Pregi e difetti di Matteo Salvini
di Eugenio Orso - 18/12/2014
Fonte: Pauperclass
La Lega Nord, inizialmente per l’indipendenza della “Padania”, è il più vecchio partito fra quello oggi esistenti, in Italia. E’ nato ufficialmente il 4 dicembre 1989, in Via Carlo Bellerio n° 41 a Milano (mettiamoci pure il CAP: 20161). Nonostante il limite invalicabile rappresentato dal “muro di Ancona” dell’indimenticabile Maurizio Ferrini, ha conosciuto periodi di rapida espansione del consenso, all’inizio grazie a Tangentopoli, e periodi di contrazione, principalmente a causa dell’ingombrante popolarità di Berlusconi. Sì, proprio l’alleato Silvio, che inizialmente Bossi avversava e definiva spregiativamente, senza mezzi termini, Berluskaiser, Berluskaz, o più semplicemente Berluscone. In origine, grazie al convincente e rude Umberto Bossi, nell’immaginario leghista l’imprenditore “prestato” alla politica rappresentava una protesi del vecchio e screditato Pentapartito, una creatura del terribile Craxi. Il Cavaliere, dal canto suo, avrebbe fatto fuori volentieri la Lega, nonostante fosse diventata nel tempo suo fedele alleato, memore del tradimento del 1994, quando i leghisti contribuirono a far cadere il suo primo governo alla fine di dicembre. Non solo per questo, ma anche perché il Cav. voleva stravincere e governare da solo, in accordo con il suo smisurato ego e le sue esigenze di controllo assoluto del paese, mai pienamente soddisfatte.
In anni ormai dimenticati ho avversato il cosiddetto centro-destra e la Lega con gli scarsissimi mezzi a mia disposizione, e mi sono “curato” qualche minaccia dagli allora sfegatati leghisti, alleati di ferro dei berlusconiani (verremo a prenderti!). Oggi, sembra definitivamente tramontato il mito della “Padania” e dismessi i riti iniziatici con l’uso dell’acqua inquinata del Po, nel suggestivo battesimo padano. Bei tempi, quelli! Socialmente ed economicamente migliori rispetto al presente, con un tenore di vita più alto e prospettive residue di miglioramento (con o senza la Lega), molti disoccupati in meno e una mala amministrazione che doveva ancora crescere, per raggiungere i livelli attuali d’insostenibilità. In merito alla “Padania”, c’è da dire che questa non era una patria dei popoli del nord emersa dalle nebbie della storia, a causa della “rilettura” bossiana, dopo i lunghi secoli di sonno dalla battaglia di Legnano, ma più banalmente una macroregione italiana ipotizzata dal professor Gianfranco Miglio (n. 1918, m. 2001), per una rivoluzionaria federalizzazione dello stivale, dal mille e ottocento sessantuno stato nazionale unitario.
Molta acqua sembra esser passata sotto i ponti dai tempi della gestione bossiana del partito, interrotta bruscamente dalle ben note vicende giudiziarie di Belsito, del “cerchio magico” e della stessa famiglia dell’Umberto (primavera del 2012), per un uso disinvolto e fin troppo privato dei rimborsi elettorali. Dopo il triumvirato di emergenza Maroni-Calderoli-Dal Lago e la breve reggenza di Roberto Maroni, è arrivato alla segreteria federale il milanese Matteo Salvini, non dal nulla, ma dal vecchio apparato leghista, ed è riuscito a rilanciare la Lega, cambiandogli un po’ l’abito e spostando l’attenzione su altri temi, diversi dal fardello prima del sud e poi dell’immigrazione, dalla “Padania” autonoma o indipendente e dal federalismo. Nuovi temi che effettivamente sono cruciali per il nostro futuro.
Di Matteo Salvini giovane leghista rampante, oggi poco più che quarantenne, conservo un ricordo sfumato, risalente a cinque anni fa, forse al 2009. Il posto sul bus riservato ai milanesi, o più precisamente, a coloro che hanno formalmente residenza nel comune di Milano. Una proposta “choc” di quando era già in ascesa nella gerarchia del partito, che allora mi parve alquanto delirante. Buona, però, per far parlare di sé sui giornali e in televisione. Ma come? E se uno è un “lumbard” da venti generazioni e risiede in un’altra provincia, ad esempio a Lodi, deve cedere il posto sul bus ad altri, che possono dimostrare di essere residenti a Milano? Magari sarà costretto ad alzarsi per far sedere un tizio (poniamo) di origine nigeriana, che però (ipotizziamo) ha acquisito la cittadinanza italiana e la residenza nel comune meneghino! L’idea non è sembrata anche a voi un po’ assurda, partorita niente di meno che dalla mente di un leghista, strenuo difensore delle identità nordiste con annesse radici culturali? Fu allora che vidi una foto di Salvini. In quella foto sembrava più grassoccio di quello che è, meno scuro di capelli di quanto sia, ma soprattutto ostentava uno sguardo un po’ bovino. Certo, la foto che vidi poteva essere poco riuscita e sicuramente non gli rendeva giustizia, ma l’idea che mi feci di lui non fu propriamente positiva. Comunque sia, acqua passata.
Dire che Salvini ha azzerato Bossi e il “cerchio magico”, facendo completamente scordare le origini della Lega, ma soprattutto lo scandalo leghista da basso impero che ha travolto il partito, è forse un po’ eccessivo. Sicuramente gli va ascritto il merito di aver sollevato, a livello nazionale e non più esclusivamente “padano”, la questione moneta unica-eurolager-trattati capestro europidi, riscuotendo un crescente consenso fra la popolazione. Fuori dall’Italia, la nuova gestione leghista ha fruttato un’entente cordiale con il Front National francese, un “gemellaggio” con Russia Unita di Putin e lo schierarsi contro l’atlantismo più becero, servile, guerrafondaio e masochista (che ci fa rischiare una guerra con la Russia), incarnato dal pd di Renzi. Tutti cambiamenti indubbiamente positivi. Il suo riferimento sembra essere un’Europa delle patrie (come ha dichiarato), fondata su stati sovrani che liberamente stabiliscono legami fra loro.
Maggior attenzione per la riacquisizione della sovranità politica e monetaria, che sola potrebbe riattivare l’economia italiana, e meno mitologie propagandistico-nordiste – in sintesi, “Basta euro!” al posto dell’immaginaria “Padania” – caratterizzano il nuovo corso leghista di Matteo Salvini. Dal regionalismo più spinto, indotto dalle istanze federali di Miglio, si approda a un nazionalismo aderente alle impellenti necessità del paese. Di ciò non posso che rallegrarmi, naturalmente, perché, come dice lo stesso Salvini mostrando di averlo finalmente compreso, o ci salviamo tutti, a nord e a sud, o non si salva nessuno. Mi rallegro anche perché il suddetto attacca apertamente la “riforma” Fornero, per i danni che ha prodotto nel paese, e la follia delle sanzioni contro la Russia, volute dagli usa, con conseguente perdita di esportazioni (e posti di lavoro) anche per l’Italia, nella misura di alcuni miliardi di euro.
Tuttavia Matteo Salvini deve fare i conti con la vecchia base leghista, che non è scomparsa dopo la vicenda giudiziaria Belsito e il ridimensionamento del partito nelle stesse roccaforti del nord, facendone temere il collasso. Ecco che allora, allo scopo di recuperare consensi in quella direzione, il neosegretario della Lega sfrutta ampiamente un vecchio “cavallo di battaglia”, quello dell’immigrazione (in sostituzione del sud), focalizzando però l’attenzione sugli immigrati irregolari, nonché sulla vicenda dei rom e degli altri zingari. Insistendo troppo e in modo sbagliato su questi temi, per ragioni di consenso, si rischia fatalmente di alimentare quella “guerra fra poveri” che fa comodo al sistema, e si distoglie l’attenzione dalla necessità di “sgretolare” l’euro, per riconquistare l’indipendenza monetaria e politica. Non sto dicendo che non ci si deve occupare della questione immigrazione, sto solo evidenziando il rischio che Salvini rincorra un po’ troppo su questo terreno i vecchi leghisti orfani di Bossi, perdendo di vista gli obiettivi principali: sconfiggere le forze collaborazioniste euroserve e far uscire l’Italia – tutta, non solo un pezzo – dall’ormai famigerata e scricchiolante eurozona.
Il piglio elettoralistico e il presenzialismo che dimostra non mi piacciono molto, tanto che mi ricordano un poco l’esempio più negativo in assoluto, cioè Matteo Renzi. Non si tratta di superare forza Italia di un paio di decimali di punto, oppure di sottrarre voti a un Grillo stanchino, che perde colpi, ma di coalizzare forze, da nord a sud, per la marginalizzazione dei collaborazionisti della troika e la liberazione del paese.
Uno svarione di Salvini, che però ha fatto parlare di lui – parlatene male, o anche soltanto ironicamente, purché ne parliate – è stato il prestarsi per farsi fotografare quasi “desnudo”, in pose “sexy”, sul settimanale Oggi di gossip, moda, benessere e varie. Morbide coperte e cravatta verde-leghista come solo indumento. Mi ha ricordato un po’ Renzi, con il chiodo, sulla copertina della rivista scandalistica Chi di Signorini, che scimmiottava grottescamente il celebre Fonzarelli di Happy Days. Non è questa la strada, per Salvini, e dovrebbe rendersene conto, prima di essere fagocitato dal penoso e castrante “star system” nazionale. Del resto, sulla questione gay politicamente corretta e fuorviante il suddetto dichiara, nell’intervista comparsa su Oggi, di sentirsi vicino addirittura a Renzi, alla Pascale e alle cosiddette civil partnership, segnando così la distanza dall’alleata Marine Le Pen. Se in tv Renzi è più bravo di lui, per sua stessa ammissione (sempre su Oggi!) e, inoltre, è ben più vanitoso, Salvini dovrebbe evitare di cadere nelle trappole giornalistico-mediatiche, riducendosi a fare il “tronista”, il “sirenetto” o il “ragazzo-copertina” ormai quarantenne. In tal modo, sembra rincorrere affannosamente Renzi sulla strada della popolarità mediatica a tutti i costi, dietro la quale c’è la più completa inconsistenza, se non proprio la mala fede assoluta come nel caso del “golden boy” piddino.
Negativa è la sua proposta di riforma del fisco, che prevedrebbe un’unica aliquota del 15%, sui redditi personali. Un vecchio “cavallo di battaglia” che fu del Cavaliere, quello mai realizzato della riduzione delle aliquote e della semplificazione estrema del sistema fiscale. Solo che Berlusconi parlava di due aliquote, o al massimo di tre, rispetto alle cinque attualmente praticate (che vanno dal 23 al 43%). Ho il vago sospetto che la proposta di Salvini, irrealizzabile in queste condizioni, serva per “lisciare il pelo” ad artigiani e piccoli imprenditori, oppressi da un fisco di rapina eurodiretto, e per rastrellare voti fra gli elettori dell’ex pdl, oggi confusi e allo sbando. Proposta negativa perché va in direzione opposta alla giustizia fiscale (e sociale), giacché la progressività dell’imposta, l’esistenza di un certo numero di scaglioni e aliquote costituiscono garanzia di più equa ripartizione, fra le fasce di reddito, dei carichi fiscali. Infatti, trascurando per un attimo la “no tax area”, 1.500 euro hanno un elevato valore per chi ne guadagna 10.000 annui, sicuramente più dei 15.000 per chi guadagna 100.000, com’è facile intuire. La proposta dell’aliquota unica del 15%, fingendo che sia effettivamente praticabile, richiederebbe un’estensione dell’area di esenzione che garantisce un po’ di equità fiscale, ben oltre gli attuali 8.000 euro per i lavoratori, i 7.500 per i pensionati e i soli 4.800 per gli autonomi. Chi è seriamente intenzionato a combattere la dominazione fiscale di governi euroservi, sia pur con sistemi “democratici”, dovrebbe evitare simili proposte dall’effetto squisitamente elettoralistico e, all’opposto, mantenere la progressività dell’imposta sui redditi personali, ampliando la “no tax area” e diminuendo l’aliquota dei primi due scaglioni di reddito (23 e 27%) almeno di due punti percentuali.
Concludendo con un po’ di ironia popolaresca, non è tutto oro quello che luccica, così come non è tutta merda quella che puzza (con la notevole eccezione di Renzi). Matteo Salvini è un politico che predica bene – Basta euro! No alle sanzioni contro la Russia, Europa delle patrie e degli stati sovrani – ma qualche volta anche male – aliquota unica del 15%, campagna anti-clandestini eccessivamente dura, fuorviante, non troppo rispettosa dei diritti naturali dell’uomo.
Vedremo in futuro se il nostro, illuminato da diverse luci e oscurato da alcune ombre, razzolerà bene come quando predica cose sensate. Questa è la mia speranza.