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Adesso per il sovranismo è arrivata l’ora del salto di qualità

di Luigi Iacopino - 30/08/2019

Adesso per il sovranismo è arrivata l’ora del salto di qualità

Fonte: Barbadillo

“Una delle leve fondamentali che spinge questo governo a nascere, lo dobbiamo riconoscere, è la tutela e l’esigenza di preservare un ordine mondiale perché, diciamolo chiaramente, un ordine mondiale esiste, c’è”. Non usa mezzi termini Massimo Giannini per raccontare le genesi di quello che appare ormai il nuovo Governo giallo-rosso o, se si preferisce, giallo-fucsia. Ma il giornalista di Repubblica continua: “Tutto quello che rappresenta una minaccia all’ordine costituto viene guardato, dalle cancellerie e dalle tecnostrutture, con qualche preoccupazione”.
Se questa analisi – tra l’altro frutto delle riflessioni di una persona che certamente non può essere annoverata tra gli estimatori di Salvini – dovesse anche solo anche parzialmente corrispondere al vero, possiamo dire che per l’Italia si profilano tempi bui. Ma chi sarebbe questa minaccia? Niente meno che proprio il leader del Carroccio perché “rimetteva in discussione tutta una serie di certezze, giuste o sbagliate che siano, che erano state acquisite e conquistate nei decenni”.

LE INGERENZE ESTERNE
Suonano quasi minacciose le parole Guenther Oettinger, commissario Ue uscente al bilancio, il quale, esprimendo soddisfazione per la nascita del nuovo governo (salvo colpi di scena estremi), ha detto che “si farà il possibile per facilitare il lavoro del nuovo governo italiano, quando entrerà in carica e per ricompensarlo”. Del resto, appaiono sempre più evidenti le incredibili ingerenze esterne e i tentativi di condizionamento del già debole sistema politico italiano.
Ma quale sarebbe questo ordine costituito? Proviamo a riflettere senza cadere nella trappola del complottismo che squalifica ogni ragionamento e fa perdere credibilità. La prima rivoluzione industriale ha generato la società capitalistica fondata sulla produzione in serie, sul liberismo economico e sull’accumulazione di ricchezze nelle mani di pochi. Dal liberismo economico a quello sessuale il passo è stato breve. Il ‘68 ci ha proiettati, infatti, quale passaggio finale, nella società del godere illimitatamente e del vietato vietare dove il liberismo si è elevato a cultura politica e, infine, a categoria antropologica. In una società liquida del genere, dove l’omologazione e l’egualitarismo vorrebbero farla da padroni, non c’è più spazio per le identità e le tradizioni.

IL POSSIBILE FUTURO CHE CI ATTENDE
Ma non solo, Non c’è più spazio per la cultura e le diversità che arricchiscono. Non c’è più spazio per la famiglia naturale e probabilmente per la libertà educativa dei bambini. Non c’è più spazio per un’economia sociale fondata sulla sussidiarietà e per un sistema bancario che aiuti imprese e famiglie senza cedere alla finanza speculativa. Non c’è più spazio per i diritti sociali e per la tutela del consumo ragionevole. Non c’è più spazio per la sovranità dei popoli e per il primato della politica. Anche se, verrebbe da chiedersi, di quale politica dobbiamo parlare? Quella di questo ultimo mese ci ha fatto comprendere come la parola, l’onore e la dignità non significhino più nulla, sacrificate sull’altare del peggiore trasformismo possibile. Delle radici cristiane neppure a parlarne. Il pensiero unico, attraverso le armi del politicamente corretto, ci sta proiettando verso un progressismo becero tutto precarietà e flessibilità pronto a destrutturare gli ultimi corpi intermedi. Forse sarà fatta qualche banale concessione per placare gli animi ed evitare sorprese alle prossime elezioni. Chi vivrà, vedrà.

QUALE PROSPETTIVA?
Quello che sta accadendo, tuttavia può (e deve) indurre a una riflessione. Il sovranismo deve pensare o ripensare a se stesso, deve compiere un salto di qualità sia in termini di contenuti che di modalità di azione. Ma soprattutto deve acquisire coscienza delle dinamiche politiche e dei fenomeni sociali per evitare di subirli passivamente senza comprenderne la reale dimensione. La sfida è prima di tutto culturale e antropologica, e solo successivamente politica ed economica.