Usa Vs Russia? Il punto è il controllo dell'Europa
di Luciano Fuschini - 05/01/2015
Fonte: Il Ribelle
L’ostilità americana verso la Russia post-sovietica è astiosa quanto quella che fu riservata all’URSS. La cosa può stupire, visto il desiderio dei dirigenti della nuova Russia di essere accolti a pieno titolo nel sistema occidentale.
Il fatto si spiega se consideriamo che l’ideologia è solo un pretesto per coprire le vere motivazioni profonde dei comportamenti nei rapporti politici e fra gli Stati. In realtà quello che l’Impero anglo-americano temeva non era il cosiddetto comunismo. Banchieri, monopolisti, vertici dei servizi segreti, cioè quelli che sanno e che contano, sapevano bene che un’economia rigidamente e burocraticamente pianificata non avrebbe retto il confronto con le dinamiche del Mercato occidentale. Il problema non era l’URSS comunista, il problema era il controllo dell’Europa e pertanto il timore che la Russia, sovietica o “democratica” che fosse, ne diventasse egemone nonostante l’inadeguatezza economica.
Impedire che una potenza unificasse l’Europa o comunque ne diventasse la forza-guida, è sempre stata la massima preoccupazione dell’Impero britannico. L’Europa, con le sue centinaia di milioni di abitanti, col suo alto reddito, col suo potenziale industriale e culturale, diventerebbe automaticamente la prima potenza mondiale se una delle nazioni che la costituiscono si ponesse alla testa di un moto rivoluzionario di unificazione continentale.
La Gran Bretagna durante il XVIII e XIX secolo ha combattuto tenacemente per mantenere l’Europa continentale divisa e in particolare per contrapporsi a una potenza che fosse in grado di prevalere sulle altre del continente. Così si spiegano le guerre del Settecento e quelle napoleoniche, in cui la Gran Bretagna ha condotto una lotta vincente contro le pretese egemoniche della Francia. Nell’Ottocento, quando anche la Russia zarista assunse un volto minaccioso per gli interessi inglesi, la Gran Bretagna non esitò, insieme alla Francia, ad unirsi all’Impero musulmano turco per impedire ai russi di penetrare nel Mediterraneo, e fu la guerra di Crimea (precedente inquietante alla luce dei fatti odierni). L’Inghilterra favorì anche il processo di unificazione d’Italia, mentre la Francia avrebbe voluto una penisola politicamente divisa in tre Stati, perché un’Italia unita e indipendente poteva fare da contrappeso alla Francia sul fianco meridionale del continente.
Dopo la guerra franco-prussiana e l’unificazione della Germania, il Reich di Berlino divenne il primo nemico di Sua Maestà Britannica, e furono due guerre mondiali.
Gli USA hanno ereditato questa stessa visione strategica dai cugini inglesi. Anche per gli inquilini della Casa Bianca la carta decisiva per il dominio mondiale è il controllo dell’Europa. Anche loro sanno che l’Europa deve restare divisa oppure gravitare attorno a una potenza comunque subordinata all’Impero anglosassone. Dopo la sconfitta della Germania nazista, l’ultima potenza che ha cercato di unire il continente con la forza delle armi e di un’ideologia che aveva trovato simpatie e collaborazioni nonostante la sua impronta etnica, il grande nemico, anch’esso fortemente armato e portatore di un’ideologia per molti attraente, diventava l’URSS. Per questo, per il timore che l’intero continente gravitasse nell’orbita sovietica e non per la minaccia comunista in sé, il confronto è stato durissimo per decenni, fino al collasso del più debole.
Da certi punti di vista, nonostante lo smembramento di quella che fu l’URSS, o forse proprio per questo, la nuova Russia è stata subito avvertita come una rinnovata minaccia. Una Russia più efficiente economicamente dopo aver adottato le regole del Mercato ed etnicamente più compatta, poteva aspirare ad attrarre nella sua orbita un’Europa dipendente dalle sue forniture energetiche. Un’Europa divisa in tanti Stati sarebbe stata debole di fronte alla Russia. Per l’Impero anglo-americano era preferibile un’Europa unita sotto l’egemonia di una Germania a sua volta sottoposta ai voleri di Washington.
Così tutto diventa assolutamente coerente: l’importanza del TTIP, il trattato che legherebbe indissolubilmente l’UE agli USA, le manovre tendenti a sganciare l’UE dalla dipendenza dalle fonti energetiche russe, il colpo di stato in Ucraina col coinvolgimento della Germania che farebbe di quel Paese una sua appendice economica, l’estensione della NATO sempre più a est.
Il comunismo non c’entrava, come non c’entra la polemica “democratica” contro “l’autoritarismo” russo. Quella è solo “ideologia come falsa coscienza”. Oggi come sempre la linea strategica dell’Impero marittimo anglo-americano è quella di tenere in pugno il continente europeo, per avere l’egemonia sul mondo intero. Il punto debole di questa strategia consiste proprio nell’essere ancorata al criterio della centralità europea. L’Europa, invasa da masse di migranti, invecchiata nella sua popolazione autoctona, presa dalla spirale di una crisi economica apparentemente senza soluzioni immediate, con una gioventù disorientata e sradicata, è in piena decadenza. Respingere la Russia verso la sua dimensione asiatica potrebbe essere controproducente, perché un blocco russo-cinese per le sue potenzialità militari, umane ed economiche rappresenterebbe un polo antagonista formidabile.
Tutto è molto chiaro, molto coerente, molto leggibile, ma anche tremendamente incerto negli esiti finali. “Tremendamente” perché proprio l’estrema vicinanza delle basi NATO ai confini russi fa balenare la tentazione del “primo colpo”, da una parte e dall’altra, e sarebbe un colpo nucleare. Questa è la scena che il teatro del mondo ci offre all’apertura del sipario sul 2015.