Il regime renziano cerca di occultare il suo fallimento dietro la retorica del 25 Aprile
di Luciano Lago - 29/04/2015
Fonte: controinformazione
Come avviene ormai da molti anni, la data del 25 Aprile viene segnata da una abituale valanga di retorica, di celebrazioni e rievocazioni ufficiali, altisonanti moniti dei responsabili delle istituzioni, dal neo presidente Mattarella ( successore di Napolitano) alla “impagabile” presidente della Camera Laura Boldrini, al presidente del Senato, Pietro Grasso.
Questa volta però il regime repubblicano non riesce a nascondere, sotto la coperta della retorica dei suoi anniversari, il suo lascito disastroso per aver ridotto l’Italia, pur senza una guerra persa, come era avvenuto nel 1945, in una nazione in bancarotta, impoverita e affossata in una profonda crisi economica, un paese privo di qualsiasi sovranità, di fatto divenuto una colonia subordinata alle grandi centrali finanziarie ed alla egemonia di Washington.
La favola storica dei “liberatori” non regge più, visto che sono loro, gli “esportatori di democrazia”, quelli che hanno seminato il caos in giro per il mondo con tutte le loro guerre per affermare i loro interessi egemonici , sono quelli che dirigono tutte le scelte della politica estera di questo paese, con l’ingombrante presenza delle 113 basi statunitensi sulla penisola, dalle sanzioni alla Russia alla partecipazione alle guerre della NATO, anche quando queste sono vistosamente contro gli interessi nazionali (vedi Libia).
La classe politica dei servitori di interessi esterni cerca di celare in modo goffo questa realtà che i vari discorsi ufficiali e le rievocazioni non riescono più ad occultare e che viene ormai percepita da una buona parte dell’opinione pubblica nazionale, quella più critica e non ancora omologata al pensiero unico.
La narrazione storica fatta dai vincitori , quella della “resistenza che caccia la dittatura nazi-fascista” dall’Italia ed accoglie festosamente i “liberatori”, oggi non regge più a qualsiasi analisi storica. Risulta appurato il ruolo storico dei componenti del CLN finanziati dalle Banche anglosassoni per rovesciare il regime fascista e portare l’Italia nell’orbita del protettorato/colonia anglo americano. Non per nulla, contigue al CLN, vi furono alcune figure del mondo della finanza di allora, come Raffaele Mattioli (ex amministratore COMIT), o come Alfredo Pizzoni (Credito Italiano)che svolgevano il ruolo di “trade union” con gli ambienti finanziari anglosassoni per far ottenere il finanziamento degli alleati e delle grandi banche al CLN nella sua lotta clandestina, negli anni della guerra civile contro le autorità fasciste della RSI che governavano nel Nord Italia (assieme ai tedeschi) e che avevano socializzato le imprese, suscitando l’ira dei detentori del grande capitale.
Per non parlare degli agenti della Russia di Stalin (come Palmiro Togliatti) che operavano per stabilire in Italia una “dittatura del proletariato”, questione alquanto diversa dalla favola dei “difensori della libertà” propinata dalla propaganda storica allineata.
La descrizione del “male assoluto” fatta di un periodo storico (il ventennio fascista) che comunque segnò un epoca di riforme sociali (previdenza sociale, assicurazione infortuni estesa a tutti, TFR per i lavoratori, assistenza sanitaria per le famiglie, ecc.), oltre ad un periodo di grandi opere pubbliche (fatte in avanzo di bilancio) che neppure in 70 anni di democrazia è stato eguagliato, non regge di fronte ad una analisi critica, a prescindere dagli aspetti negativi o positivi di tale periodo storico.
Al contrario di quanto fatto in quell’epoca storica, che di fatto continuò nel dopoguerra, sotto il regime democristiano, con le lotte sociali e sindacali per allargare e consolidare quei diritti, nella vigenza dei governi democratici della seconda Repubblica, in ossequio alle direttive dettate dalle centrali finanziarie, si è proceduto a smantellare tutta l’architrave dei diritti sociali e del lavoro acquisiti dall’epoca del fascismo fino agli ai primi anni ’70 con la cancellazione di fatto dello Statuto dei Lavoratori, sostituito dal “Jobs Act”, e, nell’ambito previdenziale, con la legge Fornero per delimitare il sistema pensionistico.
Non contento, il governo Renzi, che segue i governi Letta e Monti, procede con la privatizzazione di tutti i servizi pubblici, come richiesto da Bruxelles e da Francoforte, in ossequio alle direttive centrali finanziarie sovranazionali. Le parole d’ordine attuali dei governi Renzi/Letta/Monti sono quelle di privatizzare, ridurre la spesa pubblica sociale (previdenza ed assistenza), allinearsi ai mercati ed omologare l’Italia ai paesi extra europei, favorendo gli investimenti esteri e la conseguente colonizzazione economica.
La classe politica della Repubblica è riuscita fra l’altro a smantellare quel sistema di partecipazioni pubbliche industriali, l’IRI, che era stato creato in epoca fascista e che nel dopoguerra aveva fatto grande l’industria italiana, che aveva permesso all’Italia di raggiungere dei primati internazionali nei vari settori dalla chimica alla metalmeccanica, agli acciai speciali, all’aeronautica, ecc.. La stessa classe politica, quella degli Amato, dei Ciampi, degli Andreatta, dei Prodi e dei D’Alema, è quella che ha privatizzato la Banca d’Italia e svenduto le più importanti imprese pubbliche italiane con il pretesto di ridurre il debito pubblico, in realtà per ottemperare alle disposizioni dettate loro dalla City di Londra, da Wall Street e dagli organismi finanziari internazionali che reggono le fila delle politiche economiche del nostro paese asservito ai loro interessi. Vedi: Nino Galloni: Come ci hanno deindustrializzato
Come se questo non bastasse, il paese così affossato assiste oggi passivamente anche all’invasione dall’Africa e dal Medio Oriente da dove, proprio da quei paesi dissestati dalle guerre neocoloniali dei “liberatori”, arrivano masse di migranti e profughi che saranno la nuova mano d’opera di riserva per le multinazionali e per le mafie che infestano la penisola, ricevendo assistenza ed alloggio che viene invece negato ai tanti cittadini italiani in difficoltà economica, impoveriti e senza lavoro.
Un piano preciso questo per arrivare all’africanizzazione dell’Italia ed alla perdita dell’identità del paese, per distruggerne la cultura e la coscienza nazionale, un progetto pianificato e voluto dai grandi detentori del potere mondialista che da tempo hanno creato il laboratorio della distruzione di questo paese. Vedi: l’immigrazione di massa come arma letale del mondialismo
Niente avviene per caso e questo si comprende anche dall’incitamento alla politica dell’accoglienza che proviene anche dai grandi media anglosassoni come il New York Times ed i Washington Post che sostengono la necessità per l’Europa “di favorire l’accoglienza di masse di migranti e legalizzarli”, in un evidente disegno globalizzante favorito dai grandi banchieri e finanzieri internazionali.
Questo piano viene sostenuto in Italia dal coro degli opinionisti prezzolati dei grandi media (TV e giornali) e dei politici dell’area di governo (con l’avallo del Papa Francesco) che conclamano la necessità di accogliere tutti e creare una nuova società multiculturale che viene spacciata come “destino ineluttabile e fattore di progresso”. Accogliere tutti nell’ottica di sradicare identità e culture, omologare la popolazione e ridurla ad una massa di consumatori e di nuovi cittadini base di mano d’opera e di consenso per i partiti che sostengono gli interessi del grande capitale e dei mercati.
Questo il risultato finale che, guarda caso, trova le sue radici storiche in quell’avvenimento del 25 Aprile di 70 anni fa, quando l’Italia divenne preda dei “liberatori” del grande capitale sovranazionale. Ne vediamo oggi gli effetti.
Nella foto in alto: i rappresentanti politici ed i vecchi ex partigiani si auto applaudono alla Camera