Dove ci porterà la normalizzazione dei crimini israeliani
di Patrizia Cecconi
Fonte: Sovranità Popolare
Ci fu un tempo in cui in molti ipotizzammo che la pubblicazione dei documenti d’archivio che mostravano le vere intenzioni del neonato Stato di Israele (il piano Dalet, cioè l’annessione dell’intera Palestina) avrebbero modificato il comportamento giustificatorio delle potenze mondiali nei confronti dei crimini israeliani.
Chi sta scrivendo, ad esempio, si illuse che dopo la pubblicazione di alcuni libri di storici israeliani basati su documenti desecretati che mettevano a nudo la vera faccia di Israele, anche i robusti puntelli mediatici a sostegno del castello di menzogne che garantiva impunità ai crimini israeliani si sarebbero sgretolati.
Era solo un’illusione: gli opinion maker mainstream, infatti, avrebbero seguitato ad accantonare indecorosamente la dignità insita nella deontologia professionale e a coprire, con manipolazioni lessicali anche di basso livello, l’essenza criminale dei governi israeliani. In questi mesi, poi, basta un’occhiata ai notiziari TV e alla maggior parte dei quotidiani per rendersi conto che cronisti e inviati cosiddetti speciali sembrano a libro paga di Israele in modo talmente esagerato da toccare livelli scandalosi e, talvolta, addirittura ridicoli.
Fu un errore sperare che una volta caduti i veli che imbellettavano la vera faccia di Israele con la storiella dei deserti fioriti o del focolare per gli ebrei perseguitati, sarebbe apparsa la realtà di uno Stato nato per interessi congiunti del movimento sionista e delle grandi potenze dell’epoca, nascita facilitata da una parte dal senso di colpa occidentale per l’Olocausto nazista e, dall’altra, dalle sanguinose azioni terroristiche di ebrei che poi sarebbero divenuti importanti statisti israeliani e, in qualche caso, addirittura Nobel… per la pace!
In questi giorni, più ancora che nel passato, è sotto gli occhi di ogni osservatore onesto la realtà di questo Paese cresciuto sul sopruso e la violenza, ma costantemente protetto dallo “stato di eccezione” che ha consentito ai suoi rappresentanti di calpestare per 76 anni la legalità internazionale senza mai subire sanzioni; di occupare illegalmente i territori palestinesi da oltre mezzo secolo; di uccidere – impunemente – addirittura funzionari dell’ONU; di colpire ospedali, ambulanze, scuole; di commettere un genocidio e passare da vittima; di insultare il Segretario generale dell’ONU e, nonostante tutto questo e molto altro, di veder ospitare all’ONU il suo pluricondannato e plurimpunito primo ministro il quale, nel suo discorso, ha insultato pesantemente perfino l’Organizzazione che lo stava ospitando. Inoltre, con l’arroganza del criminale che sa di potersi porre al di sopra di ogni legge, proprio dopo il suo ingiurioso discorso, Netanyahu si è fatto riprendere mentre ordinava il bombardamento di un Paese sovrano, il Libano, non sazio dell’orrenda azione di cyberterrorismo ordita dal Mossad, accuratamente preparata già da molto tempo e non condannata con nessuna sanzione pur essendo palesemente un’azione di puro terrorismo o, secondo i nostri miserabili operatori mediatici, una “spettacolare dimostrazione di altissima tecnologia”.
Il perenne “stato di eccezione” e la geniale trovata della hasbara di ripetere che “Israele ha diritto a difendersi” qualunque cosa faccia, formano il binomio vincente che i suoi portavoce politici e mediatici usano per invertire i ruoli tra aggressore e aggredito, vittima e carnefice, azione e reazione falsando la realtà e rinforzando l’azione di quegli Stati che seguitano a offrire sostegno economico, militare e politico affinché il macellaio di Tel Aviv raggiunga lo scopo di ridisegnare il Medio Oriente secondo gli interessi espansionistici di “Eretz Israel” e delle potenze che ne ricavano beneficio. Tra queste, prima fra tutti gli Stati Uniti, maestri di crimini e di ipocrisia i quali, mentre riforniscono l’IDF di migliaia di tonnellate di armi di sterminio, fanno dire al loro sempre più stordito presidente che non è bello uccidere troppo!
Le sanguinose provocazioni all’Iran affinché entrasse in guerra, mai sanzionate, alla fine hanno portato a una reazione, peraltro moderata, ma sufficiente a scatenare il coro del gallinaio mediatico che all’unisono ha ripetuto che Israele è sotto attacco e bisogna neutralizzare Teheran. Del resto gli USA, al pari di Israele, sognano da decenni di spianare l’Iran e quindi le continue provocazioni sembrano ben pianificate, a prescindere dalle parole del confuso Biden .
Qualcuno si chiede se è Israele a servire gli USA o se è il contrario. Lo stesso Nasrallah, assassinato, guarda caso, poco dopo aver chiesto il cessate il fuoco, affermava che sono gli USA a servirsi di Israele. Questo spiegherebbe perché allo Stato ebraico finora è stato consentito tutto.
Non stupisce quindi che alla reazione dell’Iran dopo i numerosi omicidi di importanti leader abbia fatto seguito non la condanna di Israele, bensì quella del Paese provocato, aggredito e ferito.
L’UE, ruotino di scorta degli USA, ha immediatamente espresso “ferma condanna” alla risposta missilistica dell’Iran e ha ribadito “il suo impegno per la sicurezza di Israele” mentre il G7, presieduto attualmente dall’Italia, si è onorato di condannare “l’inaccettabile attacco dell’Iran contro Israele” e ha chiesto adeguate sanzioni.
Senza tanta complicità, sia politica che mediatica, il re sarebbe nudo, ovvero Israele apparirebbe per quel è, ma la protezione di cui gode mostra che si possono irridere le Istituzioni preposte alla legalità internazionale, che la Carta ONU è carta straccia, che la Dichiarazione universale dei diritti umani non vale per tutti, perdendo così la sua universalità. In sintesi Israele è un Paese fuorilegge e per questo, secondo alcuni giuristi, andrebbe isolato “fino a quando non si convincerà che, se vuole rimanere Stato, deve avere la dignità di Stato, quindi rispettare l’ordinamento giuridico internazionale” come afferma l’ex procuratrice della Corte Penale Internazionale Silvana Arbia in una recente intervista al Fatto Quotidiano.
Non vale, come giustificazione al genocidio e agli altri crimini in corso, neanche il ricorso all’azione cruenta (ma non come raccontata dalla propaganda) della resistenza palestinese del 7 ottobre del 2023. Una strage di 1.139 israeliani di cui oltre la metà civili che, tuttavia, non può cancellare la strage di piombo fuso (1300 civili assassinati di cui 310 bambini) o di margine protettivo (2300 civili di cui 560 bambini) e tutte le altre che da oltre 76 anni Israele commette. Se non ci fosse stata continua impunità e tanta corrotta complicità, non avrebbe avuto luogo neanche la strage del 7 ottobre.
Concludo dicendo che il danno che Israele sta facendo al mondo è gravissimo, la sua impunità diviene un modello che cancella il diritto sostituendolo con l’arbitrio della forza. E’ l’israelizzazione della società, il frutto avvelenato prodotto dallo stritolamento del Diritto internazionale grazie al cosiddetto “diritto di Israele a difendersi”.