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Non si sfugge alla pubblicità

di Giovanni Fez - 12/05/2015

Fonte: Il Cambiamento


Lo sapevate che a Seul tutte le volte che un autobus passa davanti a un Caffè Dunkin’ Donuts parte un aromatizzatore che spruzza profumo di ciambelle tra i passeggeri? E l’uomo che l’ha inventato ha anche preso un premio. È uno degli esempi di indottrinamento e manipolazione pubblicitaria descritti nel libro di Matthew Crawford, The World Beyond Your Head.



Vignetta di Sandro Bessi

Crawford, nel suo libro The World Beyond Your Head, alla fine arriva a concludere che si tratta di un problema politico. Non c’è in ballo soltanto il dover imparare ad auto-disciplinarsi nell’uso di una tecnologia che ci offre miliardi di stimoli contemporeaneamente; il fatto è che dai produttori di smartphone ai creatori di social network, dai media alle multinazionali, tutti approfittano della nostra sempre più limitata capacità di difenderci da tutti questi stimoli e lo fanno per ammaliarci e trarne profitto da questo.

Crawford suggerisce di considerare l’attenzione una sorta di “bene comune”, come si fa con l’aria che respiriamo o l’acqua che beviamo; sono un patrimonio collettivo e sono beni “fragili”, che vanno protetti. Perchè dunque non pensare che anche l’attenzione lo sia? Una risorsa collettiva dalla quale dipende tutto il resto. Molto lucida in proposito l’analisi sul libro di Crawford che il giornalista inglese Oliver Burkeman ha fatto sul Guardian. Appuntatevi bene questo ragionamento: quando gli interessi commerciali sfruttano la nostra attenzione su scala industriale, ciò che accade è essenzialmente il trasferimento di un bene dal pubblico al privato, non meno di quando vengono immessi contaminanti ambientali in una riserva naturale che è stata fatta oggetto di trivellazioni o sfruttamento da parte di privati. Ci si può difendere dalle incursioni, certo, ma a che prezzo? Rifugiandosi su una montagna o indossando cuffie a prova di sonoro tutti i giorni? Chiudendosi in casa o evitando i luoghi pubblici? Dobbiamo auto-relegarci e auto-limitarci per sottrarci a un’usurpazione? Dove sono finite le situazioni in cui lo sguardo spaziava senza meta, magari cadeva su un conoscente, ti ci fermavi a fare due chiacchiere, poi proseguivi il giro e magari te ne stavi anche in silenzio a pensare? Oggi, per esempio negli areoporti, hai il silenzio solo se lo paghi. Vai nella sala d’attesa della business class e non hai la televisione che va costantemente o i display pubblicitari che ti stordiscono. In un mondo in cui l’attenzione è stata monetizzata, bisogna pagare se vuoi essere messo nelle condizioni di ascoltare i tuoi pensieri. E a cosa pensano le persone che attendono in business class? Probabilmente pensano a come monetizzare l’attenzione di altre persone. È lì, nelle alte sfere, che vengono prese le decisioni che determinano ciò che accadrà ai peones. Quindi, dice Crawford, dobbiamo cominciare a vedere tutto ciò sotto una luce “politica”.

Proviamo a pensare alle implicazioni che questo ha sulla libertà degli esseri umani. Un assunto centrale del liberismo è che siamo liberi di ignorare i messaggi che non ci piacciono, sottolinea ancora Burkeman con grande acume; ecco perchè la libertà di parola concepisce il diritto a offendere ma non ad essere offesi. Ma l’attenzione non funziona così. Il nostro cervello viene “comandato” da ciò che vede in tv più che limitarsi a recepire un suggerimento. Come spiega bene Natasha Dow Schull nel suo studio sul gioco d’azzardo, Addiction By Design, quell’industria si giustifica e si lava la coscienza dicendo che la gente è libera di giocare o no, mentre invece tutto il sistema è fatto in modo da scippare alla gente l’effettiva opportunità di scelta. Quello che fa Crawford, realisticamente, non è invocare misure draconiane contro la pubblicità. Ma lancia un appello affinché i professionisti non si prestino a fiancheggiare queste manipolazioni.

Quindi niente pubblicità vocali ad ogni angolo dei centri commerciali; no ad infarcire di pubblicità ogni singolo secondo di stop negli incontri sportivi; sia concesso ai poveri peones di sottrarsi alla televisione almeno sui bus o nei taxi; eccetera, eccetera.

Provate anche voi: analizzate che cosa ingoia la vostra attenzione da quando vi svegliate la mattina a quando vi addormentate la sera. Poi provate ad allenarvi a distoglierla da lì.

Grazie di cuore a Oliver Burkeman (mente lucida, di quelle che portano un po’ di conforto) e a Matthew Crawford per il suo lavoro.

 

 

 

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