Facebook: un sistema per piantarci nella testa molti semi di idee altrui
di Guido Mastrobuono - 10/03/2015
Fonte: Arianna editrice
Apriamo Facebook e scorriamo le notizie che il sito ci mette davanti: non si tratta delle ultime notizie ed, in fondo, non si tratta nemmeno delle notizie più interessanti.
Solo pochi stregoni riescono ad aver ragione del proprio profilo per controllare ciò che scorre davanti ai loro occhi.
In ogni caso, si tratta solo di un istante: le notizie, dopo poco, riprendono a scorrere nell’ordine deciso da Zuckenberg e compagni.
Parliamo di Mark Elliot Zuckerberg, nato a White Plains il 14 maggio 1984: quello che, di professione fa l’informatico ed è conosciuto per essere uno dei cinque fondatori del social network Facebook.
Si parla di quel Zuckerberg che, dal 2013 è presidente e amministratore delegato di Facebook ed ha raccolto un patrimonio personale stimato pari a 33,4 miliardi di dollari, facendo di lui il 17° uomo più ricco del mondo.
Proprio quello che, in qualità di fondatore di Facebook, riceve uno stipendio simbolico di 1 dollaro.
Il mondo di Facebook è straordinariamente tranquillizzante: molti amici sono sempre d’accordo con le nostre idee; alcuni nemici insistono, con sfacciata e prevedibile cocciutaggine, nel postare notizie che meritano sdegno; in molti casi, l’infamia dei nemici è segnalata da amici già arrabbiati.
Là fuori, è proprio un brutto mondo. Per fortuna, le nostre cerchie rimangono popolate da gente per bene.
Non è così.
Non è vero.
Lo sappiamo tutti.
Il mondo fuori è diverso da quello proposto da Facebook: è più complesso. Soprattutto è più faticoso da comprendere e da gestire.
La ragione di questa difficoltà è stata spiegata da Daniel Kahneman, classe 1934, ebreo, psicologo cognitivo, premio Nobel per l’Economia nel 2002 «per avere integrato risultati della ricerca psicologica nella scienza economica, specialmente in merito al giudizio umano e alla teoria delle decisioni in condizioni d'incertezza».
Kahneman ha osservato che, nella nostra testa, è come se girassero contemporaneamente due sistemi operativi da lui chiamati “sistema 1” e “sistema 2” il cui scopo comune è quello di permetterci di percepire quanto accade attorno a noi.
Il sistema 1 svolge spensieratamente un’enorme quantità di lavoro. Lo fa senza fatica: noi nemmeno ce ne accorgiamo. Si guarda attorno. Vede tutto ciò che accade. Scarta ciò che non comprende. Archivia ciò che riconosce in casellari già presenti nella nostra testa.
Noi conosciamo una grande quantità di situazioni, sappiamo che alcune sono piacevoli, altre pericolose, altre interessanti e così via. Ognuna di queste situazioni è caratterizzata da una lunga serie di eventi.
L’”allegro” sistema 1, dopo aver registrato nel nostro inconscio due o tre cose, quando riesce a trovare posto per loro in uno di questi modelli, le registra, restituisce una emozione e attiva un comportamento che, in precedenza, si è rilevato adatto alla situazione.
Questo sistema è efficiente perché non aspetta di avere tutte le informazioni, non le schematizza, non le combina, né le analizza. Se non sa cosa sia una cosa, il sistema 1 semplicemente se ne frega e vive felice.
Incidentalmente tiene in vita anche noi. Ci permette di raggiungere incolumi l’altro lato della strada, ci fa uscire da un bar troppo malfamato, ci impedisce di ordinare polpette di topo nelle tavole calde del centro.
Forse, il limite principale dell’allegro sistema 1 sta nella difficoltà di aumentare ciò che conosce. Esso non può elaborare nuovi modelli. Può solamente assorbire idee già pronte raccontate da altri ed, in quel caso, come un bambino diligente, il sistema 1 “crede a papà” senza alcuna riserva.
Nel mondo del sistema 1 non esistono sfumature, evoluzione o imprecisioni: esistono il vero ed il falso. Quando diamo la nostra fiducia ad un maestro che ci dice che “i comunisti mangiano i bambini”, il sistema 1 immagazzina l’informazione e fa sì che noi, quando vediamo un bambino lievemente rosicchiato, pensiamo subito ad un comunista. Per lo stesso motivo, quando vediamo un comunista, pensiamo a come proteggere i nostri figli.
Per arrovellarsi in infiniti dubbi e immergersi in profonde curiosità esiste invece il sistema 2: “il pignolo” sistema 2.
Esso, quando funziona, è soprattutto conscio delle lacune nelle sue informazioni. Il “pignolo” sa di non sapere ed è curioso di scoprire il mondo. Si perde nei particolari e cerca di comprenderne i meccanismi. Traccia teorie a partire da noiose serie di dati e le verifica sulla base di dati più ampi.
Il sistema 2 è egoista ed accentratore, quando entra in funzione assorbe tutte le risorse del nostro cervello, lasciando a secco persino il sistema 1. Quando lavora lui, lavora solo lui.
D’altro canto, è anche vero che solo il sistema 2 ci permette di scoprire le cose, di crescere, di percorrere strade nuove e di cambiare idea. Se si usa il sistema 2, pensare ci stanca. Però ci rende liberi, ci permette di stupirci, di scoprire e di creare.
Il sistema “pignolo” agisce, l’”allegro” reagisce, il “pignolo” dubita, l’”allegro”crede, il “pignolo” pensa e si stanca, l’”allegro” macina azioni e non si preoccupa.
L’”allegro” è furbo: è così furbo che, quando c’è da fare troppa fatica, quando non trova un modello applicabile o quando il modello corrisponde ad una situazione di pericolo, mette al lavoro il “pignolo” (e intelligente) sistema 2.
E cosa c’entra Facebook?
Il mondo di facebook è tranquillizzante e noto. Tutti dicono cose di cui noi abbiamo già verificato l’attendibilità. Nessuno ci contraddice.
Sembra proprio un mondo costruito apposta per fare in modo che il “pignolo” sistema 2 non entri mai in campo.
La nostra bacheca, dopo un po’, viene registrata dal sistema 1 come luogo sicuro dove tutto è attendibile. Il sistema 1 si mette quindi a registrare inconsciamente informazioni che costituiranno schemi da noi automaticamente considerati affidabili.
Nel frattempo, il “pignolo” inizia a russare.
Quando una notizia turba la nostra pace interiore l’”allegro” sistema 1, semplicemente, la salta: troppa fatica a leggere quei piccoli caratteri: troppi passaggi per aprire gli articoli. La grossa foto ed il titolo hanno già dato tutte le informazioni che noi volevamo ricordare.
Il resto è noia. Il resto è fatica. Il resto non ci interessa.
Di svegliare il pignolo non se ne parla! In fondo Facebook è una realtà virtuale dove non si corrono “veri” rischi.
Queste considerazioni generano due conclusioni.
La prima è che Facebook è uno spazio utile per guardare le foto dei nostri nipotini.
Non scopriremo mai nulla su Facebook in quanto la parte della nostra mente capace di vedere ciò che non conosce è volutamente tenuta in stato di torpore.
La seconda è che noi tutti, andando su Facebook veniamo rimpinzati di idee che non sono nostre.
Basta trasmettere una serie di informazioni molto coerenti con le idee dell’utente e, dopo un po’, inserire un’idea nuova.
Tutto deve venire con delicatezza, magari grazie ad un amico già fecondato.
Il sistema 1 la assorbirà come “idea credibile” in quanto proveniente da un ambito sicuro ed essa potrà germogliare nella nostra testa come se fosse un seme.
Detta idea spunterà poco a poco e noi la scambieremo per nostra.
Piano piano, incominceremo a cliccare “mi piace” sugli articoli che confermano detta idea. Essi aumenteranno e noi confonderemo la frequenza di un’idea con la sua verità.
E tutto ciò avverrà senza che la raccolta di un solo dato di fatto su cui detta “verità” sia basata. Si dice infatti che la voce del popolo sia la voce di Dio. Ma forse Dio non è d’accordo.
Si è parlato di semi: ma forse avremo dovuto parlare di virus.
E’ possibile ora distinguere le idee che sono nostre da quelle che non lo sono?
Sì: basta chiamare il “pignolo” sistema 2. Però sarà una faticaccia che solo in pochi vorranno affrontare.
Ecco quindi che lo stipendio da un dollaro è guadagnato da Zuckenberg facendo l’informatico: i 33 miliardi di dollari potrebbero essere stati invece ottenuti seminando idee nella testa della gente.
Non si tratta di un reato: si chiama pubblicità.
Però... forse... le foto dei nipoti, era meglio guardarle su carta!