"A che punto è la notte” sotto i cieli di Gaza e Kiev
di Elena Basile - 10/12/2023
Fonte: Elena Basile
Le cifre diramate da fonti ucraine sulla guerra sono di 150.000 morti. Fonti indipendenti considerano le cifre tra 200.000 e 400.000 più appropriate. Vi ricordate le domande di Ipazia? Una casalinga ucraina cosa può desiderare: una democrazia che attua le riforme, nella quale si investe in istruzione e sanità, l’Ucraina neutrale e libera di avere commerci e ricevere investimenti dall’Unione europea e dalla Russia, oppure una guerra nella quale perderà i figli al fine di difendere il diritto di Kiev di entrare nella Nato? La destra e i “miliziani” progressisti non hanno mai risposto. Dopo quasi due anni di guerra, l’Occidente democratico difende ancora il diritto di utilizzare un popolo per i propri sordidi scopi. Analisti, miti benpensanti, con grande calma e sfoggio di erudizione, spiegano che questa guerra continuerà almeno fino al 2025 in quanto le elezioni statunitensi non permetterebbero l’ammissione di una sconfitta. Quindi per permettere l’elezione di un uomo ormai anziano e rimbambito, marionetta di poteri che lo sorpassano, le morti di giovani ucraini devono continuare? Si balbetta che motivi di sicurezza nazionale europea costringono alla continuazione della guerra. Quali motivi? Nessuno è in grado di spiegarlo. Una potenza regionale col Pil del Texas non può minacciare la sicurezza dell’Europa solo perché, diversamente da Germania e Giappone, dopo la Seconda guerra mondiale non ha accettato la gerarchia che la relegava a perdente della Guerra fredda e ha osato difendere la propria sovranità contro l’espansionismo della Nato. Menzogne che coprono le usuali nefandezze, i crimini che la Storia ripete. Avrei voglia di portare i politici e la loro classe di servizio nei cimiteri dei diciottenni ucraini e farli inginocchiare. Intanto i militari ucraini e russi si incontrano e trattano. La Russia accetta ormai l’entrata di un’Ucraina dimezzata nella Nato dietro il riconoscimento dei 4 territori occupati: Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Kerson. Questo il minor male che ci possiamo attendere. Una cortina di ferro in Europa. E requiem per i sogni che la Carta di Parigi aveva ispirato. Un’architettura di sicurezza europea dove Occidente, Russia e vicinato dialogavano in una situazione di reciproco vantaggio.
A Gaza, i dannati della Terra sono ormai dimenticati. Le Nazioni Unite sottolineano la crisi umanitaria apocalittica. Meglio morire che rimanere feriti nell’inferno, ammassati per terra o sotto le macerie, senza soccorsi. Le immagini scompaiono dai giornali. I politici europei e la loro classe di servizio balbettano di diritto di difesa e aiuti umanitari senza avere il coraggio di opporsi al massacro in corso, assicurando a Israele l’impunità che ha fatto smarrire l’essenza dello spirito ebraico. Le autocrazie come le chiamiamo – Cina, Russia, Paesi arabi – parlano un linguaggio di pace e propongono risoluzioni Onu per il cessate il fuoco e l’inizio di una mediazione che riproponga la causa del popolo palestinese. L’Occidente si rifiuta di sottoscriverle. Il lavoro sporco deve essere ultimato. Trentamila miliziani di Hamas devono essere trucidati e con loro civili, donne e bambini. “Triste, ma ne vale la pena” come la Albrigth rispose a chi le ricordava le centinaia di bambini morti nella campagna di Iraq. L’obiettivo è avere il nord di Gaza come una zona cuscinetto e “gli animali”, come li definisce il ministro della Difesa israeliano, ammassati l’uno sull’altro a sud. Quelli che sopravviveranno. La prigione a cielo aperto si rimpicciolisce, le condizioni di vita peggiorano. Agli ostaggi Israele sembrerebbe avere rinunciato.
Dopo questo massacro si moltiplicheranno i ragazzi pronti al terrore. L’odio per l’oppressore crescerà e l’Europa sarà in prima fila, bersaglio di azioni terroristiche. Se la piazza continuerà a mobilitare l’opinione pubblica, forse le elezioni di Biden avranno una possibile influenza positiva. Non si potrà lasciare crescere l’indignazione nelle città del Nord America.
Biden chiederà agli amici di Tel Aviv di fare in fretta. Com’è possibile che dopo 2 guerre mondiali e l’olocausto siamo arrivati a questo punto? Tutto è ormai possibile. L’humus democratico è seppellito dalla retorica. Il cinismo impera. Si avalla oggi la distruzione di Gaza, domani chi saranno le nuove vittime? Del resto i media creano il mondo. Le immagini dei derelitti scompaiono. Gli alberi di Natale e l’orgia dei consumi ne prendono il posto. Che le piazze non dimentichino l’orrore, l’opinione pubblica resta l’unica arma contro i nuovi eccidi legittimati da una classe dirigente europea incompetente e spregiudicata. Il ministro Tajani si affanna a sottolineare che un ospedale da campo è fornito a Gaza. Li curiamo per lasciarli nuovamente bombardare da guariti? Tutti si piegano al surrealismo di una politica vuota di senso purché lo spettacolo continui: The show must go on."