Altro che America: il secolo è cinese
di Massimo Fini - 19/03/2025
Fonte: Massimo Fini
Quatta quatta, ma in realtà non tanto quatta, la Cina sta conquistando il mondo. Non fa, a differenza del cosiddetto Occidente, guerre inutili, la conquista avviene attraverso la conoscenza, la ricerca, l’innovazione in particolare nel campo di quella tecnologia digitale che oggi sembra governare il mondo. Innumerevoli sono le start-up cinesi, guidate da ragazzi che hanno studiato in università cinesi, che sono in grado oggi di sfidare i giganti della Tecno americani: Liang Wenfeng fondatore di Deepseek in primissima posizione nel mondo dell’intelligenza artificiale, Wang Xingxing fondatore di Unitree Robotics “diventata un fenomeno dopo che i suoi robot umanoidi hanno debuttato ballando musica folk” (copyright Danilo Taino) Zhang Yiming di ByteDance, la società proprietaria di TikTok, così potente che in Romania per delegittimare il candidato indipendente e filorusso Calin Georgescu lo hanno accusato di utilizzare TikTok (bell’esercizio di democrazia, direi) e ancor più perché sono milioni i ragazzini e le ragazzine che si esercitano su TikTok nella speranza di diventare degli influencer. C’è poi Wang Tao, fondatore di Dji, il maggior produttore mondiale di droni.
Cosa dovrebbe fare l’Europa nei confronti della Cina? Sottomettersi come ha fatto dalla fine della Seconda guerra mondiale agli americani? Certamente no, anche se la Cina ha una cultura antichissima e troppo fine per produrre sguaiataggini alla Donald Trump. Dovrebbe cercare di avere buoni rapporti commerciali con questo colosso economico, e non solo economico, come aveva tentato di fare a suo tempo, nel 2019, l’allora ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico Luigi Di Maio, l’oggi disprezzatissimo Di Maio che sarà partito anche come “bibitaro” ma un certo intuito politico ce l’aveva. Ma naturalmente gli yankee, avvertendo il pericolo, bloccarono tutto. E noi, come sempre, ci sottomettemmo.
Non so come si viva oggi in Cina non lo so come non lo sa nessuno perché la censura è ferrea molto più di quella che c’era in Russia ai tempi dell’Unione Sovietica. Sia detto di passata: il tempo di maggior liberalità in Russia è stato quello degli Zar e quindi quando si accusa Putin di essere uno Zar gli si fa un favore, solo dieci degli insorti comunisti o filo-comunisti furono fucilati, purtroppo fra questi c’era anche il fratello di Lenin, a volte si faceva solo finta di fucilarli come accadde a Dostoevskij, Memorie del sottosuolo che era uno scherzo direi da preti ma ti lasciava in vita. Del resto Dostoevskij che era un panrusso integrale poteva capire bene la sottigliezza, chiamiamola così, di quell’ingranaggio. Ma anche i terroristi filo-comunisti erano di un’altra pasta, è nota la storia di quel terrorista che al passaggio della carrozza degli Zar avrebbe dovuto gettarsi con una bomba fra le gambe dei cavalli, ma vi rinunciò quando si accorse che sulla carrozza c’erano anche i figli dello Zar e della Zarina. Camus li ha chiamati i “terroristi gentili”. Comunque altri Zar, altri terroristi, altri tempi.
Quindi non ci sono reportage dalla Cina, bisogna risalire a quello, bellissimo, di Vittorio Feltri che risale però al 1989.
Non conosco quindi i cinesi di Cina ma conosco quelli che si sono trasferiti in Italia, in particolare a Milano, da tempi quasi pleistocenici in zona Sempione, non per nulla chiamata Chinatown, che trafficavano in pelletteria. Conosco quindi i cinesi che vivono da decenni o anche da tempi recenti a Milano. Bene. A Milano c’è un’assurda norma che impone ai ristoranti di chiudere alle due di notte, fa eccezione Le Capannelle non a caso vicino a San Vittore che di questo decreto comunale si fa un baffo e lì si raccolgono gli inquieti della notte, quel che resta della mala milanese, quel che resta delle puttane da strada, un mélange che i gestori riescono a controllare con molto tatto, così com’era quando esistevano ancora le bancarelle notturne davanti alle quali si raggruppava lo stesso tipo di clientela. Se voi andate in un ristorante gestito da italiani poco prima delle due vi dicono che stanno chiudendo, se è tenuto da cinesi ne calano giù dieci pronti a servirvi. Del resto se voi andate a New York nelle strade del centro non vedete un solo cinese, poi voltate un angolo, sembra un formicaio impazzito. Ad Harlem, quartiere storico dei neri, li vedete immobili, a gruppi all’angolo di una strada. Non c’è violenza ma la sensazione della violenza. Ho girato per Harlem per un’intera giornata e ho visto solo due poliziotti bianchi, di origine, mi parve, scozzese. Non trovavo un taxi. Quando finalmente ne acchiappai uno il tassista mi disse se ero pazzo. Molto meglio il Bronx dove la violenza c’è realmente ma dà almeno vitalità al quartiere. Vi andai una volta e chi mi accompagnava e guidava la macchina, il corrispondente dell’Europeo, ebbe l’imprudenza di fermarsi di botto e in modo ostentato. Scesi dalla macchina e già in tre o quattro mi erano addosso. Gli feci fare un largo giro e rientrai nel Bronx cercando di mimetizzarmi.
Ah la vecchia e cara indolenza dei neri, che va bene quando stanno in Africa, non in una grande città.
E adesso dico una cosa che va in senso esattamente contrario a ciò che ho scritto. I cinesi sono diventati capitalisti, capitalismo di Stato, si capisce, ma pur sempre capitalismo. E i giovani imprenditori che abbiamo citato ne danno ampia dimostrazione. Ora all’origine della cultura cinese c’è Lao Tse, Il libro della norma, che predica la non azione, la inazione. Il capitalismo è stato talmente forte da sfondare anche questa cultura bimillenaria.
Nei giorni scorsi a Milano si è data una pièce intitolata Cassandra con una straordinaria interpretazione di Elisabetta Pozzi, e Cassandra, lo dico in estrema sintesi, avverte sui rischi di dimenticare il presente in ragione del futuro: “Io vedo l’uomo tecnologico scendere una ripidissima strada in sella ad una splendente bicicletta senza freni: all’inizio era stato piacevole, per chi aveva pedalato sempre in salita e con immane, penosa fatica, lasciarsi andare all’ebbrezza e alla facilità della discesa, ma ora la velocità continua ad aumentare e si è fatta insostenibile, finché ad una curva finiremo fuori!”. Ad un certo punto Pozzi non in questa versione di Cassandra ma in una di poco precedente, si volta verso il pubblico e dice: “Il futuro è già qui!”. E gli spettatori non si rendono conto che il discorso li riguarda molto da vicino. Come la Cassandra della mitologia greca oggi l’intero mondo, Cina compresa, ed escluse alcune realtà del tutto marginali, come gli indigeni delle Isole Andamàne, quella parte delle Andamàne che non siamo riusciti a ‘civilizzare’, crede in un futuro migliore del presente. Siamo colmi di speranze. Eppure Nietzsche ha scritto: “In un angolo remoto dell’universo scintillante e diffuso attraverso infiniti sistemi solari c’era una volta un astro, su cui animali intelligenti scoprirono la conoscenza. Fu il minuto più tracotante e più menzognero della ‘storia del mondo’: ma tutto ciò durò soltanto un minuto. Dopo pochi respiri della natura, la stella si irrigidì e gli animali intelligenti dovettero morire…Quando tutto ciò sarà nuovamente finito, non sarà avvenuto nulla di notevole” (La filosofia nell’epoca tragica dei Greci, Friedrich Nietzsche).