Giusto andare contro il neoliberismo ma …
di Giuseppe (Peppe) Carpentieri - 28/09/2015
Fonte: Movimento decrescita felice
Penso che nessuno abbia più dubbi sul fatto che bisogna costruire un’alternativa, come la chiamano i giornalisti “di sinistra” e così come la chiamano coloro i quali si ritengono orfani della sinistra. In Europa è stata anche la sinistra a introdurre il neoliberismo attraverso il progetto “terza via” di Clinton e Blair, e in Italia ha avuto talmente successo che i leader “di sinistra” erano tutti ex banchieri e manager, da Ciampi a Prodi. Per la destra non si doveva convincere nessuno, sono bastati Berlusconi e Tremonti.
Del resto la storia è maestra di vita, e ci ricorda come l’Italia avendo perso la guerra, uscita da un regime totalitario di destra, approda al nuovo regime della destra capitalista. L’Italia viene occupata militarmente e attraverso i partiti deve restare territorio del capitalismo americano. Nel 1948 l’attentato a Palmiro Togliatti, il Piano Solo del 1964, e il sequestro di Aldo Moro del 1978 sono gli atti politici più cruenti. Tutti eventi che condividono l’opposizione alla cultura democratica di sinistra da sconfiggere con la violenza. La “terza via” è la strada culturale adoperata dai think tank neoliberisti per infiltrare ed etero guidare dall’esterno le forze politiche di sinistra, e sgretolare dall’interno il vecchio PCI e i sindacati, troppo colti e ben organizzati. L’obiettivo dei neoliberal fu raggiunto, col tempo, subito dopo la morte di Berlinguer. Il vuoto culturale rimane, ma nel frattempo la nichilista cultura liberal raggiunge altri obiettivi ancora più importanti: la regressione culturale delle masse e il crescente infantilismo degli adulti che li ha condotti nell’analfabetismo funzionale e di ritorno, incapaci di comprendere e di scegliere. In Italia la regressione è stata raggiunta sia infiltrando il mondo economico-accademico e sia attraverso la televisione privata di Berlusconi.
Tornando ad oggi, il fatto che l’Unione europea non sia stata progettata e non si comporti per il bene comune lo sanno persino coloro i quali l’hanno costruita, ma essi rappresentano proprio quel mondo industriale che sta traendo i maggiori benefici dal modello neoliberista, e sono i sostenitori del TTIP. L’aspetto interessante e controverso è che fracoloro i quali stanno costruendo quest’alternativa, lo chiamano piano B, c’è anche Fassina, certo cambiare idea è una virtù quando si capiscono i propri errori. Gli obiettivi proposti da Varoufakis, Fassina, Mélenchon e Lafontaine sono giusti (nel mirino ci sono fiscal compact e il TTIP), ma è necessario approdare sul piano della bioeconomia.
A Parigi, Fassina dichiara: «[…] Ci sono due punti da affrontare qui. Il primo: il mercantilismo neo-liberista dettato da Berlino e ivi incentrato è insostenibile. La svalutazione del lavoro in alternativa alla svalutazione della valuta nazionale, come via principale per aggiustamenti “reali”, comporta una cronica insufficienza di domanda aggregata, disoccupazione persistentemente elevata, deflazione e esplosione dei debiti pubblici. In un tale contesto, al di là dei confini dello stato-nazione dominante, l’euro porta ad uno svuotamento della democrazia, trasformando la politica in amministrazione per conto terzi e spettacolo. Questo è il punto. Non è un punto economico ma politico. Il significato di democrazia nel XXI secolo. Esiste un conflitto sempre più evidente tra il rispetto dei Trattati e delle regole fiscali da una parte e i principi di solidarietà e democrazia iscritti nelle nostre costituzioni nazionali dall’altra. […]». L’analisi di Fassina è senza dubbio corretta, ma dov’è lo strumento politico democratico che invita le persone a partecipare attivamente? E’ tardivo il desiderio di far rinascere una sinistra quando l’epoca industriale volge al termine. I popoli già alcuni anni fa hanno manifestato il proprio dissenso verso il neoliberismo che nasceva e si costruiva in maniera autoritaria, basti ricordare i referendum sul Trattati di Lisbona, in Francia e in Olanda. Nessun italiano fu consultato nel luglio del 2008, quando il Parlamento votò a favore del Trattato di Lisbona. Il recente passato italiano ha mostrato come i partiti di sinistra rifiutarono la partecipazione popolare, e rifiutarono le nuove proposte. Il caso clamoroso è proprio sotto gli occhi di tutti, e si chiama M5S che nasce dalla chiusura politica culturale dell’attuale PD. Inutile ripresentare le battute dei dirigenti di allora che prendevano in giro il nascente fenomeno dei “meetup” poi chiamati M5S, erano gli anni fra il 2006 e il 2009, prima che nascesse il partito di Grillo. L’analisi critica di Fassina circa il sistema euro, ex PD, era ampiamente scritta e dibattuta nei vecchi forum della rete dei “meetup”. I cittadini che partecipavano erano i primi a mettere in discussione l’euro zona. Se la ricostruzione della sinistra resterà sul vecchio piano ideologico dell’economia neoclassica, quest’alternativa non si potrà costruire. Sarà utile a riprendere consensi verso i nostalgici, ma non sarà capace di costruire una società migliore. Per l’Italia è probabile che tornerà il vecchio schema DC e PCI, con altri nomi ed altre vesti, ma il problemi degli italiani rimarranno dove si trovano.
Al contrario, se ci sarà la maturità e l’onestà intellettuale di storicizzare l’obsoleta schema del divide et impera: destra sinistra, allora si potrà veramente costruire una società migliore. Il nuovo paradigma culturale partendo dalla bioeconomia (ecco la transizione ecologica) potrà favorire la nascita di una società migliore. La forza di una moneta sovrana a credito e una nuova politica d’investimenti pubblici finalizzati alla formazione di una conversione ecologica delle trasformazioni di merci e beni; l’applicazione dell’eco efficienza; così come la conservazione e il recupero del patrimonio, consentiranno l’avvio di nuovi impieghi utili. La riduzione dello spazio di mercato e l’aumento dello spazio per le comunità che si auto producono energia e beni, in un sistema di scambio reciproco, consentirà maggiore libertà per le persone e le famiglie poiché svilupperanno la resilienza urbana.
In sostanza bisogna evitare, come farebbe la sinistra tramite politiche espansive senza etica, di favorire nuovamente il capitalismo (l’ossimoro sviluppo sostenibile) poiché è già imploso su stesso. Il capitalismo deve ignorare le leggi dell’entropia, è la natura stessa del capitalismo sinonimo di consumismo. La misura degli impatti ambientali mostra che siano giunti a un punto di non ritorno. Del resto la letteratura è ricca di esempi che chiedono l’uscita dall’economia neoclassica, mentre è noto che tutti i governi occidentali sono asserviti alle multinazionali del WTO. Il problema non è una questione soldi, poiché attualmente la moneta è stampata dal nulla ma prestata agli Stati. Il controllo della moneta è in capo all’élite degenerata condizionata dalle SpA, costoro sono capaci di comprarsi tutti i burattini che vogliono tramite il sistema offshore e delle giurisdizioni segrete. John Perkins ha scritto egregiamente a cosa servono gli economisti (imbrogliare e rubare), chiamati correttamente sicari dell’economia, era il suo lavoro. Nicholas Shaxson pubblicaLe isole del tesoro, mostrando la faccia del capitalismo: imbrogliare le persone che pagano le tasse e distruggere lo Stato sociale. La soluzione non è sul piano economico ma sul piano giuridico e democratico, come hanno compreso bene Varoufakis & company, e non si può continuare a rimanere sullo stupido piano dell’economia neoclassica. O si ha il coraggio e l’onestà intellettuale di abbattere la schiavitù SpA, oppure si è complici dell’impero della vergogna. Sembra che Varoufakis stia sulla buona strada, visto che ha avuto il coraggio di staccarsi da Tsipras e propose una moneta parallela. Gli italiani avranno lo stesso coraggio? Ritengo sia necessario creare una classe dirigente attingendo dalla società civile libera dai condizionamenti dei think tank neoliberal, ma soprattutto partendo dalla bioeconomia, scartata, ignorata proprio dalla sinistra e oggi strumentalizzata da sedicenti “rivoluzionari”.
E’ corretto chiedere la ristrutturazione dei debiti, il rigetto dei trattati e cambiare l’architettura dell’UE, ma tutto ciò è fuori dalle politiche economiche. L’elemento politico fondamentale è il ripristino della sovranità monetaria, come sanno bene, ma la moneta è uno strumento non la proposta di una politica economica nuova. Il punto nevralgico e culturale sembra essere proprio questo, e cioè che gli economisti si occupano più di diritti che della loro disciplina, e danno la sensazione di non conoscere vere alternative. Eppure, loro colleghi hanno prodotto un pò di letteratura eterodossa, da Stiglitz e Fitoussi e Sen; prima ancora Galbraith aveva capito benissimo che il PIL non serve. E’ strano che alle legittime richieste di ripensare l’architettura dell’UE manchino filosofi, giuristi e costituzionalisti, e soprattutto manchi la partecipazione popolare di cittadini attivi.
Per tendere a un’evoluzione della specie umana dobbiamo affrontare l’analfabetismo funzione e di ritorno, e ammettere che noi tutti abbiamo bisogno di filosofi, biologici, contadini e architetti conservatori. Per essere veramente propositivi e costruttivi di un’alternativa è necessario uscire dal piano economico per approdare al piano della biologia e della fisica, discipline ignorate sia dagli economisti che dai giornalisti. Mentre è necessario storicizzare destra e sinistra poiché sono facce della stessa religione: neoliberismo. L’obiettivo è la felicità dei popoli raggiungibile quando il nostro pensiero la smetterà di contare in termini monetari ma comincerà a “contare” in termini etici.