Il collasso occidentale
di Andrea Zhok - 03/01/2025
Fonte: Andrea Zhok
Ieri, stando ai resoconti di stamane, sono stati uccisi 63 civili palestinesi dall'esercito israeliano.
Nelle ultime 72 ore risultano morti di stenti e freddo 7 bambini nelle "safety zones" palestinesi.
Ah, dimenticavo, buon anno a tutti.
Il primo impulso oggi sarebbe di dire che mi vergogno di essere italiano ed europeo.
Ma francamente, oltre ad appartenere al novero delle dichiarazioni sterilmente patetiche, si tratterebbe di una proposizione profondamente ingiusta.
Perché significherebbe lasciare alle nostre attuali classi dirigenti la titolarità di presentarsi come eredi di una storia e di una cultura grandi, di una storia e una cultura che essi ignorano e disprezzano.
No, l'unica cosa di cui credo sia giusto provare davvero vergogna è di vivere in un protettorato americano, guidato da una classe politica (con destra o sinistra perfettamente equivalenti) composta di servi di bottega, di lacché senza dignità, disponibili a svendere ogni briciola del proprio paese, del proprio popolo, della propria storia pur di mantenersi in sella per qualche mese in più, pur di godere delle genuflessioni untuose di greggi mediatici dipendenti dai medesimi padroni.
C'è chi dice che la classe politica agisce così perché cerca di preservare il benessere del proprio paese pur sotto condizioni di oggettivo ricatto.
Solo che queste sono semplicemente balle autogiustificatorie.
Ogni mese che passa, ogni decisione autolesionista che viene infilata come perline, una dietro l'altra, porta l'Europa, e l'Italia, come vaso di coccio tra vasi di latta, ad indebolirsi ulteriormente. E quanto più questa cessione di sovranità e indipendenza procede, tanto minore sarà il potere contrattuale per poter resistere alla pressione successiva.
L'Europa che si è consegnata mani e piedi alle forniture energetiche americane si è evirata con le proprie mani. Poteva resistere, poteva capire, poteva negoziare, ma non lo ha fatto. E non lo ha fatto perché le sue classi dirigenti sono composte in misure bilanciate di imbecilli e di venduti, cioè di gente che pensa sul serio di vivere nel migliore dei mondi possibili (il giardino liberaldemocratico) e di gente il cui sogno esistenziale sarebbe di vendersi la Sicilia per un appartamento a Manhattan.
Ma visto che è l'inizio di un nuovo anno, cerchiamo di scorgere qualcosa di buono in questo disastro umano e civile. Ecco, l'elemento amaramente positivo di questa situazione è che il processo di decomposizione occidentale ha preso un passo accelerato, gli scricchiolii aumentano di frequenza come accade tipicamente nelle fasi che preludono ai crolli.
Pensiamo solo a quel non banale dettaglio che è la sorte dell'ideologia del diritto.
L'Occidente ha prodotto come sua principale sovrastruttura autogiustificativa globale l'idea di essere l'alfiere del Diritto contro la Volontà soggettiva: i "diritti umani", il "diritto internazionale", il "diritto di proprietà", il "sistema fondato sulle regole", ecc.
Negli ultimi 4 anni ogni parvenza in questo senso si è dissolta come neve al sole.
Non che in precedenza davvero i "diritti umani" potessero essere compatibili, per dire, con 600.000 morti in Irak per "liberarli dalla dittatura". Ma la frequenza delle violazioni più manifeste era tale da consentire di dissimularle, di annegarle in altro notiziame brado di varia umanità. Ma cose come la complicità con l'eccidio palestinese in corso da parte degli eredi di Erode superano ogni livello di dissimulabilità: sono uno schiaffo in faccia ad ogni parvenza di umanità, sono una vergogna che rimarrà nella storia.
Similmente, ma su un piano differente, il rispetto sacrale della proprietà legittima è stata parte della struttura di diritto portante dell'Occidente. Può piacere o non piacere, ma l'idea di un diritto inscalfibile conferiva comunque una dimensione di affidabilità e non arbitrarietà al sistema occidentale. Anche questo si è dissolto nello spazio di un mattino, dapprima congelando conti correnti a contestatori politici, poi sequestrando beni di cittadini privati (russi), bloccando fondi finanziari in transito, cedendo gli interessi su quei fondi a entità statali terze, ed infine appropriandosi definitivamente di questi fondi stessi (unico passo su cui c'è ancora qualche resistenza in Europa). In un paio d’anni tutto il patrimonio secolare di affidabilità delle istituzioni finanziarie occidentali è finito giù per lo scarico.
O ancora, l'Occidente si è fatto vanto per lungo tempo di essere il luogo della libertà d'opinione e di parola. Ma anche qui, in tempi rapidissimi si è passati dalla persecuzione di Assange, alla chiusura di siti e pagine sgraditi, alla rimozione delle emittenti internazionali non allineate dalle piattaforme comunicative, all'arresto pretestuoso di Pavel Durov, patron dell'unico social riottoso ai desiderata della NSA, ai decreti censori del Digital Services Act, alla serena accettazione che l'ultimo anno abbia segnato il record di uccisioni di giornalisti sul campo, ecc. ecc.
La lista dei segni di collasso potrebbe continuar a lungo.
Molto semplicemente, l'ideologia autogiustificativa dell'Occidente ha perduto in brevissimo tempo, all'interno ma soprattutto all'esterno, ogni credibilità, e ciò lascia campo libero al puro e semplice esercizio della forza.
Ma quando si arriva al piano della forza, l'Occidente non ha più poi tante carte da giocare: le risorse naturali e demografiche lo vedono perdente, mentre il primato tecnologico non è più così netto (e verso alcuni paesi extraoccidentali non c'è proprio più).
Dunque qual è la buona novella di questo inizio d'anno?
Ecco credo che la buona notizia sia soltanto una: la parabola del lungo tramonto dell'Occidente ha subito una brusca accelerazione, la stagnazione senza sbocco sta giungendo a conclusione, tempi nuovi sono alle porte.
Come la storia del termine "apocalisse" ricorda, lo svelamento del nuovo tende ad avere caratteri cruenti, dunque l'avvento dei tempi nuovi non è una buona notizia per chi vive con agio il presente e brama solo una sua serena prosecuzione. Ma per tutti gli altri, si apre la stagione in cui ogni azione conterà doppio, la stagione in cui si gettano i semi dell'epoca a venire.