Putin killer e ora corrotto: è iniziato l’attacco finale?
di Marcello Foa - 01/02/2016
Fonte: blog.ilgiornale
Mettiamo in fila le ultime notizie su Putin.
La scorsa settimana è stato accusato dalla Gran Bretagna di essere il mandante dell’omicidio Litvinenko, senza alcuna prova e nell’ambito di un’inchiesta non giudiziaria ma politica.
Ora dagli Stati Uniti arriva un altro siluro ed è significativo che sia stato lanciato tramite un media britannico, la Bbc. Durante uno speciale televisivo il ministro del Tesoro Usa ha accusato il presidente russo di “essere corrotto” avvertendo che il suo governo lo sa da anni. E naturalmente la Bbc, citando un “insider russo”, ha aggiunto che Putin avrebbe ricevuto in dono da Abramovich uno yacht da 35 milioni di dollari.
Insomma nel giro di una settimana Putin è stato indicato come un assassino e come un ladro. Manca solo l’accusa di pedofilia… Segnali che vanno interpretati secondo i canoni delle moderne guerre asimmetriche e che non lascerebbero presagire nulla di buono: gli Stati Uniti sembrerebbero intenzionati ad accelerare la resa dei conti con il capo del Cremlino.
A meno che la vera partita sia stia giocando non a Mosca ma a Washington. Fuor di metafora: negli ultimi 15 anni la politica estera americana è stata dominata dai neocon, che perseguendo i loro folli piani sono riusciti a destabilizzare l’Afghanistan, l’Irak, la Tunisia, l’Egitto, la Libia, la Siria, a mettere in un angolo la Russia e a dichiarare una “guerra al terrorismo” ottusa e strumentale che non ha portato più pace ma ancor più terrorismo con le sembianze dell’Isis.
Da qualche tempo, però, l’ala moderata dell’establishment americano pare aver trovato la forza di ribellarsi, in un impeto sia diplomatico che militare, testimoniato dalla rivolta dei generali del Pentagono contro la politica Usa in Siria.
C’è una parte di America che vuole davvero chiudere i conti con l’Isis, è la stessa America che ha riallacciato i rapporti con l’Iran e ora parrebbe disposta ad avviare una nuova distensione con Putin. Nei giorni scorsi il segretario di Stato John Kerry, parlando a Davos, ha evocato la possibile revoca delle sanzioni, nei prossimi mesi, se il Cremlino rispetterà gli accordi di Minsk sulla pace in Ucraina. Dichiarazione che è prematuro considerare come una vera e propria apertura ma che potrebbe essere letta nell’ambito della lotta di poter in corso nella capitale Usa. I neocon lanciano perfidi siluri mentre l’establishment tende la mano.
Che succede a Washington? E che farà Obama, troverà davvero il coraggio di correggere, almeno in parte, gli errori fin qui commessi? Prepariamoci, saranno settimane decisive.