Mentre gli “amici del giglio magico” e la corte renziana dei miracoli (presunti) continuano ad apostrofare come ignoranti e reazionari quei 19 milioni di elettori che hanno sepolto a suon di voti i loro sogni di gloria, emergono in tutta la loro crudezza le cifre del disastro italiano, figlio anche dei mille giorni di nulla impomatato mischiato con il “Jobs Act” e la “Buona Scuola” dell’ ex imbonitore fiorentino.
Una su quattro delle persone residenti in Italia è “a rischio di povertà o esclusione sociale”. A dirlo non è un bollettino partigiano di controinformazione ma l’Istat. 17 milioni 469 mila persone, il 28,7% della popolazione. I dati sono relativi al 2015. In cinque anni, come ha denunciato il Codacons, altri 2,7 milioni di italiani sono entrati nella fascia della povertà e dell’esclusione sociale. Di tagli e rinunce è ormai pieno il pallottoliere della miseria e ben 7,2 milioni di nostri connazionali, dichiarano di non potersi permettere un pasto adeguato almeno ogni due giorni (dati Coldiretti).
La metà delle famiglie dell’ex Belpaese, ha un reddito netto non superiore a 24.190 euro, 2.016 euro al mese. Negli ultimi anni, la forbice dei redditi si è allargata. L’Istat stima che “dal 2009 al 2014 il reddito in termini reali cala più per le famiglie appartenenti al 20% più povero, ampliando la distanza dalle famiglie più ricche il cui reddito passa da 4,6 a 4,9 volte quello delle più povere”.
Quella che al Nord e al Centro è piena emergenza, al Sud è mattanza sociale. Quattro individui su dieci sono a rischio di povertà in Sicilia, tre su dieci in Campania, Calabria, Puglia e Basilicata. Quasi la metà dei residenti nel Sud e nelle Isole (46,4%), contro il 24% del Centro e il 17,4% del Nord. Sono impressionanti i numeri di Sicilia (55,4%), Puglia (47,8%) e Campania (46,1%).
La Sicilia (28,3%) è anche la regione con la massima diffusione di bassa intensità lavorativa, seguita da Campania (19,4%) e Sardegna (19,1%). La deprivazione materiale e l’assenza di prospettive migliori per il futuro, stanno costringendo molti italiani ad emigrare. Per cause di forza maggiore e per necessità, non per piacere o per scelta. Non è la generazione Erasmus tanto cara agli inquilini dei palazzi romani del potere ma un esercito di giovani e meno giovani in fuga dalla fame e dalla disperazione.
Nel 2015 le cancellazioni dall’anagrafe per l’estero sono state 147mila (102 mila italiani e 47mila stranieri), l’8% in più rispetto al 2014. Significativo anche il dato relativo agli emigranti laureati con più di 25 anni di età: quasi 23 mila nel 2015, +13% rispetto al 2014.
Il “ce la stiamo facendo” ripetuto più volte da Matteo Renzi, può essere inserito di diritto nel libro delle barzellette che non fanno ridere come del resto la sua vittoria al referendum costituzionale.
Il Sud, devastato socialmente, desertificato commercialmente e ridotto a gigantesco centro di accoglienza all’aperto per compiacere gli eurocrati, ha bocciato impietosamente lui e le sue politiche. Il far circolare solo ad urne chiuse certi dati, non è servito. Chi arranca e annaspa quotidianamente, che piaccia o meno agli indignati in cachemire come Testa, Carbone, Cirinnà o Puppato, aveva ben chiaro il da farsi.