Missione riuscita: la grave crisi dello scisto negli Stati Uniti
di Philippe Grasset - 28/12/2015
Fonte: Aurora sito
Come già accennato, tale sequenza è di origine politica, iniziata nel dicembre 2014 con la collusione tra Stati Uniti e Arabia Saudita, dove Washington voleva mettere “in ginocchio la Russia”. L’Arabia Saudita, che vive al ritmo di piani totalmente destrutturati e avventurosi rispetto alla tradizionale cauta politica seguita, li ha visti come modo per privare la Siria di Assad del suo principale alleato, facendo credere al momento (dicembre 2014), agli analisti del settore del sistema, con i loro commenti regolarmente “copiati e incollati” sui loro pezzi fin dal 2011, che Assad “non aveva che un paio di settimane”. Nel frattempo, un anno dopo, la stessa grande manovra strategica che scatenava il crollo dei prezzi del petrolio, prepara la seconda vittima (in ordine cronologico) dopo lo scisto degli Stati Uniti, cioè l’Arabia Saudita stessa. (E con sempre lo stesso presidente in Siria…) Un articolo molto interessante di Daniel Lazare di ConsortiumNews, del 22 dicembre, descrive la cosa. “… In cima alla lista dei guai del regno c’è l’economia. Con il suo tasso di disoccupazione ostinatamente elevato e il crescente divario tra ricchi e poveri, l’Arabia Saudita è stata a lungo il malato del Golfo Persico. Anche se i pianificatori parlano di diversificazione economica dal 1970, il regno è in realtà più dipendente dal petrolio nel 2013 che 40 anni prima. La “saudizzazione” della forza lavoro è un altro mantra, eppure il mercato del lavoro rimane polarizzato tra un settore privato dominato da lavoratori ospiti stranieri, soprattutto dall’Asia del Sud, e un settore pubblico pieno di “divani umani” sauditi che trascorrono le loro giornate sdraiati negli uffici governativi. Riyadh vuole che i giovani lavorino negli alberghi, raffinerie e simili, ma la maggior parte preferisce aspettare una costosa sinecura dal governo, uno dei motivi per cui il tasso di disoccupazione tra i giovani è al 29 per cento. Data tale combinazione di dipendenza dal petrolio e disoccupazione, un calo di due terzi del prezzo del greggio da metà 2014 non poteva essere più dolorosa. Ma ciò che è ancora più spaventoso è la crescente consapevolezza che, con la riduzione della domanda causata dal rallentamento globale e dal crescente eccesso di offerta dovuta alla rivoluzione del fracking, i prezzi bassi saranno un fatto comune nei prossimi anni. Tale prospettiva non fa ben sperare a un Paese dipendente dal petrolio per il 91 per cento del fatturato estero, che attualmente brucia le riserve in valuta estera al tasso di 10 miliardi di dollari al mese…”
Naturalmente, la decisione di Stati Uniti-Arabia Saudita del dicembre 2014 non è la sola causa di tale situazione generale (crollo del prezzo del petrolio), ma è detonatore, chiave strategica, incentivo psicologico che innesca il collasso torrenziale. (Con le operazioni collaterali nella stessa direzione del crollo-disturbo del mercato dell’energia, favorite da un’antipolitica dagli adeguati standard demenziali del blocco BAO e della coppia Stati Uniti-Arabia Saudita, con il potere washingtoniano impotente, esausto e paralizzato, completamente dissolto nella follia. Si pensi allo sfruttamento petrolifero dello SIIL, la nebulosa terrorista perfettamente allineata al capitalismo autodistruttivo). Comunque, indipendentemente da ciò, il risultato è qui: la crisi del prezzo del petrolio è completamente scatenata, senza freni e termini grazie a tale impulso politico iniziale. Naturalmente, la Russia ne è anche necessariamente influenzata, come tutti i produttori di energia. Questo caso illumina ciò che costituisce una debolezza politica, non del Paese, ma della posizione di Putin che continua a dipendere dalle regole economiche e finanziarie del sistema con cui certamente non ha completamente rotto. Tale aspetto merita uno studio separato della situazione in cui si trova, grazie a fattori importanti e specifici della Russia. Ma capiamo che l’attuale debolezza russa non ha assolutamente nulla a che fare con il risultato atteso da Stati Uniti e Arabia Saudita nella loro grande operazione geo-energetica, che si prefiggeva nientemeno che la liquidazione della Russia come Stato indipendente e sovrano nel giro di poche settimane, e senza ridere…
Il risultato della manovra USA-Arabia Saudita non è geopolitico o economico-finanziario, od energetico, anche se è tutto questo, naturalmente, in effetti; né fornisce alcun vantaggio a qualcun altro provocando il generale peggioramento della situazione, non uniformemente distribuito tra i tre attori. Il risultato è escatologico, introducendo un nuovo fattore di disordine universale, un componente straordinario dello squilibrio destabilizzante, della dissoluzione della situazione generale e del sistema stesso, di conseguenza. È escatologica nel senso che rafforza il carattere assolutamente sfuggente e incontrollabile alle forze umane della situazione, rendendo la crisi generale se possibile ancor più indipendente dell’azione umana.Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora