Declinismo
di Simone Torresani - 27/01/2015
Fonte: Il giornale del Ribelle
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Un sondaggio condotto dalla Università di Londra, per conto del governo britannico, forse sull' onda emozionale degli attentati e dei fatti di Parigi, avente come domanda: "come vedete il mondo nel futuro rispetto ad oggi?" ha dato il risultato -alto, forse, ma non troppo scontato- che il 72% del campione degli intervistati si sia espresso con un netto: "negativo" e solo il 5% ha risposto "positivo rispetto ad oggi".
Immediata la reazione e i commenti del mainstream mediatico: si tratta di "sindrome da declinismo"(?!?), di una condizione psicologica di massa, perché mai come ora siamo stati bene, con i progressi nella medicina, la tecnologia avanzata e l'Occidente migliore dei mondi possibili: la solita zuppa ormai immangiabile.
Dobbiamo dire che i "laudatores" del tempo antico esistevano anche nei secoli precedenti, il colloquio in Paradiso tra Dante Alighieri e il trisavolo Cacciaguida, con tutto l'elogio delle virtù della "Firenze antica", dove la donna "non avea catenella", si sprecano anche nella letteratura.
Ma attenzione: gli Alighieri di turno ponevano l'accento principalmente sui valori di un mondo perduto, oltretutto scritti in epoche dove i suddetti valori ancora erano forti e universalmente riconosciuti, i moderni invece più terra terra vedono le angosce esistenziali del futuro nelle guerre, nei califfati, nel terrorismo, nella disoccupazione, nella crisi economica, nel minor numero di quattrini in busta paga o in banca.
Si tratta di paure di perdite di beni materiali e della certezza di un mondo tranquillo e preconfezionato ma non, come in passato, di perdite di categorie dello spirito.
Sono paure figlie di un'epoca di materialismo e di consumismo crasso come quella che stiamo vivendo; ben altre erano le paure dell'uomo premoderno, preindustriale, paure concrete legate ad esempio al rapporto con la natura, quali i fulmini, la siccità, la grandine, la peste: basta leggere le giaculatorie delle "rogazioni dei campi" per rendersene conto: "A fulmine et tempestate, a fame et bello, libera nos Domine".
Si obietterà che "bellum" significa guerra. Certamente anche in passato c' erano le guerre, molte e molte più di oggi, tanto che i periodi di pace erano visti come intermezzi tra un conflitto e l'altro, ma la guerra era un malanno dal quale ci si poteva comunque difendere in una certa maniera, prendendo accorgimenti per riuscire a sfangarsela nei momenti peggiori se non si era soldati ma civili.
Si viveva alla giornata e si era contenti solo per il fatto di essere arrivati dall' alba al tramonto; lo vedete, voi, un villano del XVI secolo, ad esempio, davanti a uno stufato o un piatto di fagioli che diceva all' osteria ad un suo amico: "si stava meglio nel Quattrocento?"
D'altronde, in epoca preindustriale, la massa del volgo nemmeno aveva la concezione di vivere in un determinato secolo; solo gli orologi meccanici (fine XVI secolo) portarono, nel Seicento, la maggior parte delle persone (cioè non tutte) ad avere la consapevolezza di vivere in una determinata epoca e di rompere la concezione circolare del tempo, portandola a lineare.
A parte spiriti di letterati oppure individui di cervello fine come Alighieri, ben pochi, nei secoli passati, dicevano dunque la frase "ai miei tempi..”, stante appunto una concezione di tempo circolare e quindi statica ed immutabile.
Non vengano a dire i soloni del giornalismo omologatore e cantore del migliore dei mondi possibili che gli uomini, da sempre, hanno avuto il senso del "declinismo".
Il senso del declinismo in realtà è un vago sensus finis delle masse Occidentali, ancora molto nebuloso, informe, non definito, certamente materiale..ma, per lo meno, qualcosa nel profondo che le cose non vanno come i pifferai di Hamelin avevano promesso, almeno c' è.
Il problema è che la concezione lineare del tempo non spinge questi declinisti moderni a scavare prima di tutto dentro sé stessi, per capire le cause principali del malessere.
Altro che paura dei califfati: una volta c' erano i pirati barbareschi, che non raccoglievano di certo i fiori sulle coste, eppure gli Stati dell'epoca, tutt' altra cosa rispetto alle ombre odierne, riuscirono ad eliminarli e altro che guerre: una volta le guerre erano in casa, eppure nessuno diceva.."ah, come si stava bene nel Duecento.."