Renzi: l’uomo della provvidenza 2014. Il più efficiente ufficio governativo è quello delle pubbliche relazioni di Matteo Renzi – anche se forse non ha sede in Italia… Renzi è riuscito ad aumentare popolarità e seguito sia nella base che nel ceto politico a dispetto del totale mancamento al suo scadenziario di riforme, a dispetto della scoperta che il suo vantato ottenimento della “flessibilità” all’ultimo vertice europeo era un bluff, e persino a dispetto del perdurante cattivo andamento socio economico. Per non dire della sua raggelante slealtà verso Letta (Enrico, stai sereno!”). La sua capacità comunicativa è più forte dei fatti. Batte Berlusconi. Il suo successo è stato reso possibile da un marketing raffinato, in cui importantissimo è il modo come Renzi previene o schiva il tipo di situazione in cui potrebbe essere messo in difficoltà, ossia il confronto diretto, serio, approfondito sui risultati e sui programmi concreti che vuole e può eseguire – confronto da cui spiccherebbe la sua inconsistenza in fatto di analisi economica e di strumenti di intervento – quindi apparirebbe l’illogicità infantile della fiducia riposta in lui. Per evitare questo tipo di situazione sfavorevole, egli ha cura di apparire sempre impegnatissimo, in movimento veloce, così che chi lo vuole trattenere con domande penetranti e serie andando oltre la superficie appaia, per contrasto, come uno che intralcia il manovratore, non come uno che vuole legittimamente sapere dove si sta andando e con che mezzi. Anche col linguaggio non verbale, Renzi esprime il concetto: scusate, non ho tempo ora, devo fare di corsa cose importantissime e urgenti. Ci vediamo poi. Trasmette l’impressione che chi gli vuole porre domande di merito in realtà sia uno che fa perder tempo. L’uomo della provvidenza 2014 non ha mai tempo per i consuntivi. Come i suoi due predecessori, sa che quando arrivano i consuntivi la bolla delle speranze sfloppa. La sua forza sta nel rilanciare le speranze: a 100 giorni dapprima, oggi a 1.000… il momento della verifica va sempre allontanato. Anche quando è andato, il 2 luglio, a tenere il suo discorso inaugurale al Parlamento europeo, doveva, prima del discorso, discutere con i suoi europarlamentari. Situazione pericolosa nel senso suddetto, che egli ha evitato arrivando solo 40 minuti prima dell’inizio del discorso, così che i suoi stessi uomini non hanno potuto approfondire con lui alcunché. Analogamente, dopo il discorso, ha eluso la conferenza stampa nella quale qualche giornalista indipendente poteva metterlo in difficoltà interrogandolo su tutti i temi che nel suo discorso aveva evitato, ed è volato via per concedersi al salotto sicuro di Bruno Vespa. Ora veniamo al discorso. Renzi ha esordito avvertendo che il programma operativo lo aveva depositato alla presidenza del Parlamento in forma scritta E che quindi nel discorso non avrebbe parlato del programma. Il programma, cioè, è una conoscenza riservata ai livelli superiori; per il grande pubblico va bene lo show. Ancora oggi mi risulta che quel programma non sia stato divulgato. Quindi anche il duello verbale con la Bundesbank su debito e flessibilità ha poco o punto significato. Il discorso in questione è tutto forma, contenitore, e zero contenuti. Il contenitore è fatto di enunciati ideologici, figure retoriche, evocazioni culturali di bassa qualità, affermazioni velleitarie. È tutto rivolto all’elettorato italiano, perché Renzi ha cercato di accreditarsi come difensore degli interessi nazionali (mentre non lo è come non lo erano Letta e Monti), nonché di attrarre a sé consenso e simpatia esprimendo giudizi, proteste, accuse, sogni in cui si può ritenere che se riconoscano molti strati popolari italiani: noi siamo bravi, noi facciamo riforme sostanziali, noi diamo più di quanto riceviamo, noi non accettiamo lezioni da nessuno, la colpa è degli altri, noi abbiamo una grande storia dietro le spalle, noi abbiamo diritto a reclamare flessibilità anche perché essa è condizione per il successo anziché insuccesso dell’Europa stessa. Renzi, parlando a braccio, ha fatto il gigione, o il ganzo, come si dice in Toscana, ma con una caricatura della toscanità, uno stile che i miei amici toscani trovano forzato e grossolana, anche nell’ostentazione dell’accento e di alcune caratteristiche fonetiche locali. Insomma, di fronte a una situazione gravemente critica e che si evolve in modo sfavorevole, di fronte al grande dramma sociale, di fronte alla crescente diseguaglianza entro i paesi europei, di fronte al fatto che le zona dell’euro cresce la metà dei paesi dell’OCSE, Renzi, davanti a tutta Europa, parla di Ulisse e Telemaco, di orgoglio nazionale, di sentimenti e ideali, di accoglienza ai migranti, e non di cose concrete. Tratta il suo pubblico come un insieme di deficienti. Molti, in effetti, lo applaudono. E’ stato uno spettacolo disgustoso. Siccome le cose in Europa vanno palesemente male, molto male, e le tensioni continuano ad aumentare, un approccio serio, professionalmente nonché politicamente onesto, sarebbe stato incentrato sull’analisi di questi mali e delle loro cause, per proseguire con una motivata proposta di soluzioni operative. Renzi avrebbe dovuto rilevare che l’UE ha applicato una teoria economica, con le sue ricette e le sue riforme – tra cui l’austerità – che da anni i fatti stanno smentendo, perché essa non produce risanamento del debito ma aggravamento; e non produce stabilità ma instabilità; e non produce sviluppo ma recessione; e non produce convergenza ma divergenza tra le economie dei paesi europei; e non produce occupazione ma precari, disoccupati e sottoccupati. Se i fatti smentiscono le loro previsioni, la teoria e la ricetta probabilmente sono errate, e non si tratta di aumentare di qualche centesimo percentuale la flessibilità del meccanismo, ma di prendere atto che la teoria è falsa perché confutata dai fatti, come si fa in ogni ambito scientifico. Medesimo discorso vale per l’Euro e i suoi effetti reali. In quanto alle riforme, che Renzi e i mass media presentano al popolo come contropartita per la “flessibilità”, dobbiamo ricordare che quelle riforme vengono dalla medesima teoria confutata dai fatti, e fanno parte di quella linea di riforme del settore bancario e finanziario che hanno permesso, in Europa come in America, le maxi-bolle e le mega-truffe bancarie che, oltre alla crisi bancaria mondiale, con la loro ricaduta sulle finanze pubbliche, hanno prodotto la crisi dei debiti sovrani, dei debiti pubblici, in cui stiamo dibattendoci. E’ proprio il caso di continuare su quella linea? E se vogliono continuare, qual è il loro fine? Precipitare le nazioni in condizioni di miseria e asservimento dal potere bancario? Renzi avrebbe dovuto rilevare che quella teoria smentita dai fatti, quei principi di pareggio di bilancio e liberalizzazione finanziaria pure essi smentiti dai fatti, ormai li difende solo la Germania assieme ai suoi satelliti, e li difende non per ragioni “scientifiche”, ma solo perché ne trae un vantaggio a spese degli altri paesi, in quanto ne assorbe capitali e altre risorse. Quindi il vero problema è un conflitto oggettivo di interessi, e la trattativa, da parte di questi paesi svantaggiati, può funzionare solo se prospetta alla Germania la scelta secca, con una rigida data di scadenza, tra un accordo per nuovo sistema finanziario e monetario da una parte, e dall’altra parte un piano B, di rottura, in cui la Germania abbia da perdere seriamente. Altrimenti niente tutela degli interessi nazionali, ma solo fandonie. E la disputa coi falchi tedeschi è probabilmente solo una messa in scena per illudere il popolo degli sprovveduti. 04.07.14 Marco Della Luna
L'uomo della provvidenza 2014: Renzi a Strasburgo
di Marco Della Luna - 07/07/2014
Fonte: Marco Della Luna