Sul reddito di cittadinanza
di Enrico Caprara - 16/06/2015
Fonte: Il giornale del Ribelle
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In uno dei miei sporadici e piuttosto casuali contatti con l'informazione politica, vedo che Renzi ha definito il reddito di cittadinanza "roba da furbi". Questo viene a breve seguito, mi pare, di un'altra presa di posizione contraria da parte della Chiesa Cattolica. Era del resto ampiamente prevedibile. Una questione come quella del reddito di cittadinanza ha implicazioni profondissime, in particolare nella determinazione dei rapporti sociali. Non è il fatto di risorse finanziarie che ci siano o non ci siano, queste sono bazzecole. Con un reddito minimo generalizzato viene meno la condizione di bisogno assoluto, e la possibilità per una parte sociale - gli sfruttatori - di profittarne. Ovvio che si costituisca di fatto una grande alleanza negatoria, che va dagli sfruttatori "democratici" ai "pii sfruttatori" sino naturalmente agli sfruttatori neoliberisti.
Vediamo di mettere un po' a fuoco in che modo si determinano, oggi, i rapporti sociali. I rapporti sociali non sono altro che i rapporti tra le persone, i rapporti personali nell'ambito della società. È il fatto che uno dica a un altro: fai così e così - e quello lo fa. O che addirittura uno vada da un altro e gli dica: dimmi cosa vuoi che faccia e lo farò. I rapporti sociali sono allo stato attuale determinati pressoché completamente dal denaro. Qui bisogna fare molta attenzione. Si è portati facilmente a vedere le possibilità date dal denaro solo nell'aspetto diciamo così positivo: la possibilità (di avere, di ordinare...) originata dalla disponibilità di denaro. Ma in effetti la possibilità è data sempre dalla concomitanza di aspetto positivo e aspetto negativo: disponibilità di denaro contro bisogno di denaro. Se voglio che qualcuno venga a pulire il mio gabinetto non mi basterebbe di per sé avere una grande disponibilità di denaro: se tutti abbiamo una certa disponibilità non verrà nessuno. Con un reddito minimo e senza bisogno assoluto potrebbe non trovarsi più chi vada a pulire i gabinetti di politici, burocrati, imprenditori e prelati.
Dette queste cose, preciserei che personalmente ho una considerazione positiva del reddito di cittadinanza in prospettiva contingente, ma niente affatto in prospettiva assoluta. Nella contingenza il reddito minimo garantito avrebbe un certo senso di giustizia. Questa civiltà ha provveduto a toglierci le possibilità di procurarci autonomamente, nella natura e col proprio lavoro, il nostro fabbisogno economico. Una disponibilità monetaria concessa costituirebbe una forma di compensazione.
In prospettiva assoluta, invece, il reddito di cittadinanza non può che vedersi come un portato della civiltà industriale, una distribuzione della produzione industriale massiva. Avrebbe cioè il proprio fondamento, in definitiva, nell'inumanità e nei guasti della civiltà industriale.
Col reddito di cittadinanza come viatico, io vedo il passaggio alla positività compiuta delle comunità locali di autoproduzione e autoconsumo, all'integrità umana dell'essere direttamente partecipi nella necessaria produzione economica, senza l'intermediazione subdola e violenta del denaro.