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No Guerra No NATO

di Giulietto Chiesa - Chris Barlati - 26/10/2015

Fonte: crudiezine


Al convegno partecipano esponenti parlamentari e dei movimenti contro la guerra, provenienti da tutta Europa, per denunciare la mega esercitazione NATO Trident Juncture 2015 in corso nel Mediterraneo, in preparazione di nuove aggressioni NATO in Africa, Asia ed Europa.  Per l’occasione presenzierà Giulietto Chiesa, giornalista, analista geopolitico e blogger del Fatto Quotidiano, a cui abbiamo posto alcune domande.



Quali sono gli obiettivi di breve e medio periodo che si prefigge il comitato No Guerra No NATO?

«Raccogliere il più ampio numero possibile di firme sotto il nostro appello per una Italia neutrale e pacifica. Ma anche avviare una raccolta europea, e dare vita a un comitato europeo che faccia da punto di riferimento per tutti i movimenti, partiti, organizzazioni sindacali e culturali, singole persone, che condividono un tale obiettivo. Questi primi mesi di esperienza, raccogliendo ormai 15mila firme, ci dicono che quasi nessuno sa cos’è la NATO, a cosa serve, perché esiste e altro ancora. Dunque significa aprire un vasto dibattito nel Paese e in Europa perché la gente sappia. Poi si dovrà avviare un’azione politica concertata in tutte le sedi, a cominciare dai mass media, che ignorano la questione e mentono sistematicamente.»

L’uscita dell’Italia e dell’Europa dalla NATO comporterebbe la ridefinizione degli assetti giuridici comunitari o solamente l’abbandono di quelli atlantici, politici e militari?

«Molti di noi pensano che questa Europa attuale sia semplicemente la faccia parallela della NATO. Dunque bisognerà liberare dalla NATO anche la politica. Ma su questo punto la discussione è aperta. Ci sono e ci saranno opinioni diverse. Noi non stiamo fondando un partito. Stiamo cercando di ridurre il pericolo di guerra. E la NATO è un’organizzazione che prepara e produce guerra.»

 Per quanto riguarda le singole, ma oramai delegate sovranità nazionali dei rispettivi Stati europei?

«Noi pensiamo che la prima e fondamentale questione di ricupero della sovranità sia l’uscita dalla NATO. La NATO comanda non solo la politica militare. La NATO comanda la politica. Non esiste sovranità nazionale nella NATO. Lo vediamo ogni giorno. Le decisioni NATO sono decisioni degli Stati Uniti. Cioè, gli Stati Uniti ordinano e noi eseguiamo. Questo significa che non siamo affatto sovrani.»

Data l’importanza geostrategica del nostro Paese, l’uscita dalla NATO comporterebbe automaticamente l’avvicinamento dell’Italia alle potenze del blocco Asiatico? Se sì, non si rischierebbe in tal modo di ricreare le premesse per una nuova strategia della tensione?

«L’uscita dell’Italia dalla NATO comporterebbe soltanto la riduzione del pericolo di essere coinvolti in una guerra che non abbiamo deciso di volere. Neutrali significa che nessuno ci percepirà come nemico. E sarà un passo avanti decisivo. Inoltre essere neutrali significa acquisire non solo maggiore sicurezza nazionale, ma anche la possibilità di aiutare i processi di pace nell’area mediterranea. Ci avvicineremmo non solo all’Asia, ma a tutto il mondo. Uscire da un’alleanza non significa entrare in un’altra alleanza. Certo avremo minacce, ma verranno dagli Stati Uniti. Avere un alleato che ti minaccia non è una bella cosa. Un alleato sincero non dovrebbe minacciarti. Se ti minaccia non è un alleato, è un nemico.»

In che modo è possibile avallare l’uscita dall’Alleanza Atlantica senza rischiare ‘tragiche’ ripercussioni?

«Quali tragiche ripercussioni? Il terrorismo è creatura anche occidentale. Certo gli italiani conoscono la strategia della tensione. Sappiamo da dove venne. Appunto dai servizi deviati e dalle ingerenze americane. Di nuovo da loro. Altre minacce, altri ricatti sono all’orizzonte. La Germania li sta già subendo. Ma un popolo che vuole mantenere la propria dignità e il proprio benessere dovrebbe essere in grado di difendersi. Certo l’Italia, da sola, non potrebbe farcela. Per questo io penso che il movimento contro la NATO deve diventare un movimento europeo. In ogni caso noi stiamo facendo un servizio democratico agli italiani. Saranno gli italiani che dovranno decidere dove vogliono stare e come vogliono vivere. L’essenziale è che sappiano quali sono le opzioni che li attendono.»