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L’unico modello possibile è l’Italia “americana”?

di Valentino Quintana - 14/12/2015

Fonte: Opinione pubblica


Si cerca scimmiottare un mondo che non solo non ci appartiene ma che ha fatto il possibile per cancellare le nostre identità, a scapito di quel "mondo" che presenta fallimenti continui e tensioni sociali sempre pronte a divampare.


E’ possibile che dopo quasi un secolo, l’America sia vista come l’unico modello possibile ed immaginabile per il nostro Paese? E’ plausibile che non vi sia alternativa al modello cosmopolita, multiculturale, multietnico, nemico di popoli ed identità?
A quanto pare sembra di sì. Non tanto per paura di creare un nuovo mondo, ma per l’ossessione che esista un’unica via da seguire, senza possibilità di cambiare. Nel leggere i quotidiani nostrani, e in particolar modo, il più prestigioso tra essi, il Corriere della Sera, si ha l’impressione che non sia solo un leitmotiv, ma che l’America sia proprio un qualcosa da propagandare, proprio nel momento in cui l’impero sta declinando, lasciando (a rigor di logica) spazio ad un mondo multipolare.
Corriere della Sera del 7 dicembre, firma di Giangiacomo Schiavi. Tema? Il futuro di Milano. Citiamo letteralmente quanto scritto: “l’Expo ha rafforzato la sua immagine (di Milano, ndr) portando un melting pot di culture con cui confrontarsi”.
Poi le interviste a giovani (ovviamente rampanti) di stampo internazionale: “Avevo deciso di andare via, master a Londra dopo il triennio di Economia. Ho cambiato idea. Nei mesi di Expo ho visto un’altra città, Adesso mi piace stare a Milano, non mi sento più lontano dall’Europa e fuori dal mondo”. Solamente da queste poche righe, si può capire che a Milano vi siano giovani solamente intenzionati a fare master costosissimi, ultimato il percorso universitario. Ovviamente, il solito cliché finale: l’Italia è provinciale, Londra (mondo angloamericano ovviamente) è il centro del mondo. Peccato che la crisi economica abbia colpito anche Milano, e non tutti i ragazzi possano permettersi master e anni di studi all’estero. Andiamo tuttavia avanti, perché il bello dell’articolo deve ancora venire.
Il primo intervistato è Raffaele, ora si passa a Giacomo. Le lauree in inglese al Politecnico e all’Humanitas sono un esempio che danno “coraggio e senso alla nuova Milano”. E poi la ciliegina: “Tra di noi, molti pensavano di fare il quarto anno di Liceo in America. E poi non tornare. Non è più così. E’ giusto fare esperienza all’estero, ma c’è Milano nella nostra testa. Questa, un po’ americanizzata, è tornata ad essere la nostra città. Nuova Milano York o Nuova York Milano, allora. Un po’ di futuro è qui”.
Da notare il climax dell’articolo: si passa dall’esaltazione anti italiana della laurea in lingua inglese, al modificare il nome della capitale economica del Belpaese. Non basta infatti parlare come gli americani, bisogna impostare i corsi di laurea come quelli d’oltreoceano. Andiamo oltre, modifichiamo il nome delle nostre città e rendiamole per lo meno simili a quelle atlantiche. Solo così saremo all’altezza della situazione.
Qui purtroppo emerge tutto il senso di inferiorità nei confronti del mondo anglosassone. Atavico, mai sopito; cerchiamo di scimmiottare un mondo che non solo non ci appartiene, ma che ha fatto il possibile per cancellare le nostre identità, a scapito di quel mondo multi – multi che presenta fallimenti continui, e che vede grandissimi tensioni sociali nei Paesi ove è stato adottato. Inoltre, questa borghesia compradora cosmopolita che vorrebbe fare di Milano la novella New York, ora in giovane età, non è altro che la prosecuzione logica di ciò che è successo nel corso degli anni.
I vari Monti, Draghi, Padoa – Schioppa, Ciampi avevano ed hanno come modello gli Stati Uniti, e li servono con fedeltà quotidiana. Questi non sono altro che i loro futuri nipoti, i quali non hanno affatto alcun interesse nei confronti della loro Patria, ma verranno coinvolti in vortici sovranazionali che non avranno altro effetto di spezzare la schiena ai loro coetanei.
E’ possibile che non si possa sviluppare un modello alternativo? Una visione più nazionale, che non veda come modello un qualcosa che ha arrecato solo danni nel mondo? Vorremmo sperare nel risveglio di una coscienza italiana, meno esterofila, meno liberale. Non sarà il primato Giobertiano, né l’Italia di Papini, chiaramente. Tuttavia, è necessario capire che Nuova Milano York non solo è un errore, ma anche una bestemmia.