Renzi non si è ravveduto sulle sanzioni alla Russia. Fa la sua parte concordata col padrone
di Gianni Petrosillo - 14/12/2015
Fonte: Conflitti e strategie
Matteo Renzi ha chiesto un dibattito tra le potenze occidentali prima di procedere col rinnovo automatico delle sanzioni alla Russia. Non si tratta di uno scatto d’orgoglio del nostro Presidente del Consiglio, né di un cambio improvviso di linea politica che richiede riflessioni di altro tipo e coraggio.
Benché l’Italia sia tra gli Stati più danneggiati dai castighi commerciali inferti a Putin per le sue ingerenze nella guerra civile Ucraina – conflitto la cui miccia è stata accesa dalle intelligence euroamericane per portare Kiev fuori dall’orbita di Mosca – finora la scelta italiana è stata pienamente aderente a quella della Nato, nonostante i danni subiti e quelli annunciati. Qualcuno ha fatto delle previsioni e dei calcoli che sono apparsi subito funesti ma la nostra classe dirigente, supina ai diktat internazionali, non ha mostrato segnali di ravvedimento per il disastro in atto. Adesso però sembra che qualcuno l’abbia autorizzata ad un leggero ripensamento, forse per sopire i malumori che vanno difendendosi in tutto il Continente.
La nostra economia, già debole di suo per deficit strutturali e rigidità diffuse, è stata ulteriormente depressa dalle decisioni folli assunte dall’Europa su pressione americana contro i vicini russi ed ha bruciato miliardi di euro di affari, cancellando contratti strategici nel settore energetico, di cui si sono avvantaggiati i nostri amici-competitori, come la Germania.
Ergo, se il “cavalier servente” di Palazzo Chigi, il quale finora non si era mai smarcato dalle prescrizioni dell’Alleanza, avanza qualche dubbio sull’utilità delle sanzioni vuol dire che i suoi “Signori” gli hanno suggerito di farlo. Anzi, quest’ultimi, ritengono persino utile che siano nazioni minori come la nostra, la cui fedeltà al padrone non è mai in discussione, ad alleggerire i toni per non scoprire i loro piani ed apparire deboli e volubili al cospetto di un nemico geopolitico diretto che si intende accerchiare e “sedare” il più presto possibile. Poiché, come abbiamo più volte sostenuto, è l’Europa il vero campo di battaglia dove Russia ed Usa si affrontano, quest’ultimi stanno bene attenti a non tirare troppo la corda per non suscitare, in questa fase di riconfigurazione delle relazioni mondiali, eccessivi risentimenti che metterebbero in difficoltà i partner europei, allorché comincia a serpeggiare il malcontento popolare per una crisi istituzionale, politica ed economica dell’Ue dalla quale potrebbero emergere gruppi di non uguale sudditanza. La vittoria della Le Pen in Francia fa parte di questi imprevisti che gli Usa intendono smorzare sul nascere. Per ottenere dei risultati soddisfacenti ogni tanto devono allentare la fune con la quale tengono legata l’Europa a sé, facendo delle concessioni ma senza mai perdere di vista l’obiettivo principale: impedire che questa Ue, prodotto americano sin dall’origine (http://www.ilgiornale.it/…/l-unione-europea-prodotto-americ…) , come ha dichiarato in una intervista il prof. Morris Mottale della Franklin University, ceda alle lusinghe di Mosca e subisca la sua attrazione “fatale”.
Ci dispiace molto che qualche bravo giornalista di casa nostra si sia fatto accecare dalle dichiarazioni di Renzi, immaginando una sua improvvisa resipiscenza con tanto di presa di distanza dagli alleati. Non è così purtroppo.