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Caos climatico

di Alberto Castagnola - 28/12/2015

Fonte: Comune info


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Premessa

Il 12 dicembre 2015 si è conclusa a Parigi la 21 Conferenza delle Parti e subito è stato un fiorire di commenti che tendevano a sottolineare questo o quell’aspetto dei risultati approvati, diversi a seconda delle posizioni politiche assunte verso questo evento organizzato dall’Onu, oppure secondo le aspettative più o meno deluse di esperti e organismi, istituzionali o di movimento. Alcuni commento sono decisamente troppo drastici oppure fortemente ideologici, altri si limitano a mantenersi sulla superficie dei problemi affrontati. Pochi sono quelli che dagli intensi lavori svolti dalle 195 delegazioni, rappresentanti di paesi oppure di coordinamenti di paesi o di organizzazioni non governative, hanno saputo trarre delle indicazioni per i comportamenti futuri che si devono adottare verso questa complessa e multiforme iniziativa internazionale.

Quanto segue non aspira ad essere una lettura completa e scevra di errori (pochi riescono a padroneggiare le logiche delle burocrazie internazionali!), però tende, per molti punti essenziali dei documenti approvati, a chiarire le premesse e la reale portata delle scelte fatte, in una prospettiva dal basso, cioè sottolineando quanto i movimenti per l’ambiente dovrebbero fare nei prossimi mesi ed anni per esercitare sui governi le pressioni necessarie – da oggi sempre più essenziali – affinché vengano realmente bloccate le emissioni nocive per l’ecosfera e vengano ristabiliti gli equilibri planetari. Più che di una analisi critica si tratta quindi di uno strumento di lavoro, che spero sarà apprezzato da un numero rapidamente crescente di gruppi e di persone.

Commenti

Tra parentesi, i punti del Testo della Conferenza delle Parti e gli articoli dell’Accordo di Parigi riportati nel suo Annesso.

1. (Decima premessa della Conferenza e articolo 2 dell’Accordo approvato). Nella prima si riconosce in modo molto preoccupato l’urgente necessità di affrontare la distanza tra gli impegni per ridurre le emissioni indicati dai governi con scadenza 2020 e le tendenze delle emissioni globali, rispetto alla necessità di non superare i 2 gradi centigradi del riscaldamento planetario e anzi di cercare di portarlo a un grado e mezzo sempre in relazione ai livelli preindustriali. Nel secondo testo, uguale indicazione ma si aggiunge che “ciò dovrebbe ridurre in modo significativo i rischi e gli effetti del cambiamento climatico” . A questi contenuti è stato attribuita una attenzione massima, e giustamente, in quanto stabiliscono in modo inequivocabile la portata del fenomeno globale in atto e degli interventi necessari che i singoli governi devono realizzare. Tuttavia non si può dimenticare che l’Ipcc nel suo quinto rapporto (fatto proprio dall’Onu in una recente assemblea), chiedeva che si realizzassero cospicui investimenti per incidere sulla riduzione delle emissioni negli anni 2015-2020, (e un anno è già passato), condizione essenziale perché gli ulteriori interventi modificassero realmente il clima. Come si vedrà più avanti, non si prevede di rispettare questa tempistica e quindi il valore dei due testi ne risulta non poco svuotato. Anche la frase dell’articolo 2 che parla di ridurre i rischi e non di eliminazione del fenomeno, rappresenta una dizione forse realistica ma poco incoraggiante. Ancora, l’Accordo, nello stesso articolo, auspica che le misure da adottare non minaccino la produzione di alimenti (per paura di veder ridurre il gasolio per i macchinari dell’agricoltura meccanizzata?) e di garantire sufficienti risorse finanziarie per realizzare gli interventi necessari, ma nel contempo di far scomparire la povertà, obiettivo ovviamente condivisibile ma che potrebbe risultare non perseguibile specie nella fase di transizione verso una economia energetica non dannosa per il pianeta.

2. (Punto 17 del testo della Conferenza). Emerge un dato importante. Al 1° di ottobre risultavano aver presentato i rispettivi documenti con impegni e prospettive nazionali 160 paesi; una rapida analisi mostrava che malgrado gli interventi previsti le emissioni di gas serra avrebbero superato il limite proposto, raggiungendo i 2,7 gradi. Successive analisi, non ufficiali e che non specificavano il numero dei paesi adempienti, che avevano circolato prima dell’inizio dei lavori, indicavano un 3-3,5 gradi. Un commento pubblicato dopo la conclusione dei lavori da Global Footprint Network indicava cifre comprese fra i 3 e i 7 gradi. Si tratta di cifre di massima ma sono viste con preoccupazione anche dagli estensori del testo della Conferenza. E forse ancora qualcuno dei grandi inquinatori mancava ancora all’appello. Il grado di consapevolezza di molti governi lasciava quindi molto a desiderare.

3. (Punto 2 della Conferenza e articolo 20 e 21 dell’Accordo). L’accordo sarà disponibile per le firme e le ratifiche dal 22 aprile 2016 al 21 aprile 2017 ed entrerà in vigore trenta giorni dopo che almeno 55 Parti della Conferenza, che insieme rappresentino almeno il 55 per cento delle emissioni di gas serra, abbiano firmato. Queste scadenze che allungano ulteriormente i tempi sono forse inevitabili a livello della megastruttura dell’Onu, però è molto difficile prevedere una “corsa” alla firma dei maggiori paesi inquinatori, spinti dal desiderio di affrontare il problema del clima, e inoltre le mancate firme al Protocollo di Kyoto, in particolare quella degli Stati Uniti, sono un ricordo non certo cancellato e un evento drammatico che potrebbe ripetersi. Questo rischio è forse uno dei motivi per cui il negoziato ha evitato di suscitare conflitti aperti e prese di posizione governative difficilmente recuperabili nei prossimi mesi.

4. Leggendo i 140 punti del documento approvato dalla Conferenza delle parti (al quale è allegato il testo dell’Accordo vero e proprio), chi si aspettava un piano massiccio di interventi volti ad iniziare a ridurre le emissioni in tempi molto brevi, può rimanere molto deluso. In realtà c’è un passaggio formale, ma non di poca importanza: il testo dell’Accordo deve prima essere firmato o ratificato da tutti i paesi finora coinvolti e anzi potrebbero firmare anche paesi che non partecipano alla Conferenza delle Parti o altri coordinamenti di paesi che preferiscono partecipare come reti e non come singoli governi. Questa procedura potrebbe essere accelerata se una larga maggioranza dei paesi coinvolti si precipitassero a firmare, ma invece si prevede di lasciare aperta la possibilità di adesione per oltre un anno. Quindi due parti del documento della Cop dedicano una parte consistente dei punti trattati al proseguimento e al potenziamento degli interventi di adattamento e di mitigazione già decisi a Cancun, che però erano largamente volontari e di fatto non dovevano tenere presenti degli obiettivi vincolanti di riduzione delle emissioni, cioè non venivano valutati in base alla loro capacità di incidere sul riscaldamento globale. In sostanza si continua una fase di transizione, non negativa in linea di principio, ma che non teneva sufficientemente conto di una crisi climatica in fase di accelerazione.

Quindi in pratica il documento prevede che questo tipo di intervento continui fino al 2020, affidato alla buona volontà di singoli governi e soltanto con risorse modeste, non in grado di incidere sui principali fenomeni del riscaldamento globale, ma solo di evitare danni incontrollabili e alcuni effetti più gravi.

A Parigi, quindi, – non riuscendo a mettere tutti d’accordo su obiettivi vincolanti – si è deciso di avviare un processo meno traumatico: si sono raccolti gli impegni spontaneamente decisi dai singoli governi, e si è scelta la strada di una loro graduale correzione e il limite è stato spostato al 2020, quando è previsto di rimodulare i rispettivi impegni. Ovviamente il problema è che in tal modo non si è tenuto conto delle indicazioni pressanti e duramente realistiche dell’Ipcc (l’organismo altamente scientifico dello stesso Onu). Scorrendo i testi ufficiali si può però notare che in realtà si sono anche fatte alcune operazioni che dovranno essere valutate a fondo nei termini più realistici possibili.

5. L’organismo internazionale da un lato ha messo a disposizione dei paesi membri degli organismi tecnici che potrebbero contribuire ad assumere impegni più incisivi i paesi più disponibili e quelli non in grado – per scarsa disponibilità di risorse, per gravi problemi sociali, per alto livello di inquinamento industriale, per insufficiente livello tecnologico, per dimensioni o per maggiore esposizione alle prime conseguenze dei mutamenti climatici – di affrontare in modo adeguato la crisi ambientale globale. L’Onu ha messo a disposizione del nuovo accordo i quattro organismi che già lavoravano per la Cop (Sussidiary Body for Scientific and Technological Advise, Green Climate Fund, Global Environment Facility, Standing Committee on Finance) ed ha anche deciso di crearne altri due (Committee on Capacity Building e Capacity- building Initiative for Transparency). I nomi sono citati più volte nei documenti, ma non è facile capire la loro consistenza funzionale. Potrebbero essere dei piccoli nuclei di funzionari amministrativi, in pratica dei passacarte, solo in grado di alimentare delle procedure burocratiche e l’Onu è stato spesso criticato per motivi di questo genere. In realtà servirebbero degli organismi con tecnici e scienziati di alto livello, in grado di consigliare tutti i governi e di esercitare consistenti spinte sui processi decisionali nazionali. Questo aspetto dovrà essere molto approfondito prima di dare giudizi definitivi sull’intera vicenda.

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6. L’altro aspetto sul quale vorrei attirare l’attenzione riguarda le scadenze dell’insieme delle procedure previste. In allegato ho messo un quadro di impegni, verifiche, controlli e scadenze che – salvo errori e omissioni – sembrano delineare un processo che seppure partito in un rischiosissimo ritardo, potrebbe forse dare dei risultati (anche perché l’intensificarsi e l’aggravarsi degli eventi climatici potrebbe imprimere finalmente dei ritmi ben diversi e ispirati ad una maggiore consapevolezza). In sintesi, si può rilevare la presenza di molti rapporti annuali, la previsione di molti contributi a livello tecnico-scientifico, provenienti da più organismi interni, il tentativo di richiedere apporti anche da istituzioni esterne all’Onu, mentre le scadenze seppur quinquennali, potrebbero costituire un momento di sintesi e di salto di qualità. I singoli governi dovrebbero quindi essere continuamente stimolati a sottoporre a valutazioni internazionali i loro progressi o ritardi, e le loro strategie sempre aggiornate per il clima.

Ovviamente, anche in questo caso, tutto questo complesso meccanismo si può trasformare in un incubo burocratico, fatto di comunicazioni formali o incoerenti, che circolano a vari livelli, senza trasformarsi mai in processi decisionali e attività concrete dei governi, inseriti in un quadro integrato e coerente planetario. I prossimi mesi saranno importanti da questo punto di vista.

7. Ultimo punto, forse una delle omissioni più importanti, riguarda i finanziamenti. Pochi accenni, piuttosto vaghi, alle fonti di finanziamento di tutto il processo, che sembrano rimandare alle sedi di bilancio delle Nazioni Unite (Articolo 9 dell’Accordo).

Considerazioni

Al termine di queste analisi, ancora parziali e non sufficientemente approfondite, ci sembra necessario formulare delle considerazioni complessive sull’intero evento, sul quale si erano accumulate molte aspettative, forse eccessive perché non tenevano conto della gravità della situazione politico-economica mondiale, della complessità della crisi climatica e della sostanziale inadeguatezza delle Nazioni Unite come gestore di situazioni così nuove e di difficile comprensione. La divaricazione delle posizioni tra paesi industrializzati e quelli ancora immersi nel cosiddetto sottosviluppo ormai da molti decenni; la difficoltà oggettiva di affrontare in modo unitario processi di transizione destinati a prolungarsi nel tempo e che invece richiederebbero interventi urgenti e massicci; il permanere di tanti altri problemi (citiamo da un lato, la fame, la povertà, i movimenti migratori forzati; dall’altro tutti gli altri meccanismi di danno ambientale (ricordiamo solo la crisi idrica, la sparizione di tante specie animali, l’inquinamento degli oceani, l’inurbamento eccessivo), per i quali il cambiamento clima è insieme causa scatenante e fattore di più rapido peggioramento; la debolezza di tanti governi sia al Nord che nei tanti Sud. Tutti questi fattori devono aver indotto le Nazioni Unite ad usare la massima cautela e a cercare invece di avviare dei processi di portata globale nella speranza di poterli accelerare e moltiplicare nei tempi più brevi possibili. In altre parole, di fronte ad una serie di schieramenti contrapposti su aspetti specifici molto importanti (ad esempio le questioni finanziarie), si sta cercando di portare a casa un Trattato firmato da tutti (o da una larghissima maggioranza di paesi) e poi di avviare dei processi sempre più cogenti anche se diluiti nel tempo. C’è solo da sperare che il pianeta rispetti le esigenze politiche di popolazioni poco consapevoli.

Mi sembra anche opportuno evidenziare il fatto che il sistema capitalistico oggi dominante sta ancora cercando – come ha fatto tante volte in passato – di promuovere delle trasformazioni per lui indolori, anzi che spesso comportano nuove opportunità di rilancio (ad esempio nel crescente campo della cosiddetta “green economy”, tutte forme mascherate di ricerca del profitto), delle mutazioni che magari spostano i luoghi dove si ottengono risultati positivi, ma che nel loro insieme non incidono sulla natura e le logiche profonde del sistema. La crisi climatica, dobbiamo esserne coscienti, ha assunto dimensioni e caratteristiche tali da richiedere ben altri cambiamenti, di logiche e di meccanismi, e il tentativo di imporre questi cambiamenti (necessari e urgenti) mobilitando tutti i governi, non può che trovare opposizioni a tutti i livelli.

Se questo è vero, un forte senso di realismo dovrebbe portare tutte le organizzazioni di base, isolate o comprese in movimenti più ampi, ad assumersi particolari responsabilità per l’immediato futuro. Tutti coloro che almeno negli ultimi due decenni hanno denunciato il progredire e l’accentuarsi delle crisi planetarie – e, diciamolo, vedono oggi confermate ed accettate ai massimi livelli le loro analisi e previsioni tante volte ignorate o derise – devono da adesso in poi assumersi responsabilmente il ruolo di sollecitatori e critici degli impegni e delle scelte concrete ed efficaci di tutti i governi, oggi finalmente messi di fronte a dei compiti non più trascurabili, pena un aumento delle sofferenze umane e dei costi economici in misura rapidamente insostenibili e con alti livelli di rischio per la biosfera. Il lavoro da svolgere è chiaramente immane, ma decisamente inevitabile. I prossimi mesi devono vedere nuove forme di impegno e di coordinamento, dovremo immaginarci metodi di pressione e di lotta che costringano i governi (e non solo quelli dei governi di appartenenza degli attivisti e delle associazioni) a impegnarsi a fondo e a moltiplicare i loro sforzi senza alcun indugio. Almeno tre linee immediate di lavoro emergono dai commenti precedenti:

a) le ratifiche dell’Accordo devono essere esercitate nel più breve tempo possibile (e ogni sottrazione o ritardo deve essere contestato in qualunque luogo si verifichi);

b) gli impegni assunti in ogni documento presentato dai governi devono essere fatti subito oggetto di analisi approfondite e di critiche motivate da parte dei movimenti ambientalisti, senza preoccupazioni formali o autolimitazioni di comodo, perché sono in gioco meccanismi che agiscono in ogni parte della biosfera senza distinzioni di frontiere e di regimi, di livelli di reddito o di collocazioni politiche;

c) le iniziative di base che costituiscono le migliori opposizioni a tutti i danni ambientali devono essere fatte conoscere a scala internazionale, imitate e moltiplicate sistematicamente paese per paese, e i vantaggi per le popolazioni degli interventi più corretti ed efficaci devono essere fatti emergere e diventare parte dei modelli alternativi di società e di relazioni.

ALLEGATI

Schema sintetico delle scadenze (Punti della Conferenza e articoli dell’Accordo)
Completare l’invio dei NDC (contributi definiti a livello nazionale) e promuovere altre adesioni prima dell’entrata in vigore dell’Accordo (Punto 15)
Organizzare cerimonia ad alto livello per la firma ufficiale 22 aprile 2016 (Punto 3)
Le ratifiche devono essere inviate il più presto possibile
Continuare le pubblicazioni sul sito di tutti gli NCD (Punto 14)
Prossima sessione della Conferenza delle Parti (COP 22) novembre 2016 (Punto 11 e 13)
Il Segretariato dove aggiornare il rapporto di sintesi sui NDC entro il 4 aprile e renderlo disponibile entro il 2 maggio 2016 (Punto 19)
Avviare i dialogo tra le parti nel 2018 (Articolo 4, paragrafo 8)
Rapporto speciale dell’IPCC nel 2018 sui progressi nella riduzione delle emissioni (Punto 21)
Nuovi NDC con impegni aggiornati entro il 2020, con una prospettiva al 2025, e proseguire così ogni 5 anni (Articolo 4) ; nove mesi prima rapporto di sintesi con gli aggiornamenti a cura del Segretariato (Punto 25)
Se delle parti avranno elaborato una prospettiva al 2030, devono comunicarla al segretariato entro il 2020 e poi aggiornarla ogni 5 anni. (Punto 24)
Prima della Prossima Conferenza si devono aggiornare le modalità di elaborazione dei NDC (Punto 26)
Viene precisato lo schema da seguire nella elaborazione dei NDC di ogni paese (Punto 27, vedi traduzione di seguito)
Il Gruppo di Lavoro Speciale sull’Accordo di Parigi (Punto 28) deve elaborare un rapporto da adottare nella prossima sessione della Conferenza (novembre 2016, COP 22)
Viene creato un Subsidiary Body per il Registro Pubblico (Articolo 4, paragrafo 12) da adottare nella prossima Conferenza , la COP 22 del novembre 2016 dove pubblicare e rendere apertamente consultabili tutti gli NDC.
Il Segretariato ne deve organizzare uno provvisorio nella prima metà del 2016 (Punto 30)
Il Forum sull’impatto delle misure finora prese in vari paesi deve continuare ad operare (Punto 33)
Devono esser evitate le duplicazioni quando si dichiarano e comunicano dati e analisi sulle misure da adottare (Punti 31, 35 e 37)
Entro il 2020 (Articolo 4, paragrafo 19) devono precisarsi le strategie per la metà del secolo
La conferenza, in base all’Articolo 6, paragrafo 4, deve adottare regole, modalità e procedure (Punti 38, 39, 40 e 41) nella prossima COP 22 del novembre 2016.
Si richiede all’Organismo Sussidiario per la Consulenza Scientifica e tecnologica di avviare un programma di lavoro nel quadro delle iniziative non di mercato verso uno sviluppo sostenibile (Punto 42 e Articolo 6, paragrafo 8)
Il Comitato per le misure di Adattamento e quello per i paesi meno sviluppati (Punto 42 e Articolo 7) devono insieme sviluppare le modalità per valutare gli sforzi di adattamento dei paesi in via di sviluppo e devono portare i risultati nella prossima sessione della Conferenza delle Parti.
Inoltre nel 2017 sarà sottoposto a revisione tutto il lavoro di adattamento (Articolo 43)
Si invitato tutte le Agenzie dell’Onu in possesso di competenze utili, di fornire tutte le informazioni in loro possesso (Punto 44)
Sarà opportuno potenziare tutta la cooperazione regionale per interventi di adattamento (Punto 45)
E’ previsto di sviluppare metodologie e raccomandazioni da far adottare dalla Cop 22 del novembre 2016, da parte del Comitato per l’adattamento e del Gruppo Esperti dei paesi meno sviluppati (Punto 46)
Adottare tutte le misure necessarie per i paesi meno dotati (Articoli 2 e 7, paragrafo 14 (c) e Punto 46)
Richiedere al Green Climate Fund (Punto 47) di fornire sostegno ai paesi meno sviluppati affinché elaborino piani di adattamento nazionali e per la loro attuazione.
Richiedere al Warsaw Executive Committee di creare una clearinghouse (Stanza di compensazione) per le assicurazioni e i trasferimenti dei rischi
Formula una raccomandazione diretta al Warsaw Executive Committee perché eviti o assista i profughi climatici (Punto 50) e su tali interventi presentare un rapporto annuale.
Si ribadiscono gli impegni assunti con i paesi in via di sviluppo fino al 2025 in termini di adattamento e mitigazione ed entro il 2025 dovrà essere definito un nuovo obiettivo a partire da un impegno di base di 100 miliardi di dollari all’anno per i paesi in via di sviluppo (Punto 54 e Articolo 9)
Il Subsidiary Body for Scientific and Technological Advise deve presentare un rapporto alla Cop 24 (novembre 2018)
Si è deciso che oltre al Green Climate Fund, anche la Global Environment Facility e l’Adaptation Fund contribuiranno all’Accordo (Punto 59 e 60), e sarà utilizzato lo Standing Committee on Finance (Punto 64)
Si è deciso di potenziare il Technology Mechanism e di farlo collaborare all’attuazione dell’Accordo (Punto 67)
Nel maggio 2016 nella sua sessione n. 44 il Sussidiary Body for Scientific and Technological Advise dovrà definire la cornice nella quale effettuare i trasferimenti di tecnologia ai paesi in via di sviluppo (Punto 68 e Articolo 10 paragrafo 4), da approvare nella prossima COP 22, arrivando ad approvare progetti finanziabili (Punto 68 (a) )
Saranno effettuate valutazioni periodiche sulla efficacia e sulla adeguatezza del sostegno fornito dal Technology Mechanism (Punto 70)
Si chiede al Subsidiary for Implementation di avviare nella sua 44 sessione gli obiettivi e le metodologie per le valutazioni periodiche, prendendo in considerazione le revisioni del Climate Technology Center e Network e la revisione globale ( Punto 70) per essere approvati (Punto 71 e Articolo 14) nella Cop 25, sessione del novembre 2019
Si crea un nuovo organismo, il Committee for Capacity Building, (Punto 72), che gestirà il Piano di Lavoro per il periodo 2016-2020 (Punto 74)
Ogni anno questo Committee si dedicherà ad affrontare un tema specifico o i problemi di un’area determinata (Punto 75)
Ogni anno saranno effettuati incontri tra il Subsidiary Body for Implementation e il Committe for Capacity Building (Punto 76)
Nella 22° sessione della Conferenza (novembre 2016) saranno affrontati i temi trattati dai Punti 75-78 e 82-83 (Punto 77)
Entro il 9 marzo 2016 le Parti devono segnalare chi deve essere membro del Committee on Capacity Building (Punto 78)
Contenuti del lavoro di capacity building (Punto 78)
Il Comitato sulla Capacity building dovrà presentare rapporti annuali (Punto 80)
Nella CAP 25 (novembre 2019) sarà presentato un rapporto sul lavoro svolto e sulla eventuale necessità di modifiche o potenziamenti (Punto 82 e Articolo11, paragrafo 5 dell’Accordo)
Importanza attribuita alla istruzione, alla formazione e alla consapevolezza pubblica (Punto 83)
Viene creata una Capacity Building Initiative for Transparency, sia prima che dopo il 2020 (punto 85 e Articolo 13 per aiutare nei tempi dovuti i paesi in via di sviluppo
La valutazione del lavoro per la Trasparenza sarà effettuata durante la settima revisione del meccanismo Finanziario (Punto 88)
Ne riferiranno a partire dal 2016 nel rapporto del Global Environment Facility (Punto 88)
Ad eccezione dei paesi più vulnerabili e gli Stati che si sviluppano sulle piccole isole, salvo loro decisione in contrario, si dovrà riferire ogni due anni.
Il Gruppo di Lavoro ad Hoc sull’accordo di Parigi (Punto 92 e Articolo 13, paragrafo 13) farà quanto previsto nel Punto 93 dalla a) alla g).
Il lavoro dovrà terminare entro il 2018 (Punto 97)
Si dovrà informare il Gruppo di Lavoro ad hoc (Punto 101), prima del suo secondo incontro.
Facilitazione, attuazione, verifica ( Punto 103 e Articolo 15, paragrafo 2), attività da verificare prima della prossima Conferenza delle Parti, n.22
Fare il massimo degli sforzi di mitigazione prima del 2020.
Invitare i paesi in via di sviluppo che non hanno ancora inviato il loro rapporto biennale di aggiornamento, di inviarlo appena possibile per effettuare la revisione globale prevista dall’Articolo 14 (Punto 102)
Spingere tutte le parti a partecipare ai processi di valutazione, informazione e verifica sulla mitigazione, previsti dall’Accordo di Cancun (Punto 106)
Incoraggiare le parti a promuovere le cancellazioni previste dall’Accordo di Kyoto, ivi comprese le riduzioni dei certificati di emissione che sono validi per il secondo periodo degli impegni,(Punti 107 e 108)
Si devono presentare rapporti annuali sulle mitigazioni (Punto 110).
Resta da decidere la data in cui il segretariato procederà a queste operazioni (Punto 112).
E’ stato deciso di realizzare un evento di valutazione (Punto 121)
Si prevede (Punto 114) di realizzare nel 2017 una valutazione del processo di cui al Punto 110 per poter confermare l’efficacia di questa categoria di interventi.
Si pensa di organizzare un evento ad alto livello nel periodo 2016-2020 (Punto 121)
Ogni anno sarà elaborato un documento tecnico sulle misure di adattamento (Punto 125 e 128) che tenga conto dei risultati delle politiche di mitigazione.
Parti e osservatori dovrebbero fornire delle informazioni dopo il 3 febbraio 2010 (Punto 133)
Testi in italiano
Punto 27
“Si è d’accordo che le informazioni che devono essere fornite dalle Parti per comunicare i loro contributi definiti a livello nazionale (NDC), al fine di agevolare la chiarezza, la trasparenza e la comprensione, possono includere, se opportuno, tra le altre cose, informazioni quantificate, sui punti ai quali si fa riferimento, (comprendendo, se opportuno, un anno base) tabelle temporali e/o periodi di realizzazione, obiettivi e fenomeni coperti, processi pianificati, ipotesi e scelte metodologiche, comprese quelle per stimare e calcolare le emissioni antropogeniche di gas serra, e quando opportuno, le rimozioni, e come ogni Parte considera che sia un contributo determinato a scala nazionale, insieme corretto e ambizioso, alla luce delle situazioni nazionali e nella misura in cui contribuisce a raggiungere gli obiettivi della Conferenza, come indicati nell’Articolo 2”
Punto 32
“Si decide inoltre che l’Organismo Sussidiario per le Consulenze Scientifiche e Tecnologiche e l’Organismo Sussidiario per l’Attuazione debbano raccomandare, perché siano prese in considerazione e adottate dalla Conferenza delle Parti che serve come incontro delle Parti ai fini dell’Accordo di Parigi, nella sua prima sessione, le modalità, il programma dei lavori e le funzioni del Forum sull’Impatto della Attuazione degli effetti delle misure , in modo da orientare gli effetti delle misure adottate in base all’Accordo, potenziando la cooperazione tra le Parti sulla comprensione degli impatti delle azioni di mitigazione in base all’Accordo, e lo scambio di informazioni , di esperienze, e delle pratiche migliori tra le Parti per aumentare la loro capacità di resilienza a questi impatti”.
Punto 74
“Si è deciso inoltre di lanciare un piano di lavoro per il periodo 2016-2020, comprendente le seguenti attività:
(a) Valutando come aumentare le sinergie attraverso la cooperazione ed evitare duplicazioni tra gli organismi già esistenti sulla base della Conferenza, che realizzano le attività di costruzione delle capacità , comprese quelle realizzate attraverso la collaborazione all’interno e all’esterno della Conferenza;
(b) Individuando le carenze nelle capacità e i fabbisogni, e formulando raccomandazioni per affrontarli;
(c) Promuovendo lo sviluppo e la disseminazione di strumenti e di metodologie per la realizzazione della capacity-building;
(d) ……..una cooperazione a livello globale, regionale, nazionale, e all’interno dei paesi;
(e) Individuando e raccogliendo buone pratiche, eccellenze, esperienze e insegnamenti appresi dal lavoro di capacity-building dagli organismi creati nel quadro della Conferenza;
(f) Esplorando i modi in cui i paesi in via di sviluppo che sono Parti della conferenza, posso impadronirsi della capacità di costruzione e poi mantenerla nel tempo e nello spazio;
(g) Individuando opportunità di potenziare queste capacità a livello, nazionale , regionale e all’interno dei paesi;
(h) …………il dialogo, il coordinamento, la collaborazione e la coerenza tra i più importanti processi e le iniziative intraprese dalla Conferenza, comprese quelle che si realizzano con lo scambio di informazioni sulle attività e le strategie di capacity-building degli organismi creai all’interno della Conferenza.
(i) Fornendo elementi che possano guidare il segretariato per mantenere in funzione e sviluppare ulteriormente il portale creato sulla rete per la capacity- building”