Si dice che l’esempio sia la via migliore verso il cambiamento. Contro i fiumi di parole, il pessimismo e lo sconforto, contro situazioni che sembrano prestabilite, immutabili e troppo grandi per noi. “L’Urgence de Ralentir” (The Invisible (R)evolutions nella sua traduzione inglese) è un documentario del regista francese Philippe Borrel e narra storie di cittadini del mondo che, riunitisi indipendentemente in gruppi collaborativi e solidali, hanno dato vita a una serie di progetti capaci di trovare una alternativa reale al tradizionale concetto di crescita a qualunque costo e ritmo.
“Il mondo che immaginiamo è soffocato da un’atmosfera asfissiante di predizioni spesso ansiogene: il debito, la catastrofe climatica, la guerra per le risorse, il collasso economico. E’ più facile descrivere o immaginare un mondo agonizzante piuttosto che uno migliore” ci racconta il regista. “Nei miei ultimi sette film ho osservato il corso della disumanizzazione attraverso gli esempi di accelerazione tecnologica senza protezioni o il propagarsi del cibo-spazzatura industriale nelle mani delle lobby. E così sentivo l’urgente bisogno di girare un contraltare filmato dalla parte delle persone che hanno già rinunciato al sistema capitalistico, lavorando sodo per inventare nuove soluzioni, nuovi modelli, nuovi paradigmi in un contesto di crescente ingiustizia sociale”.
I protagonisti del documentario sono tanti, tutti accomunati dal tentativo di recuperare il diritto di esclusiva sui propri valori e il proprio tempo, convinti che anteporre al denaro altri tipi di ricchezza non significa rinunciare a ogni forma di successo. “Noi non vogliamo il vostro modello civilizzato di sviluppo” afferma disarmante uno dei fondatori delBarefoot College, progetto che in Rajastan, India, forma le donne a diventare in sei mesi ingegneri di pannelli solari, costruiti con le loro mani in un miscuglio di tradizione e innovazione.
Ma non è che un esempio. Dall’asse italo-francese dei NO-TAV al manifesto di Tim Jackson “Prosperità senza crescita”, dal sito “Reporterre” alla brillante amministrazione green-oriented della città di Bristol, dalle forme di creditoalternative (così umane e aliene dalle dinamiche bancarie cui siamo abituati) ai molti esempi di economia circolare, in USA, Europa, o America Centrale: i tasselli vanno a comporre un quadro che rivela l’emergere di un nuovo mondo, reattivo all’urgente bisogno di rallentare che Philippe ci mostra. “Mi piace costruire i miei film come puzzle, pezzo dopo pezzo, mettendo in prospettiva aspetti contrastanti della stessa realtà. Per me è il modo migliore per aiutare gli spettatori a cambiare il loro modo di pensare”.
Ci svela di prediligere uno stile di ripresa che, coinvolgendolo attivamente nell’azione, gli consente di immergersi ogni volta nella specifica realtà e comprenderne così sfide e contraddizioni. Tuttavia, il punto di vista di “L’Urgence de Ralentir” se ne discosta, è più positivo, più ottimistico. “L’ambizione del film è incoraggiare tutti noi a riflettere sulle nostre vite e le nostre capacità, sul nostro desiderio di cambiare o no. La Transizione sociale ed ecologica è iniziata ma molte persone non lo sanno. Il mio scopo era di mettere in luce i movimenti della Transizione che già offrono molte soluzioni in tutto il mondo, adattate alle esigenze locali. Questo deve essere mostrato a livello globale e il Cinema è uno degli strumenti più potenti per aiutare le persone a cambiare idea, prospettive e abitudini!”
Selezionato per numerosi appuntamenti internazionali, il documentario ha vinto quest’anno il Green Up Film Festival, membro della rete del Green Film Network e, proiezione dopo proiezione, mette in pratica la sua missione. Ambiziosa certo, ma supportata dai fatti, dalla creatività e dal coraggio di chi ha saputo mettere in pratica con successo la propria piccola, enorme, ormai visibile rivoluzione su misura.