40 anni di caduta salariale
di Gilberto Trombetta - 03/08/2019
Fonte: Appello al Popolo
Dalla metà degli anni ’70 all’inizio del XXI secolo si è registrata una perdita dei salari pari al 10% del PIL. Una quota trasferita direttamente ai profitti delle classi più ricche. Il dubbio merito è delle tanto invocate e decantate riforme del mercato del lavoro, delle privatizzazioni, del progressivo ritorno della finanziarizzazione dell’economia. Insomma all’applicazione del mantra liberale per eccellenza “meno Stato, più mercato”.
La rivoluzione neoliberale su scala mondiale, i cui effetti da noi sono stati acuiti dall’ingresso nell’Unione Europea e dall’adozione dell’euro (cioè sulla libera circolazione di capitali, merci e lavoro), hanno permesso al 10% più ricco della popolazione mondiale (ma ancora di più all’1%) di vincere la lotta di classe, senza neanche combatterla più. Facendoci anzi credere che si trattasse di un capitolo chiuso della nostra storia.
Solo se lo Stato tornerà ad appropriarsi degli strumenti necessari, cioè della sua sovranità, si potrà tornare ad applicare la Costituzione che, lungi dal nominare mai la lotta all’inflazione, la stabilità dei prezzi, si concentra invece sulla piena occupazione e sulla dignità dei salari. Serve una nuova classe dirigente, politica e imprenditoriale, in grado di scalzare coloro che in questa situazione ci hanno condotti. Arricchendosi sulle spalle dei lavoratori.