Antigone non abita più qui
di Roberto Pecchioli - 02/02/2025
Fonte: EreticaMente
Abbiamo assistito a un funerale woke, un ossimoro tra i tanti nel frullatore postmoderno, giacché l’addio alla vita e la triste ideologia del risveglio sono incompatibili. Ci riferiamo alla cerimonia (ma si può chiamare così?) o all’ultima rappresentazione messa in scena dal defunto Oliviero Toscani. Per volontà dell’estinto, nessun rito, solo una grigliata, mentre un figlio del fotografo ha disperso le ceneri del padre su un letto di sterco di cavallo. Resistiamo – per rispetto della maestà della morte – alla tentazione della battutaccia e ci limitiamo a osservare che ben misera deve essere stata la considerazione di se stesso e della condizione umana del banditore del globalismo consumista a libro paga del gruppo Benetton.
Un intelligente, ma deleterio propagandista di una civiltà decomposta, omogeneizzata, sterilizzata nella forma merce, in cui l’identità – personale e comunitaria – scolorisce sino a dissolversi nel pentolone degli United Colors dell’abbigliamento di massa venduto a caro prezzo dalla multinazionale trevigiana. Il resto delle sue campagne ideologiche- altro non furono il suo teleobiettivo e la sua camera oscura- ci appaiono come una forma sofisticata di pornografia dell’anima, la messa a nudo priva di pietà di un’umanità malata di se stessa. L‘ultima rappresentazione è stata il suggello perfetto del nichilismo di cui è stato brillante interprete, efficace propagandista. Se mio padre mi avesse chiesto di partecipare a un happening come quello dell’ultimo saluto a Toscani, avrei rifiutato. Nessuno spargimento di ceneri, nessuna unione con lo sterco equino. Quelle ceneri erano un uomo, Oliviero, non una cosa. Disse di non essere credente e che il suo rapporto con Dio “si era risolto molto tempo fa”. Ecco come finisce il superbo homo deus quando, sazio di esperienze e disperato per la sua condizione caduca, esorcizza il trapasso.
Ma c’è dell’altro, che trascende la vicenda individuale e richiama una riflessione complessiva. Antigone non abita più qui. Si diffondono pratiche mortuarie – cremazione e spargimento di ceneri – il cui senso è una terribile danza macabra, l’ultimo spettacolo di un essere, una generazione, una cultura, che non ha trovato significato alcuno nel transito terreno. La vita è una corsa priva di meta e gli individui improntati da questa visione paiono volerlo affermare anche da morti. Si annientano con la misera consolazione che pochi resti diventino una sorta di anima mundi, un abbraccio con il tutto che è in realtà il tunnel del nulla. Un sintomo bruciante di fine corsa della civiltà a cui apparteniamo.
La figura di Antigone, rappresentata nella tragedia greca di Sofocle, è uno dei racconti fondanti di un mondo giunto ora al capolinea. La giovane donna è sorella di Polinice e Eteocle, che si sono uccisi a vicenda nel tentativo di conquistare il potere a Tebe. Il re Creonte fa gettare fuori delle mura, esposti agli animali selvatici, i resti di Polinice, che combatté contro la città. Antigone, mossa dalla pietas familiare ed umana, riesce a dare sepoltura al fratello. Creonte, irato per la disobbedienza alla sua legge, la fa murare viva. Dopo le preghiere di suo figlio Emone, promesso sposo di Antigone, Creonte consente a liberarla: troppo tardi, la giovane si è data la morte. La tragedia si compie con il suicidio di Emone e della di lui madre, la regina Euridice.
Il significato è il conflitto tra la legge degli uomini e ciò che è giusto. La legge naturale impone di seppellire i morti, lasciare traccia della loro vita, indipendentemente dalle norme scritte e della volontà dei potenti. Non esiste più, nella coscienza offuscata degli uomini disumani d’Occidente, una legge naturale che impone comportamenti, detta limiti, esprime un modello comunitario di vita e condotta posto nel cuore dell’uomo da un Dio o da una coscienza morale che trascende tempo, spazio, principi transeunti. Ognuno fa ciò che preferisce e tutti non sono che atomi alla deriva in un teatro dell’assurdo chiamato esistenza. United Colors of Nihilism, le infinite sfumature del nichilismo. Antigone oggi non sarebbe riconosciuta. Nessuna traccia, nessuna tomba, nessun luogo di ricordo deve rammentare ciò che è stato e chi è stato.
Un degrado etico e civile di cui è testimonianza lo spettacolino situazionista delle ceneri gettate nello sterco. Sul piano individuale, la visione dominante è che Toscani aveva ogni diritto di disporre del suo corpo morto come riteneva meglio. Sul piano morale, la nostra convinzione è che la sua sia stata una rappresentazione in linea con la cultura della cancellazione, aggravata da un odio dell’umano giunta al punto da gettare i propri resti nel letame. Siamo ancora una civiltà, dopo avere abolito, insieme con tante altre cose, anche il rispetto per i morti, per la loro memoria concreta, la tomba che segnala un’esistenza, delle date, l’affetto di qualcuno, la partecipazione alla grande scena del mondo ? Giambattista Vico e Ugo Foscolo direbbero a gran voce di no.
Anche per loro esistono leggi naturali. Il filosofo napoletano pensava a tre grandi invarianze: ogni cultura celebra nozze fastose, volge lo sguardo verso l’alto con credenze e riti religiosi, seppellisce i suoi morti. Raggelante paragone con il tempo nostro, in cui il matrimonio è polverizzato, un’aspirazione eversiva di sparute minoranze omosex, ogni relazione con l’Oltre – o con la semplice ipotesi di un Dio – è ridicolizzata come superstizione antiquata, e la morte (rimossa, espulsa dallo spazio pubblico) non ha più la testimonianza delle tombe, dei cimiteri, del pietoso ufficio di rendere memoria di chi non c’è più. Ugo Foscolo va oltre, nella sua lirica più potente, i Sepolcri, allorché attacca la “nova legge” – non a caso frutto dell’illuminismo – che allontana i cimiteri dai centri abitati. “Ahi! su gli estinti non sorge fiore, ove non sia d’umane lodi onorato e d’amoroso pianto. Dal dí che nozze e tribunali ed are diero alle umane belve esser pietose di se stesse e d’altrui, toglieano i vivi all’etere maligno ed alle fere i miserandi avanzi che Natura con veci eterne a sensi altri destina.” Dare sepoltura come atto di naturale umanità, perché l’uomo si riconosce diverso dagli altri viventi, mantenere il ricordo, sapendo che domani altri faranno lo stesso con noi, era per il poeta il gesto più giusto e naturale.
Come per Vico, nozze e sepolture sono leggi di natura la cui mancanza mutila la creatura uomo, riducendola a scimmia sapiente. C’è di più, per il poeta di Zacinto: rivolto all’amico Ippolito, illustre grecista, afferma “a egregie cose il forte animo accendono l’urne de’ forti, o Pindemonte; e bella e santa fanno al peregrin la terra che le ricetta. “Le tombe come esempio, la vita dei grandi come modello da imitare, ma anche le esistenze di chi è vissuto praticando e insegnando il bene e il giusto, come i nostri genitori. Il contrario della cultura della cancellazione, per cui il passato è una barbara reliquia da estirpare che capovolge l’aforisma di Bernardo di Chartres, secondo cui noi siamo nani sulle spalle di giganti. “Possiamo vedere più cose di loro e più lontane, non certo per l’acume della vista o l’altezza del nostro corpo, ma perché siamo sollevati e portati in alto dalla statura dei giganti.”. Sciocchezze medioevali, per folle definizione i secoli bui. Siamo noi i giganti, ed il nostro compito è liberarci dalle pastoie del passato. Questo ci ha detto senza volerlo – oppure sì – la rappresentazione funebre voluta da Toscani per se stesso. Giganti cancellati da un soffio di vento di cui sfuma il ricordo nel cuore di altri soffi di vento.
I Sepolcri si chiudono con versi che sono un potente manifesto contro il nichilismo. Ricordando Ettore, il valoroso re troiano sconfitto, il cui corpo, riscattato dal vecchio padre Priamo, ebbe infine sepoltura e ricorda ai viandanti il suo coraggio dinanzi a un nemico invincibile perché invulnerabile. “E tu onore di pianti, Ettore, avrai, ove fia santo e lagrimato il sangue per la patria versato e finché il Sole sorge su le sciagure umane.” Tremila anni è durata la civiltà greco romana rinnovata dal cristianesimo. Molto, molto meno reggerà il nichilismo. Antigone non abita qui, Ettore non merita una tomba e il compianto. Ha perso, peggio per lui, non fu all’altezza di Achille, il competitor con superpoteri. E i cimiteri diventino in fretta aree edificabili.