Francescanesimo e Catarismo. Storia di un rapporto ambiguo e frainteso
di Giovanni Sessa - 23/11/2015
Fonte: Centro Studi La Runa
Francesco d’Assisi è, per antonomasia, e non solamente per il senso comune dei fedeli, incarnazione della santità. Egli lo è sicuramente anche per Giuseppe A. Spadaro che alla teologia francescana ha dedicato un libro sorprendente, informato e, per usare la definizione di Pietro Prini “sconvolgente ma scientificamente ineccepibile” Ci riferiamo a L’Albero del Bene. San Francesco teologo cataro nelle librerie per le edizioni Arkeios (per ordini: 06/3235433 ordinipr@edizionimediterranee.net euro 24,90) che, fin dal titolo, non solo esplicita gli intenti polemici nei confronti della vulgata esegetica consolidatasi in tema nel tempo, ma rende chiaro dove l’autore voglia condurre il lettore. Spadaro, del resto è, oltre che pittore di vaglia, scrittore aduso, fin dalle prime opere, ad indagare le zone umbratili della storia delle idee, sospese tra eresia e cospirazione, dalle quali l’uomo europeo ha spesso tratto la capacità di rettificare la tendenza catagogica implicita in tante pagine della sua storia.
Preliminarmente, è bene dar conto che al termine della lettura del testo ci si libera di due “pregiudizi” ugualmente diffusi: il primo riguarda i Catari che non verranno più interpretati con le lenti deformanti forniteci da Alano da Lilla, nel sostenere che essi baciassero “il posteriore del gatto, credendo di vedervi uscire Lucifero”; l’altro riguarda S. Francesco, liberato dall’esegesi “conciliativa” nei confronti delle gerarchie ecclesiastiche, propria di S. Bonaventura da Bagnoregio e dei suoi Conventuali. La tesi di fondo da cui Spadaro muove è che i Catari, eretici per definizione, in realtà, come è stato colto dal Concilio Vaticano II e dalle sue deliberazioni in tema di eresia, in realtà non fossero che Veri Cristiani. Il loro dualismo infatti è pienamente sintonico con quello espresso dall’Epistola (canonica) di Giovanni, che ai versetti 2, 15/16 così recita: “Non amate il mondo né le cose che sono nel mondo. Se uno ama il mondo, l’amore del Padre non è in lui. Perché tutto ciò che è nel mondo: la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita, non viene dal Padre ma dal mondo”. In loro riemergerebbe la concezione del corpo come prigione, che il mondo antico conobbe in alcune religioni misteriche, nella fattispecie in quella orfica.
A questo punto, è bene sintetizzare a beneficio di chi ci legge, quali a giudizio del nostro autore siano le cinque tesi essenziali del Catarismo. Innanzitutto 1) essi considerarono loro libro sacro il Vangelo, compresi gli apocrifi; 2) pensarono la vita terrena un inferno da viversi in funzione purificatrice; 3) credevano nella reincarnazione da cui non ci si libera se non con estrema difficoltà e finché non si sia pagato fino in fondo. In questo senso risulta essenziale ricordare come il rito dell’endura, consistente nel lasciarsi morire di fame, praticato secondo alcune fonti dai puri e ricordato anche in specifiche monografie da Raul Manselli, abbia rappresentato un momento dirimente in tale percorso di liberazione; 4) ritenevano le anime umane essere la progenie spirituale di un angelo caduto, Adamo; 5) i Catari negavano, altresì, l’onnipotenza di Dio nella dimensione temporale, sollevandolo in tal modo per due volte dalla responsabilità del male stesso: vale a dire nel renderlo possibile e poi nel punirlo.
Ulteriori specificazioni in merito alla loro visione del mondo sono rilevabili dalle seguenti argomentazioni presentate da Spadaro. A loro giudizio il Figliol prodigo andava identificato con Adamo che, lasciato il Padre, ne dissipò l’eredità. Il Fattore infedele a loro dire sarebbe stato Lucifero che, dopo l’incontro con Adamo, lo fece rinchiudere nella prigione-corpo, fino al momento della completa espiazione. La contaminazione catara di Francesco emergerebbe in particolare dalla sua lettura della parabola del Buon Samaritano: per il Santo, colui che lungo la strada che da Gerusalemme conduceva a Gerico s’imbatté nei ladroni in realtà era Adamo in persona, depredato da Lucifero, mentre il suo pronto soccorritore sarebbe da riconoscersi in Gesù stesso. Inoltre, Francesco esalta gli esiti esistenziali e spirituali della Caduta. Anche per lui le nostre anime altro non sarebbero se non la progenie di un angelo perso.
La corrente degli Spirituali, dopo la morte del Santo, nelle prese di posizione, soprattutto di natura teologica, in opposizione a quelle “ortodosse” delle gerarchie, non fece che esplicitare le reali posizioni francescane, non solo assonati con il Catarismo, ma con tutte le letture subordinazioniste del rapporto trinitario Padre-Figlio. Francesco, i Catari e gli Spirituali tentarono pertanto di seguire il dettato evangelico alla lettera e, per questo, vissero nell’attesa millenaristica dell’Età del Vangelo Eterno. In loro, il Cristianesimo era pensato e vissuto in opposizione alle tesi dell’Antico Testamento. L’eredità autentica di Francesco fu tacitata dalla biografia di S. Bonaventura, gli Spirituali furono condannati a Città della Pieve alla prigionia perpetua, mentre i Catari tentarono la loro estrema resistenza nel castello di Montségur, alla fine cedendo alle soverchianti forze nemiche.
Alla luce delle posizioni dell’autore è possibile asserire che il Cantico delle Creature deve essere ripensato alla luce del concetto della doppia creazione. Solo la prima creazione, in realtà, resta in effettivo contatto con il Creatore: ad essa fa riferimento Francesco nel Cantico. Nei suoi versi, in forza del radicale dualismo di fondo, sintonico con quello cataro, è assente il riferimento, esplicito invece in tutta la letteratura classica, alla forza fecondatrice, all’energia (in senso greco) della natura, e ciò rinvia all’odio cataro per la riproduzione. Il Cantico non può essere presentato come inno innalzato alla bellezza della vita, nello stesso modo in cui la predicazione di Gesù ai pagani era abissalmente distante dal culto sacrificale del Tempio.
Tesi forte quella sostenuta in queste pagine da Spadaro che ha suscitato polemiche. E’stato accusato di aver prodotto un’esegesi gnostica del francescanesimo. Si sa, il termine gnosticismo è oggi considerato da parte di certi esponenti della cultura cattolica, parola magica che può sostituire financo il termine scomunica. Un sorta di interdetto lanciato contro chiunque provi a ragionare e ad indagare temi controversi. Il nostro autore ribatte a queste accuse ricordando che, durante un importante Convegno dedicato all’eresia gnostica, svoltosi a Messina nel 1966, Marcione che pur risolutamente sosteneva l’opposizione tra Cristo e il Dio d’Israele, non venne ascritto a tale eresia. Il tema è controverso e ampiamente dibattuto in letteratura. Il lettore potrà direttamente, leggendo il testo che abbiamo presentato, farsene un’idea e trarre le proprie conclusioni. A Spadaro va comunque riconosciuto coraggio intellettuale e il merito di aver sollevato un problema che merita una risposta.