Anche Hegel si schiererebbe coi tassisti e contro Uber
di Diego Fusaro - 28/02/2017
Fonte: Lettera 43
La lotta dei tassisti ribelli contro il sistema “Uber” prosegue, tra scioperi e animate proteste. E non è certo una novità, considerato che sono già diversi anni che, periodicamente, il contenzioso emerge in primo piano. Da questo punto di vista – è innegabile – quella dei tassisti si è rivelata e continua a rivelarsi una categoria coesa e, come si sarebbe detto anni fa con una sintassi oggi poco à la page, portatrice di una sua specifica coscienza di classe.
CONFLITTO TRA MONDIALISMO E STATI NAZIONALI. Forse, al di là della polemica contingente, è interessante rivelare come da essa traspaia, più in generale, il conflitto sempre più all’ordine del giorno tra mondialismo e realtà interne agli Stati sovrani nazionali in fase di decomposizione. O, se si preferisce, la tensione ad oggi irrisolta tra le istanze del competitivismo globale senza limiti (né etici, né territoriali, ça va sans dire) e quelle di uno Stato nazionale che, con tutti i limiti storici che l’hanno contraddistinto, resta pur sempre il luogo della tutela a norma politica dei diritti e delle limitazioni dell’invasività del mercato in perenne ricerca della propria deregolamentazione.
I TASSISTI HANNO RAGIONI DA VENDERE. Diciamolo apertamente, senza infingimenti e senza inutili perifrasi edulcoranti. I tassisti hanno ragioni da vendere. La loro lotta dovrebbe essere anche la nostra, giacché è la lotta di chi, in nome delle tutele dei diritti sociali, si oppone a quel competitivismo globale che certo non fa rima con democrazia, né tanto meno con garanzia dei diritti. In nome del competitivismo senza regole né limitazioni politiche mediate dalla potenza etica dello Stato, la competitività significa, di fatto, l’esigenza di essere in competizione 24 ore su 24: è questo, contro lo storytelling edificante, il vero portato del mercato liberalizzato e deregolamentato, un bellum omnium contra omnes guerreggiato senza limitazioni e senza tregua.
FARLI COMPETERE MA SECONDO LE REGOLE. In fondo, anche Hegel starebbe oggi coi taxisti: le “radici etiche” dello Stato devono porre dei limiti e delle garanzie, facendo in modo, ad esempio, che i taxisti competano tra loro ma secondo regole e con tutele rispettate, di modo che il competitivismo non prenda il sopravvento e non dissolva anche l’ultimo valore nel valore di scambio innalzato a unico valore riconosciuto e ammesso.