Oxi!
di Jacques Sapir - 07/07/2015
Fonte: Aurora sito
La vittoria del “no” al referendum è un evento storico, una svolta. Nonostante le molte pressioni a votare “sì” da media greci e capi dell’Unione europea, nonostante l’organizzazione da parte della BCE del panico bancario, il popolo greco ha parlato, facendo sentire la sua voce contro le menzogne diffuse continuamente sulla situazione in Grecia, nelle ultime settimane. Abbiamo qui un pensiero per quei cronisti che volutamente mascheravano la realtà facendo credere un legame tra Syriza ed Alba Dorata. Queste bugie non ci sorprendono, ma non si dimenticano. Il popolo ha fatto sentire la sua voce con forza insolita, dato che al contrario di quanto i sondaggi facevano credere, agli exit poll la vittoria del “No” aveva un ampio margine, quasi il 60%. Ciò rafforza ovviamente il governo di Alexis Tsipras e deve far riflettere i suoi interlocutori. Vedremo cosa accadrà, ma va detto subito che le reazioni di Martin Schulz del Parlamento europeo e Jean-Claude Juncker della Commissione [1] o di Sigmar Gabriel, ministro dell’Economia o dell’SPD alleato di Merkel in Germania [2], lasciano poco spazio all’ottimismo. La vittoria del “No”, e questo è ovvio, ha anche particolare risonanza in Francia quasi dieci anni dopo l’altra vittoria del “No” nel nostro Paese (e nei Paesi Bassi). Allora, nel 2005, si trattò del progetto di trattato costituzionale europeo, respinto nel nostro Paese con oltre il 54% dei voti. Ancora una volta la campagna mediatica dei sostenitori del “sì” aveva passato tutte le misure e superato i limiti. I sostenitori del “no” furono sepolti da insulti e minacce [3] ma resistettero. Da quel momento il divorzio, sempre più ampio, tra francesi e casta mediatica, si legge sulle statistiche del declino della stampa “ufficiale” e dall’esplosione dei blog come questo. Il voto ha segnato la significativa differenza tra ciò che pensano gli elettori della classe operaia e quelli delle classi superiori [4]. Fu chiamata “vittoria della plebe sui bobos” [5]. Sembra che si assista a un fenomeno simile in Grecia, dato che se la periferia elegante di Atene ha votato “Sì” per oltre l’80%, in modo inversamente proporzionale il “No” ha prevalso nei quartieri popolari. Il “no” greco è un’eco diretta di quello francese. Eppure, dopo varie manovre, un testo quasi simile, il “Trattato di Lisbona”, fu adottato a “congresso” un paio di anni dopo grazie all’alleanza senza scrupoli tra UMP e PS. Da lì risale certamente la frattura tra élite politiche e dei media ed elettori. Tale negazione della democrazia, questo furto del voto sovrano, è una ferita profonda per molti francesi. La vittoria del “No” greco risveglia quell’incidente e potrebbe spingere gli elettori a rendere conto di un passato che non passa proprio.Il significato del “No”
Ma va capito il significato profondo di questo “No”, in opposizione al comportamento assai antidemocratico dei capi di Eurogruppo, Commissione europea e Parlamento europeo, screditando soggetti come Jean-Claude Juncker, Dijssenbloem o Martin Schulz, Presidente del Parlamento europeo. Si oppone soprattutto alla logica seguita dal 27 giugno quando Dijssenbloem, presidente dell’Eurogruppo, decise di escludere Varoufakis, ministro delle Finanze greco, dal vertice. Tale gesto incredibile significò escludere la Grecia dalla zona euro. Dobbiamo sottolineare la passività sorprendente del ministro francese Michel Sapin. Accettando di rimanervi fu complice dell’abuso di Dijssenbloem. Anche se il governo francese dice ora che vuole che la Grecia rimanga nella zona euro, il comportamento di uno dei suoi membri di spicco, vicino al Presidente della Repubblica, se non smentisce mette in dubbio la realtà di tale impegno. Il governo greco non poteva non prenderne nota. In realtà, fummo esclusi da una battaglia in cui la Germania, direttamente o indirettamente, ha in gran parte ispirato le posizioni europee. Il fatto che la BCE nella settimana del 28 giugno – 5 luglio ha presieduto lo strangolamento finanziario delle banche greche, provocando un’emozione molto comprensibile nelle persone, è la prova che le istituzioni europee non intendono proseguire i negoziati con Alexis Tsipras ma cercarne le dimissioni o il rovesciamento con quei congressi fantoccio possibili con un sistema parlamentare come quello greco. Il referendum è stato anche un tentativo di opporsi a tali manovre. La vittoria del “no” garantisce che, per un certo tempo, il governo Tsipras sia immune a tali tentativi.
E’ possibile la ripresa dei negoziati?
Ma ciò non significa che i negoziati sulla questione del debito greco, necessarie e giustificate come ricordato da un rapporto del FMI [6] pubblicato opportunamente nonostante i tentativi d’insabbiarlo da parte dell’Eurogruppo, riprenderanno. Tutti gli economisti che hanno lavorato al problema, personaggi illustri come Paul Krugman e Joseph Stiglitz (premio Nobel), esperti internazionali come James Galbraith e Thomas Piketty, hanno spiegato per settimane che senza la ristrutturazione del debito accompagnato dalla cancellazione di una porzione di esso, la Grecia non potrà riprendere il cammino della crescita. Sarebbe quindi logico concedere alla Grecia ciò che fu concesso nel 1953 alla Germania. Ma dobbiamo agire in fretta, probabilmente entro 48 ore, e non è detto che le istituzioni europee, che hanno cercato di impedire la pubblicazione del rapporto del Fondo monetario internazionale, siano d’accordo. La dichiarazione di Martin Schulz, presidente del Parlamento europeo, o di Sigmar Gabriel secondo cui i ponti sono rotti, non fa ben sperare. La decisione di Yannis Varoufakis di dimettersi da ministro delle Finanze ha sorpreso molti. E’ infatti uno dei grandi vincitori del referendum, ma questa decisione è abbastanza logica. La sua sostituzione con Euclide Tsakalotos va al di là della semplice concessione tattica ai “creditori”. Così, quindo, anche per questo Varoufakis s’è dimesso [7], ma il nuovo ministro potrebbe anche indicare l’arrivo di un uomo più deciso alla rottura. Tsakalotos non nasconde di essere un “euroscettico”. S’è visto a Bruxelles che in realtà Varoufakis era appassionatamente dedito all’Euro e all’idea europea, ma non Tsakalotos. Ciò potrebbe avere conseguenze importanti nei prossimi giorni. Se la BCE non si decide rapidamente ad aumentare il massimale dell’Accordo sulla liquidità d’emergenza (ELA), la situazione diverrà rapidamente critica in Grecia e le trattative perderanno ogni significato. Questo è ciò che Alexis Tsipras ha detto la sera della vittoria del “No”. Un accordo sarà possibile se entrambe le parti lo vogliono. Ma appunto è ragionevole avere dubbi, e ancora di più, sulle intenzioni delle istituzioni europee. In tal caso, se la BCE non aumenta la quota dell’ELA, il governo greco non avrà altra scelta. Dovrà emettere “certificati di pagamento” costituendo una valuta parallela, o prendere il controllo della Banca centrale per decreto (cioè requisirla) e costringerla a mettere in circolazione le banconote della riserva, come quelle nelle banche commerciali, sotto sua autorizzazione. Se un cambio di gestione della Banca centrale sarà pienamente giustificata dal comportamento di BCE ed Eurogruppo, che consapevolmente violano la lettera dei trattati, è tuttavia probabile che sarà scelta la prima soluzione. In ogni caso non era la posizione di Yanis Varoufakis. Non sappiamo oggi quale sia la posizione di Tsakalotos. Se il governo greco decide di emettere certificati di pagamento, presto si avrà un sistema con due monete in Grecia, e in poche settimane è probabile che una delle due valute scomparirà. Ci troveremmo di fronte all’uscita dall’euro, la “Grexit“. Va detto che l’uscita dell’euro sarà totalmente e completamente imputabile alle istituzioni europee.
L’uscita della Grecia dall’Euro è in corso?
Va ricordato che uscire dall’euro non necessariamente avverrà con decisione chiara e determinata. Ciò è stato particolarmente sottolineato da Francesca Coppola in un articolo pubblicato dalla rivista Forbes [8]. Potrebbe derivare dalla logica delle circostanze e dalle reazioni del governo greco al doppio gioco di Eurogruppo e BCE per strangolarlo finanziariamente. Ancora una volta, una banca centrale inedita come la BCE, legalmente responsabile della stabilità del sistema bancario nei Paesi della zona euro, in realtà organizza lo strangolamento delle banche e il loro fallimento. È un fatto incredibile, ma non inedito [9]. Qui dobbiamo tornare alla tragica storia del ventesimo secolo. Nel 1930, in Germania, il presidente della Reichsbank (Banca centrale della Germania) Hjalmar Schacht, impedì il finanziamento degli Stati Uniti al governo tedesco di Weimar, provocando la corsa agli sportelli [10]. Il panico causò la caduta della coalizione al governo e le dimissioni del ministro delle Finanze, il socialista Rudolph Hilferding. Dopo aver ottenuto quello che voleva, Schacht tolse gli ostacoli, dimostrando che l’azione antidemocratica di una banca centrale ha un precedente, un tragico precedente. Con l’arrivo del cancelliere Bruening la Germania scelse l’austerità insensata che portò alcuni anni dopo i nazisti al potere. Ciò fece della Reichsbank un potere parallelo al governo. Il termine “Nebenregierung” o “governo parallelo” entrò nel discorso tecnico e storico in Germania. Così abbiamo il diritto di chiederci se l’uscita della Grecia dalla zona euro non sia iniziata una settimana fa su iniziativa della BCE e per il peso della Germania nella BCE. Ma è chiaro, allora, che l’uscita è solo causata da Eurogruppo e BCE. Questo è in realtà una deportazione, atto scandaloso e illegale che legittimerebbe l’uso da parte delle autorità greche delle misure più radicali. E’ qui che la Francia potrebbe avere un peso. Un incontro tra Francois Hollande e Angela Merkel era previsto il 6 luglio. Ma, diciamo la verità, affinché l’incontro mutasse la posizione della Germania, la Francia doveva gettare il suo peso sulla bilancia e minacciare di lasciare la zona euro se la Germania persegue le sue azioni e politica. Scommettiamo che Francois Hollande non farà nulla. Nonostante dichiarazioni rassicuranti, il nostro Presidente ci tiene troppo a ciò che immagina essere la “coppia franco-tedesca”. Non ha probabilmente il coraggio di trarne le conseguenze, tutte, dal comportamento pericoloso e scandaloso della Germania. In tal modo e controvoglia trascinerà non solo l’euro nella sconfitta, che non sarà grave, ma anche probabilmente l’Unione Europea, che sarà assai più importante.
La grande paura dei sacerdoti dell’Euro
Diciamo che l’unica cosa che terrorizza i capi europei è la Grecia che dimostra che c’è vita fuori dall’euro, e che questa vita può, a determinate condizioni, essere migliore di quella sotto l’euro. Questa è la loro peggiore paura che li terrorizza. Mostrando così a tutti, portoghesi, spagnoli, italiani e francesi la via da seguire, svelando la grande truffa rappresentata dall’euro, che non è uno strumento di crescita o addirittura di stabilità dei Paesi che l’hanno adottato, ma la ragione tirannica del potere non eletto di Eurogruppo e BCE. E’ quindi possibile, anzi probabile, che i capi di Eurogruppo e BCE faranno di tutto per provocare il caos in Grecia. Hanno già iniziato tale sporco lavoro la scorsa settimana. E’ quindi necessario che il governo greco, mentre cerca di negoziare con fermezza, come fece nel febbraio 2015, prepari le misure che assicurino la stabilità nel Paese e il normale funzionamento di economia ed istituzioni, pertanto dovrà prendersi delle libertà con la lettera dei trattati. Forse è questo il senso delle dimissioni di Yannis Varoufakis, che vivrebbe il comportamento di Germania ed Eurogruppo come una tragedia, e della sua sostituzione con Euclide Tsakalotos. Dopo tutto, la Grecia non è la prima che dissolve trattati, e va considerata che l’azione di Eurogruppo e BCE di una settimana fa sono atti contrari e in violazione delle basi e forme dei suddetti trattati. Tale rottura reca con sé la fine della zona euro. Qualunque politica decida Alexis Tsipras, è ormai chiaro che questo è l’orizzonte della crisi attuale.
Note
[1] Europa
[2] Le Obs, “Grèce, un non qui passe mal en Allemagne” , 6 luglio 2015
[3] Si rimanda agli archivi del sito Acrimed, e Lordon F., “La procession des fulminants”
[4] B. Brunhes, “La victoire du non relève de la lutte des classes“, intervista di François-Xavier Bourmaud, Le Figaro, 2 giugno 2005.
[5] J. Sapir, La Fin de l’Eurolibéralisme, Parigi, Le Seuil, 2006.
[6] The Guardian, “IMF says Greece needs extra €60bn in funds and debt relief“, 2 luglio 2015
[7] Yanis Varoufakis
[8] F. Coppola, “The Road To Grexit” Forbes, 3 luglio 2015
[9] Ringrazio uno dei miei corrispondenti, Christoph Stein, che ha portato la mia attenzione su questo punto.
[10] H. Müller, Die Zentralbank – als eine Nebenregierung Reichsbankpräsident Politiker Schacht der Weimarer Republik, Westdeutscher Verlag, Opladen 1973.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora