tempo stesso si sposa con l’apolide finanza internazionale, istituzionalizza la precarietà ed incentiva la mobilità. Ha dichiarato giorni fa Laura Boldrini, Presidente della Camera: “La precarietà sarà il nostro futuro stile di vita.”.
Una sinistra che lascia i suoi cittadini tra il vortice indomabile del nuovo mercato dell’economia globale e la prospettiva di una vita di incertezze e di instabilità. Una sinistra che ha diffuso la mentalità del “vietato vietare” nel campo delle libertà individuali, ma vieta, di comune accordo con la finanza internazionale, posti fissi e salari adeguati. Una sinistra che ha ereditato dai suoi illustri maestri il solo antifascismo, applicato oggi ad un fascismo che non esiste più, se non nelle forme che essa stessa ha protetto ed incentivato, quali ad esempio la tecnocrazia. Una sinistra che festeggia sulle note di “Bella Ciao” la svendita della Banca d’Italia. Il risultato? Una massa di lavoratori spersonalizzati, liberi di creare un figlio in provetta senza un lavoro fisso con cui mantenerlo. Gramsci e Berlinguer ringraziano