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Psicologia della massa

di Luciano Fuschini - 14/09/2015

Fonte: Il giornale del Ribelle

 


 

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 Il caso del brusco cambiamento di umori nell’opinione pubblica dopo la pubblicazione della foto del bambino annegato davanti alle coste turche, è talmente impressionante nella sua esemplarità che bisogna riproporlo all’attenzione.

 Prima di quell’episodio, migliaia di “migranti” sono annegati e fra di loro numerosi erano i bambini. Le reazioni della grande maggioranza dell’opinione pubblica sono state di indifferenza. Il pensiero di molti, espresso solo dai pochi che hanno il coraggio di esporsi, era questo: “ben gli sta, chissà che non imparino a starsene a casa propria”.

Pochissimi giorni prima della foto del cadaverino sulla spiaggia, la ben più spaventosa notizia di settanta persone, fra cui diversi bambini, morte asfissiate perché stipate fino all’inverosimile dentro un camion, non ha provocato alcuna reazione.

Non fu quel fatto a far passare in secondo piano, in Italia, la rabbia verso gli immigrati per l’assassinio dei due coniugi da parte di un giovane ivoriano. Invece il corpicino del curdo prono e lambito dalle onde che lo avevano ucciso ha suscitato un’ondata di commozione che ha invertito, almeno provvisoriamente, la direzione degli umori popolari.

 Perché è successo? In questo caso non è giusto attribuire tutte le responsabilità ai media. Vero è che i settanta asfissiati nel camion non sono stati mostrati ma probabilmente anche se avessimo visto il mucchio indistinto dei cadaveri, l’impatto sull’emotività del pubblico non sarebbe stato altrettanto grande. Il fatto è che a quel bambino è stato dato un volto, è stata ricostruita la storia, abbiamo saputo il suo nome, abbiamo appreso che il padre oltre a lui ha perso un altro figlio e la moglie. Un nome, un volto, una storia che permettano di calarsi in un dramma personale, hanno più impatto emotivo della semplice informazione di una tragedia collettiva.

Questa costatazione è un’impressionante verifica sul campo di quali schemi di comportamento e di giudizio regolino la psicologia di massa.

 Probabilmente l’ondata di simpatia verso i “migranti” si esaurirà presto, oscurata dai problemi quotidiani che quell’immigrazione di impatto epocale provoca. Resta il fatto che il potere sa perfettamente come suscitare la mozione degli affetti.

In questo caso si trattava di controbattere i sentimenti anti immigrazione che minacciavano di rendere pericolosa per il sistema l’ascesa di forze “identitarie” in Europa, in altri casi la motivazione fu meno “nobile”. Quando scoppiò la prima guerra mondiale, l’opinione pubblica inglese era molto perplessa sull’opportunità di entrare nel conflitto. Allora i giornali opportunamente imbeccati dal governo di Sua Maestà che voleva la guerra, diffusero la notizia del tutto falsa che i tedeschi invadendo il Belgio stavano tagliando le dita ai bambini di quel Paese perché da adulti non potessero mai stringere un fucile per vendicare la loro patria. Quella balla colossale bastò a proiettare sulle piazze masse che invocavano la guerra contro i barbari tedeschi.

Un fatto del tutto analogo si verificò nel 1990, alla vigilia della prima guerra del Golfo contro l’Iraq di Saddam. Le truppe irachene che avevano occupato il Kuwait vennero accusate di tremendi crimini. In particolare fantomatici testimoni oculari diffusero la notizia che i soldati iracheni entravano negli ospedali e strappavano i neonati dalle incubatrici per farli morire. Altra balla colossale, smascherata più tardi per tale, ma intanto era servita a demonizzare gli iracheni e a preparare il terreno per la guerra.

Il famoso 11 settembre, con le sue torri in fiamme (tre, non due, ma della terza non si deve parlare perché accentuerebbe i dubbi sulla versione ufficiale), è servito perfettamente allo scopo, creando le condizioni per le successive aggressioni che hanno fatto di tutta una vasta area del mondo un inferno di morti, di fanatismi sanguinari e di masse in fuga. Poi è subentrato il ripensamento, sono subentrati i dubbi, ma intanto lo scopo era stato raggiunto.

Il caso impressionante del mutamento improvviso degli umori per una foto, e i casi molteplici di manipolazioni del potere attraverso i media per scatenare i sentimenti voluti da chi comanda, devono indurci a conclusioni, per quanto sconfortanti siano.

La democrazia, che presuppone razionalità nel giudicare e nel deliberare, è una teoria debole perché non fondata etologicamente. L’uomo è un animale che vive in branco. Gli animali che vivono in branco seguono un capo. Obbediscono ai movimenti e ai versi del capobranco. I capi dei branchi umani conoscono bene i linguaggi, anche simbolici, i segni che orientano nelle direzioni volute.

I pochi ribelli si appellano alla ragione, sempre insorgente ma sempre perdente davanti alle ondate emotive.