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Quando il re è un bambino, la reggenza è delle donne

di Alain de Benoist - 30/09/2014

Fonte: Arianna editrice

La nostra classe politica fatica a ringiovanire, mentre la politica del “giovanilismo”, anzi, dell’infantilizzazione, è sempre più predominante.  Come si spiega tutto ciò?

 La differenza tra le generazioni si cancella. Una volta s’insegnava ai bambini a diventare adulti; oggi, s’insegna agli adulti a sentirsi “sempre giovani”. In spiaggia, le bambine di sei anni portano il reggiseno, mentre le donne mature si vestono da ragazzine. I genitori fanno gli stessi giochi dei loro figli, e nel frattempo i nonni scoprono che l’esperienza che avrebbero tanto desiderato trasmettere non significa più nulla, in un mondo trasformato da una tecnologia che, da bambini, essi non hanno conosciuto. Mentre i giovani sono coinvolti sempre più anticipatamente nelle problematiche degli adulti, l’infantilizzazione della società procede a passo spedito. Il clima individualista circostante, il discredito della nozione di autorità, la moltiplicazione delle famiglie gestite da madri single hanno prodotto una generazione di narcisisti immaturi, di adulti tanto dispotici quanto irrisolti, rimasti immobili allo stadio pre-edipico poiché il Padre, rappresentante simbolico della Legge, non è più in grado di aiutare i figli a spezzare il legame simbiotico con la madre. Questa infantilizzazione procede di pari passo con la femminilizzazione della società. Tutto ciò non è nuovo: Platone, nella Repubblica, evocava già il momento in cui “il padre si abitua a trattare il figlio da pari e pari e a temere i figli”. Sbarazzatesi di ogni rapporto di autorità, le relazioni genitori-figli sono ormai nell’ordine della seduzione, che è l’esatto contrario dell’educazione. Tutto ciò fa il gioco della logica del capitale, ben consapevole che più i cittadini sono infantili, più sono vulnerabili al condizionamento dettato dal marketing psicologico, quella forma di psico-potere che mantiene la dipendenza dalle merci. Le pubblicità di cui c’ingozzano mirano a un target di consumatori impulsivi di un’età mentale compresa fra gli otto e i dieci anni, e più della metà delle decisioni d’acquisto in famiglia sono oggigiorno prese dai bambini. “Da una decina d’anni a questa parte”, notava recentemente il filosofo Bernard Stiegler, “gli specialisti del marketing e delle trasmissioni televisive si chiedono come fare perché i bambini s’identifichino nei loro programmi e noi loro spot, anziché nei progetti dei loro genitori. Certo, non lo dicono a questa maniera, parlano di programma educativo o di pubblicità creative, ma lo scopo è questo.”

 Il calo di qualità nel sistema scolastico non risolve certo la situazione…

 È del tutto evidente, ma la spiegazione è un po’ semplicistica. Lei crede forse che gli ultraquarantenni siano realmente più colti? Guardi cosa leggono, e gli innumerevoli errori di ortografia, di grammatica, di punteggiatura di cui sono tempestati i loro messaggi. Quanti di loro sono in grado di parlare anche soltanto per tre minuti del pensiero di Hobbes, dello stile di Melville o dell’opera di Kleist? Poco tempo fa gli illetterati amavano solo i libri “con le figure”. Oggi, non vi sono altro che figure,  altro che immagini. Prima la televisione si è sostituita alla famiglia. Oggi, sono gli schermi a monopolizzare la mise en place delle identificazioni primarie.

 I comportamenti politici non saranno anch’essi divenuti un po’ infantili?

 Qualche settimana fa, in un articolo pubblicato proprio su questa rivista, Xavier Eman si era scagliato contro la “crociata anti-Hollande”, facendo osservare che l’attuale capo dello Stato francese non è altro che una pedina del Sistema. È stato immediatamente subissato d’insulti da parte di commentatori visibilmente dotati di un quoziente intellettivo a due cifre (separate da una probabile virgola). Ed era invece lui ad aver ragione. È ingenuità infantile credere che basti, senza uscire dal Sistema, sostituire un politico con un altro affinché le cose migliorino. La legge del Sistema è stata annunciata nel Gattopardo: “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”. Forse anche lei conosce quella bella definizione della follia attribuita a Einstein: “Rifare continuamente la stessa cosa sperando ogni volta di ottenere risultati differenti”. Ed è sempre ingenuità infantile indignarsi nel vedere i nostri governanti trascurare gli interessi del paese. Ma non è certo per questo che sono stati eletti! Non sono stati eletti per difendere l’interesse generale, bensì per servire gli interessi della Nuova Classe, ovvero dei più ricchi. Non sono al loro posto per risolvere i problemi, ma per aggravarli. E vi riescono benissimo, con una pubblica istruzione concepita alla perfezione per sradicare lo spirito critico, e una disoccupazione che spinga i lavoratori ad accettare un impiego a qualsiasi condizione, a fronte di un maggiore profitto per i loro datori di lavoro. Sarebbe ora di renderci conto che, quando in occasione di una tornata elettorale si afferma che “il popolo ha parlato”, sta a significare che ormai non può più fare altro che tacere. La gente vota “come gli diranno di farlo”, diceva Tocqueville. E sarà così finché il popolo non si sarà riappropriato del suo potere costituente.

 

Intervista di Nicolas Gauthier

traduzione Marco Zonetti