Il 25 maggio, alle 23.00, tutti s’aspettavano già dagli exit poll (notoriamente tutt’altro che affidabili) dei risultati drasticamente differenti rispetto a quelli poi scaturiti dalle urne. Si vociferava che il Movimento 5 Stelle sarebbe riuscito a raggiungere ed addirittura a superare il PD, mettendo così Renzi con le spalle al muro e costringendolo, magari, ad allargare la maggioranza a Forza Italia per blindare numeri e consensi. Ed il partito di Berlusconi, dal canto suo, pur non aspettandosi certo di raggiungere il primo posto, nemmeno s’immaginava che gli sarebbe toccato poco più del 16%, e già pregustava di potersi vendere a Renzi a caro prezzo in nome del “fronte comune” anti – Grillo.
Insomma, tutti avevano fatto dei calcoli, chi positivi e chi negativi, che si sono poi rivelati aria fritta. Non ci s’immaginava che il PD potesse riscuotere una percentuale di consensi quasi doppia rispetto al Movimento 5 Stelle: pur apparendo un po’ irrealistica l’ipotesi del sorpasso dei pentastellati a danno dei democratici, la tendenza era quella di propendere per un distacco minimo, contenuto, a vantaggio dei secondi sui primi. E invece Renzi per poco non ha intascato il 41%, mentre Grillo s’è fermato poco sopra il 21%: non c’è che dire, è una batosta, o “una pugnalata al cuore”, come lo stesso Grillo ha avuto modo d’ammettere proprio stamattina.
A guardar bene, poi, non sarebbe neppure tanto una batosta, per il Movimento 5 Stelle: il quasi 22% è tutt’altro che un dato disprezzabile, non molto distante dalle Politiche 2013 e nemmeno dal 25% riscosso con eclatanza dal Front National di Marine Le Pen. Il problema, però, è che è completamente differente tutto il contesto, tutto quel che vi sta intorno: in Francia il Front National è ampiamente il primo partito, davanti ai gollisti fermi al 20% e ai socialisti crollati al 14%. In Italia invece, di fronte all’onestissimo risultato racimolato dai pentastellati, si staglia un PD che supera il 40%, il che costituisce una vittoria storica per una sinistra che nel frattempo è morta democristiana. Va poi aggiunto che l’obiettivo prefissato da Grillo di doppiare il PD non essendo stato raggiunto fa apparire questo 21% come un risultato fallimentare.
Naturalmente le analogie tra Movimento 5 Stelle e FN finiscono qua, giacché com’è noto tra Grillo e la Le Pen non corre buon sangue ed il primo non intende collaborare, se non una tantum, con la seconda. Ben più profonde sono quelle tra il FN e la Lega Nord di Matteo Salvini, che col partito di Marine Le Pen ha stabilito un sodalizio e condividerà all’europarlamento gli stessi banchi. Ecco: la ripresa della Lega, grazie al lavoro di Salvini, era praticamente l’unico dato facilmente prevedibile e puntualmente rispettato di queste Europee 2014. La Lega si colloca al quarto posto, ottenendo un faticato ed abbondante 6% che nelle aspettative dei dirigenti di Via Bellerio potrebbe crescere ancora.
Ma, al di là di tutte queste considerazioni, sorprende il 40% abbondante riscosso dal PD, che ne fa il partito più votato di tutto il PES e tra quelli al governo in Europa. La telegenicità del suo giovane ed arrembante leader e le promesse (per non parlare proprio di mance: si pensi agli 80 euro, che ricordano un po’ Achille Lauro quando donava una scarpa prima e una dopo il voto) elettorali gli hanno permesso di cannibalizzare una parte d’elettorato grillino e forzista. Gli italiani, dunque, sono ancora “in luna di miele” col loro premier, nel quale parrebbero riporre una fiducia crescente e cieca. Ma questa è anche la testimonianza dell’inadeguatezza delle opposizioni. Forza Italia è ormai una reliquia del passato, un’operazione nostalgia che guarda al 1994 in un’Italia che nel frattempo è completamente cambiata, politicamente, economicamente e generazionalmente. Il Movimento 5 Stelle, dal canto suo, raccoglie la protesta e l’indignazione popolare sottraendola ad altri possibili movimenti, magari di stampo patriottico e sovranista, sulla falsariga del FN francese o dell’UKIP britannico, e la sua funzione s’esaurisce qua. In politica estera paga il prezzo delle sue ambiguità (parla di un’equidistanza tra Stati Uniti e Russia che all’atto pratico si sostanzia nel rifiuto del gas russo e nel contemporaneo possibilismo verso la NATO: insomma, né con Washington né con Mosca, ma con Washington: a dimostrazione che le “terze posizioni” non funzionano mai), che sul piano della politica economica ed interna mescola con altre ambiguità ancora, per esempio sul modello di sviluppo economico da seguire, sulla permanenza o meno nell’Euro, ecc.
E’ ovvio che senza un movimento socialista che punti al recupero della sovranità, alla difesa ed alla salvaguardia delle tradizioni, con una politica economica ed estera univoca ed intellegibile, ecc, sarà piuttosto difficile costruire una reale alternativa di successo al fronte degli “eurocrati” oggi impersonati da Renzi e dal suo partito di plastica. Nel nostro paese, dove innegabilmente il malcontento c’è, d’una simile alternativa ce ne sarebbe bisogno come dell’aria; altrimenti l’elettorato rimarrà sempre e soltanto appannaggio della politica all’Achille Lauro. In questo senso quella di ieri è stata, per l’Italia e per gli italiani, un’innegabile sconfitta storica e politica.
Europee 2014: più che uno shock, una sconfitta per l’Italia e gli italiani
di Filippo Bovo - 27/05/2014