Contro la Junk Generation
di Lorenzo Pennacchi - 17/03/2015
Fonte: L'intellettuale dissidente
Ogni periodo storico ha la sua generazione. Non che tutte le persone degli anni ’60 fossero hippies o tantomeno che tutti i ragazzi degli anni ’80 fossero yuppies, ma, di sicuro, ogni decennio-ventennio ha i suoi miti, i suoi stili e le sue mode, seguiti dalla gran parte di chi ci cresce, ovvero i giovani, i quali vengono plasmati da ciò che li circonda. Così ogni generazione assume dei caratteri specifici, che sono espressione della società nella quale si forma.
Se si dovesse definire con una parola la generazione odierna, questa sicuramente sarebbejunk, “spazzatura”. La gioventù del nuovo millennio è circondata dall’immondizia, ma non sembra preoccuparsene, anzi ci fonda la propria esistenza. Ogni fase della vita di un adolescente medio infatti è sinonimo di spazzatura. L’esempio più lampante è rappresentato dal cibo che consuma quotidianamente nei fast food, chiaro esempio dijunk food, in quanto scadenti, pericolosi per se stessi e dannosi per l’intero Pianeta. In questo senso, i McDonald’s sono un vero e proprio simbolo della gioventù attuale: posti dove si mangia male e non si fa niente di interessante, ma all’interno dei quali migliaia di ragazzi trascorrono ore della propria vita nell’apatia totale. Oltre al cibo, però, pensiamo alla televisione, strumento di comunicazione di massa per eccellenza. Inutile dire come questo mezzo sia degradato nella sua totalità, non solamente verso i giovani. Tuttavia, è significativo sottolineare come la rete televisiva più seguita dai ragazzi, mtv, non sia altro che un calderone di sesso, feste ed inviti al consumismo, come se la vita degli adolescenti si fondasse su questi elementi. La verità, purtroppo, è proprio questa.
Perché, al di là dei casi specifici di spazzatura (la lista potrebbe continuare con la musica, i libri e le attività seguite dalla massa della gioventù odierna), è l’atteggiamento di base ad essere junk, caratterizzato dal totale disinteresse per la cosa pubblica e la mancanza di ideali nella propria vita, due elementi da concepire come strettamente connessi. Questo perché, gli ideali spesso ci sono, ma non sono altro che espressione della cultura dominante, competitiva e progressista, in una parola: individualista. I giovani del ventunesimo secolo sono apolitici, nel senso più ampio del termine. Insomma, al contrario di quello che sosteneva Aristotele, non sono più animali sociali, ma del tutto indifferenti a ciò che li circonda ed unicamente interessati a ciò che li riguarda. Forse, molte altre generazioni sono state così, ma quello che caratterizza la junk generation è che quest’alienazione dalla vita pubblica è (quasi) totale, complice anche l’onnipresente tecnologia, divenuta oramai un fine e non più un mezzo. Si nasce con l’i-pad esi cresce con l’i-phone: su questo binomio i giovani del duemila si (s)formano. Questi oggetti, non vengono usati per qualcosa, ma a forza di utilizzarli in continuazione li si fa diventarequalcuno. Ovviamente, in linea con i dettami dell’iper-consumo, appena esce la nuova versione dello stesso attrezzo, il precedente viene buttato e si fanno anche due giorni di fila per spendere diverse centinaia di euro. Un atteggiamento decisamente junk, legato al fenomeno dell’obsolescenza programmata, altro fattore decisamente ignorato oggi.
Tornando però alla questione della tecnica, così come verrebbe identificata da Heidegger, vera e propria caratteristica del nuovo millennio e quindi della nascente generazione, sono significative le parole di Massimo Fini, nel suo libro Il ribelle: «[la tecnica] ha creato un meccanismo che, invertendo le posizioni, ha subordinato l’uomo a sé e alle proprie esigenze e procedure astratta e anonime, appiattendolo, massificandolo, omologandolo, togliendogli identità e soggettività, attaccandone i nuclei costitutivi, indebolendolo e rendendolo sempre più incapace di opporsi al mostro che lo sta divorando lentamente come il serpente che inghiotte il coniglio». La tecnologia è, infatti, un vero e proprio mostro, non tanto in sé, ma soprattutto nell’uso che l’essere umano ne fa. Tra gli usi più sbagliati c’è quello di considerarla come una vera e propria seconda natura, da cui è impossibile dissociarsi, anche solo per un giorno. I giovani incarnano alla perfezione questa visione, essendo sempre attaccati alla schermo (quasi sempre del proprio telefonino), chattando e, cosa più grave, discutendo attorno a tutto per comunicarsi tra di loro il niente. Di fatto, il circolo vizioso della junk generation si risolve proprio nell’assenza di orizzonti di senso, nelle quotidiane perdite di tempo e nel nichilismo esistenziale di un mondo senza ideali.
Ma, in questo scenario degradante, non tutti hanno smesso di credere in qualcosa, anche perché, sennò, tutto sarebbe irreversibile e non avrebbe senso scrivere articoli del genere. Ci sono (centinaia di) ragazzi che non si accontentano di avere il cellulare nuovo o di passare le proprie serata in discoteca, ma vogliono essere parte di una comunità e portatori di valori. Giovani che dedicano gran parte del proprio tempo ad ideali nobili in vista di un bene comune. Non si farà qui la lista dei vari movimenti giovanili attivi in questo senso, perché sarebbe sinonimo di propaganda, mentre si vuole semplicemente informare. Starà al lettore documentarsi e semmai sostenere le diverse iniziative dal basso. In conclusione, citando ancora Massimo Fini: «Bisogna cercare di riportare l’uomo al centro di se stesso». Ebbene, in contrapposizione ad una società in preda al cretinismo economico e dominata dalla tecnologia, c’è una gioventù, anche oggi, che lo sta cercando di fare, non solamente riprendendo il controllo di se stessa, ma riconoscendosi come parte attiva della comunità umana e naturale di cui fa parte. La Natura contro l’immondizia.