Ops, l'Italia arretra. E ora?
di Valerio Lo Monaco - 07/12/2015
Fonte: Valerio Lo Monaco
Come era stato ampiamente previsto da alcuni analisti indipendenti, gli ultimi dati Istat, resi noti ieri, confermano ciò che pur noto da tempo era stato mascherato ad arte dai comunicati governativi: l’economia italiana rallenta, torna a crescere il numero di chi è inattivo e l’inflazione ritorna tanto indietro da far scattare il campanello d’allarme della deflazione. Ancora una volta. Il tutto, naturalmente, malgrado non solo i comunicati e i tweet vittoriosi di Renzi delle settimane scorse ma soprattutto malgrado l’enorme aiuto monetario, attraverso il Quantitative Easing, che la Banca Centrale Europea continua imperterrita a immettere in circolazione senza alcun risultato apprezzabile.
In Italia riguardo l’economia nel suo complesso i dati fanno segnare unicamente un misero +0,2% nel terzo trimestre, tanto da far slittare all’indietro, in modo molto preoccupante per quello che riguarda i rapporti con l’Europa, le variabili complessive dell’anno in corso. Queste ultime, stimate, appunto, a un +0,9%, contrastano enormemente con i dati reali che dimostrano, in modo elementare, che la crescita complessiva per il 2015 si attesterà a non più dello 0,6%. A meno di clamorosi rialzi nell’ultimo trimestre, magari per le spese natalizie che certamente gli italiani sono pronti e in grado di garantire…
Il forte rallentamento dell’economia fa tornare all’attenzione anche ciò che esso fatalmente comporterà, ovvero, in caso di impossibilità di far quadrare i conti con il rapporto debito/Pil - cosa a questo punto molto probabile - lo scatto automatico delle clausole di salvaguardia: accise sui carburanti e soprattutto gli ulteriori aumenti dell’Iva già inseriti a suo tempo.
A questa situazione si somma la falsa comunicazione in merito ai dati sulla disoccupazione: il valore si attesta all’11,5%, che teoricamente sarebbe ai minimi da tre anni a questa parte, non fosse che, come al solito, si tende a occultare il dato sugli inattivi (relativo a coloro che non lavorano né cercano lavoro per perdita assoluta di fiducia nel trovarlo). Se si prendesse anche quest’ultimo dato, infatti il valore assoluto degli occupati rispetto a ottobre sarebbe fatalmente in calo. E lo dimostra anche quello relativo alla disoccupazione giovanile, che si attesta quasi al 40%.
Ultimo dato, quello sull’inflazione: a novembre si registra un -0,4% (cioè una deflazione) che riporta a un misero +0,1% il valore su base annuale.
In sintesi: una Italia senza lavoro, senza denaro, senza alcuna capacità di spesa in grado di far ripartire l’economia. In barba ai Salva Italia, 80 Euro in busta paga, Jobs Act e compagnia cianciando.
E in barba soprattutto, occhio che questo è il punto, alla congiuntura favorevole dell’operato della Bce (Quantitative Easing) e del calo del costo delle materie prime (petrolio in primis) che, secondo la Banca d’Italia, avrebbero fatto registrare, da soli, un aumento automatico del Pil di circa un punto per il 2015 (e addirittura oltre un punto e mezzo per il 2016).
Come dire: manchiamo anche il risultato minimo garantito dai benefici esterni a noi, figuriamoci come valutare gli eventuali, e aleatori, benefici dovuti alle riforme di Renzi & Co.
Per il momento, a quanto pare, gli italiani non sembrano essersi resi pienamente conto della cosa. E a questo concorrono naturalmente i media di massa, sempre pronti a intorbidire le acque. Solo oggi, su Repubblica, si legge da una parte che l’effetto di tale situazione (anche il primo quotidiano italiano non può ignorare i dati) sarebbe una concausa di due elementi: il “fine-Expo” e “il terrorismo”. Che dunque, secondo logica, avrebbero frenato terribilmente il tutto. Non fosse che sia il primo, sia soprattutto il secondo elemento (13 novembre!) sono posteriori ai dati rilevati, e dunque ininfluenti ai fini di eventuali interpretazioni.
Ma il cortocircuito è complessivo e non solo appannaggio della pubblica opinione. Sempre oggi si rileva l’ultima trovata di un governo che appare sempre più come una accozzaglia di venditori di pentole (con tutto il rispetto per questi ultimi): Pos obbligatorio per la “lotta al contante”.
Cioè, da una parte, settimane addietro, si eleva il tetto ai pagamenti attraverso il contante, come sappiamo portato a tremila euro rispetto ai mille precedenti, e dall’altro lato si porta avanti una “lotta al contante” intimando agli esercizi commerciali di adeguarsi alla normativa relativa all’utilizzo dei Pos. Essi dovranno accettare pagamento tramite sistema elettronico anche per giornali e caffè.
Il Governo Renzi, in sostanza, evidenzia delle ulteriori e ancora più preoccupanti incapacità di contrastare dei dati macro economici che difficilmente possono essere ignorati, anche dalle masse precedentemente convinte dal bombardamento mediatico relativo alle fantomatiche riprese in corso. E oltre che sulle leggi di più ampio respiro dimostra schizofrenie tecniche, e a questo punto anche comunicative, proprio sulle norme che regolano l’utilizzo di monete, banconote, e carte di credito.
L’unica possibilità che questo Governo aveva per poter sperare di andare avanti era di agganciare un minimo di ripresa (dovuta a fattori interni o esterni, al Paese sembra non interessare), ma a questo punto, dati alla mano, qualche preoccupazione la avranno ben chiara, da quelle parti.