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Tempo di vacanze o di autodistruzione di massa?

di Sonia Savioli - 20/07/2015

Fonte: Il Cambiamento


Tempo di vacanze. Mentre le campagne ingialliscono e i fiumi si asciugano per il calore di un luglio da riscaldamento globale, gli aerei si incrociano sopra le nostre teste, tre vengono e quattro vanno; le coste si affollano, le strade si intasano, le montagne si popolano come formicai.


Le città non si svuotano più, ci sarebbero comunque i turisti stranieri a rimpiazzare gli indigeni. Perché, è ormai evidente, solo gli sfigati fanno le vacanze nella propria nazione. Gli australiani vengono in Toscana, i toscani vanno in Australia. O in Giappone per una vacanza radioattiva, o negli USA o in Africa o in Brasile con una capatina magari in Argentina. Più vai lontano da casa tua e più ti senti “arrivato”. Dove? Tra i fortunati che “possono”. Tra quelli che non racconteranno, perché nella maggior parte dei casi non avranno visto né capito  nulla del paese dove sono andati e, se racconteranno, diranno stupidaggini presuntuose, supponendo di aver capito tutto in quindici giorni o anche solo una settimana da turisti, tra paccottiglia e foto col cellulare. Ma comunque potranno dire di essere stati “laggiù”.

Laggiù, dove gli altri non vanno ma cercheranno di andare l’anno prossimo.

Intanto le multinazionali mondiali, rimpinguate anche dai soldi dei tanti “turisti”, perforano i mari e frantumano le rocce alla ricerca del petrolio che farà viaggiare aerei e navi da crociera, produrrà cellulari e paccottiglia per turisti.

Per inciso: turista deriva da “tour”, la parola francese che vuol dire “giro”. Quindi, e mi sembra appropriato, “turista” è colui che gira. Magari su sé stesso, come i poveri topolini in gabbia corrono su quelle ruote che dovrebbero servire a farli sentire meno in gabbia.

Il pianeta è ormai diventato una gabbia, anche per colpa dei folli “giratori” che trasformano le vacanze in un’occasione di consumo sfrenato e competizione, contribuendo a trasformare mezzo mondo in un villaggio turistico.

Le vacanze del conumismo-competizione, che ci vengono reclamizzate ogni giorno come appetibili e di massa, ma che riguardano solo la parte ricca del pianeta, sono ormai dei “mezzi di distruzione di massa”, che allegramente contribuiscono alla devastazione planetaria e all’impoverimento e degrado delle popolazioni di contadini, pastori, piccoli pescatori del terzo mondo.

Per irrigare i prati smeraldini dei campi da golf si esauriscono le falde di paesi aridi, dove l’acqua

viene centellinata dalla popolazione come risorsa scarsa e tanto più preziosa.

A Goa, in India, l’acqua usata e sprecata negli hotel sta mancando per gli abitanti, che certamente non la sprecavano.

Nella riserva Shaba del Kenia l’acqua di una sorgente, che abbeverava le greggi dei pastori Samburu, che di quelle greggi vivevano dalla notte dei tempi, è stata deviata per riempire la piscina dell’hotel Sarova Shaba.

Perché noi occidentali amiamo andare in Africa, dove non piove per intere stagioni, ma non amiamo rinunciare alla doccia più che quotidiana e nemmeno alla piscina.

In Nepal il disboscamento procede a sempre più lunghe falcate da quando i turisti occidentali hanno deciso che anche le “aride pietraie” ad altezze vertiginose vanno “conquistate”. Si disbosca per fornire di energia elettrica gli alberghi e per costruire alloggi per i turisti.

In Indonesia, in Thailandia, nei Caraibi, nel Mar Rosso alberghi e villaggi turistici buttano in mare le loro fogne distruggendo intere specie acquatiche e barriere coralline.

Poi ci sono le crociere. Già l’esistenza delle navi da crociera, con quello che la loro costruzione e la loro navigazione comporta di energia sprecata e mastodontico inquinamento di ogni tipo è un insulto alla vita e alla terra, sarebbe criminale se la legge fosse anche giustizia.

Ma non lo è. Nelle isole caraibiche, per esempio, alle navi da crociera è permesso buttare tutti i loro rifiuti in mare non appena sono a soli cinque chilometri dalle coste.

Ma, per amor di verità, bisogna dire che ovunque negli oceani le suddette navi, a dodici chilometri dalla costa buttano tutto in acqua. Tranne qualcosa che tengono da parte per quando arrivano in porto, dove devono pagare un tanto a peso per scaricare i rifiuti ma gli tocca farlo: così tutti salvano la faccia, compagnie navali e autorità.

Quello che non si salva è l’oceano, fonte di tutta la vita su questo scarcassato pianeta.

E bisogna sapere che una nave da crociera con tremila passeggeri scarica in acqua mediamente 6000 litri (seimila litri) di liquami (acque luride) al giorno, e circa 30.000 litri al giorno di acque inquinate da detersivi e detergenti.

Davvero una bella vacanza!

Uno di quei grandi aerei di linea che trasportano tre, quattrocento passeggeri, ma solo quando sono belli pieni, consuma da 7.500 a 15.500 litri di carburante all’ora. Questo secondo le compagnie aeree e non so se dobbiamo fidarci di quello che dicono.

Sta di fatto che, anche stando a quello che dicono, l’aereo è il mezzo di trasporto più follemente costoso che esista.

Non ci costa i soldi del biglietto, perché quelli non li paga il passeggero ma lo Stato: le compagnie aeree sono sovvenzionate in molti modi, perché così facendo si sovvenzionano molte altre “compagnie”, in primis quelle petrolifere.

In sintesi: i soldi del biglietto li paghiamo tutti, anche quelli che l’aereo non lo prendono. Li paghiamo con meno pulmini scolastici, meno insegnanti di sostegno, meno presidi sanitari sul territorio, meno spazzini, meno case popolari e più IVA.

Ma non paghiamo solo coi soldi, purtroppo, paghiamo con quel che ci resta da vivere come pianeta.

La vacanza, per essere vacanza, dovrebbe essere una vita diversa. Non “lontana”, non necessariamente costosa. Non consumismo e competizione. Una vita diversa, in un diverso ambiente, con abitudini diverse, un ritmo pacifico, senza doveri o impegni imposti.

Le vacanze industrial-consumistiche hanno distrutto migliaia di luoghi in Italia e nel mondo, luoghi dove andavamo da bambini e dove abbiamo passato le vacanze più belle della nostra vita, luoghi dove altri vivevano immersi nella bellezza. Quei luoghi non ci sono più. Dove le scogliere sorgevano da un mare limpido, i prati di montagna e le foreste si stendevano a perdita d’occhio oggi ci sono case alberghi autostrade porti turistici aereoporti immondizia. Abbiamo portato lo stesso sfacelo qua e là per il mondo, inseguendo la moda, la pubblicità, la voglia di non essere da meno.

I nostri figli e i nostri nipoti quei luoghi li hanno persi per sempre

Ma ci sono ancora migliaia di luoghi, persino nella povera Italia, dove potrebbero ancora fare le vacanze più belle della loro vita. Dipende anche dalle nostre scelte “vacanziere” che quei luoghi si conservino.

Il viaggio e la vacanza sono cose semplici, in cui ognuno deve trovare la propria misura. Ma la misura ci deve essere e va evitato tutto ciò che è smisurato. Tutto ciò che “consuma” e distrugge i luoghi, l’ambiente, le terre e le acque.

Si può viaggiare solo cambiando i propri orizzonti ma per cambiare i propri orizzonti può bastare la campagna per un cittadino; può bastare il paesino dove abita vostra zia o quello che vedete sempre da treno pendolare e che vi affascina ma non vi ci siete mai fermati. Può bastare decidere di non accendere la televisione per una settimana e giocare invece la sera a scopone scientifico o a battaglia navale. O a moscacieca nei giardini del condominio.

Quel che è sicuro è che non c’è vacanza in un consumo imposto dalla pubblicità. Quel che è sicuro è che l’eccesso, la fretta, la competizione stanno alla vacanza come l’avarizia sta alla sobrietà. E, come l’avarizia, ci lasceranno sempre insoddisfatti.