Partiamo dalla svolta eurasiatica e filorussa del Carroccio. In realtà questa tendenza è presente tra le fila leghista almeno da quindici anni. Nel 2000 fa capolino dalle parti di Bossi, il serbo Dragos Kalajic teorico dell'Eurasia e sodale dell'attuale consigliere del Cremlino Aleksandr Dugin. La recente infatuazione per la Russia, secondo taluni, in realtà ha radici profonde. Ben prima di Putin e ben prima di Salvini. Al più bisognerebbe riconoscere all'attuale segretario leghista di aver reso questo interesse parte integrante della politica estera del Carroccio e, al suo interno, un tema da rafforzare grazie alla creazione dell'associazione Lombardia-Russia.
Secondo punto è la presunta svolta nazionalista. In realtà Salvini ripone provvisoriamente nel cassetto il mito della Padania indipendente solo perché rispetto ai suoi due predecessori - Bossi e Maroni - non è colpito da miopia politica. Lui sa bene che la partita si gioca ben oltre i confini nazionali ed europei. La Ue è parsa per molti versi non un rimedio alla globalizzazione, un baluardo contro una deregolamentazione generalizzata su scala planetaria, bensì come una tappa di quella stessa globalizzazione. Il nemico, diceva Bossi a fine anni '80, è un Europa che rappresenta l'abbozzo di una Repubblica universale o di uno Stato mondiale gestita dalla finanza virtuale e dal sistema bancario internazionale. Ma non per questo Salvini è per ripristinare lo Stato-Nazione. Non è dunque tanto la nazione che bisogna cercare di ritrovare a livello europeo, ma secondo il segretario federale del Carroccio è la politica che bisogna reintrodurvi. Il rifiuto di Salvini, come per la stragrande maggioranza degli euroscettici, è verso il modello "atlantico" quello di una zona di libero scambio, senza altri scopi al di fuori di quello economico, decorato per sembrare democratico, dell'apparenza di una concertazione governativa. In questa cornice i leghisti sono consapevoli che gli Stati nazionali sono troppo grandi per rispondere alle aspettative quotidiane della gente e troppo piccoli per far fronte alle problematiche che si sviluppano oramai su scala planetaria. Figuriamoci, in questo contesto storico, la creazione ex novo di una nuova entità quale potrebbe essere la Padania. Valutazione per la quale la Lega oggi propone un'alleanza degli italiani partendo dalle loro regioni e dalle comunità locali. Non un'apologia dello Stato giacobino o del tricolore del Ventennio ma un'azione di base che privilegi il localismo e la vita comunitaria. La Padania fa parte di uno schema futuro per una nuova Europa in cui, secondo il Carroccio, le macroregioni prenderanno maggior peso in una prospettiva federalista e sussidiaria.
Il terzo punto è rappresentato dall'accusa di fascismo. Ora che alcune idee diffuse dal Carroccio siano evidentemente condivisibili da ampi strati di quello che si potrebbe tranquillamente chiamare "ambiente neofascista" è un dato di fatto. L'antieconomicismo, il rifiuto dell'immigrazione, il protezionismo e l'autarchia energetica, una visione geopolitica che guardi ad est e non più a Washington. Premesso che i cosiddetti neofascisti andrebbero suddivisi in categorie, per poi scoprire che di fascismo ce ne è poco o nulla, si però deve ragionare in termini di attualizzazione del pensiero politico. Salvini apre ai lettori di Alain De Benoist, teorico dell'Europa federale e del comunitarismo, e non di certo agli apologeti di Giovanni Gentile o di Giovanni Preziosi. Tutti ammassati, secondo una certa pubblicistica, nel novero dei neofascisti ma ben distanti gli uni dagli altri. Merito di Salvini aver aggregato, attraverso obiettivi e strategie, vari soggetti apparentemente distanti dal Carroccio, senza paraocchi e pregiudizi. Né di destra né di sinistra o per dirla tutta sia di sinistra e sia di destra.