Autostrade, ora il governo rinazionalizzi l’intera rete
di Paolo Becchi - 19/08/2018
Fonte: Paolo Becchi
Stamattina a Genova ci sono stati i funerali di Stato per le vittime causate dal crollo del Ponte Morandi sulla A10. È il momento del lutto, di un nuovo grande lutto per Genova e per tutto il Paese. Le responsabilità sono molteplici: austerità legata ai vincoli europei, inattività del governo Renzi al cospetto delle interrogazioni parlamentari del senatore Maurizio Rossi e un concessionario privato negligente. Autostrade per l’Italia SpA, che insieme alle sue società controllate ha in concessione circa l’80% della rete autostradale italiana, è una società del Gruppo Atlantia, famiglia Benetton. Tanto profitto e scarsa o inadeguata manutenzione causano insicurezza e morte, ma allo stesso tempo riempiono le tasche del gestore privato.
La tragedia di Genova ha dimostrato dunque che non è vera la vulgata che più privato equivale a più efficienza. Oggi stesso dovrebbe tenersi proprio a Genova un consiglio dei ministristraordinario. Che fare ? Il vicepremier e ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio è stato chiaro: “La nostra intenzione è revocare le concessioni ad Autostrade per l’Italia. Ci sono 40 morti. C’è una volontà politica chiara del governo di revocare le concessioni. Stiamo parlando di gravi inadempienze”. Gli ha fatto eco l’altro vicepremier e ministro dell’Interno, Matteo Salvini: “In Consiglio dei ministri è stato approvato l’avvio dell’iter per il ritiro della concessione”, confermando – per la verità dopo qualche iniziale tentennamento – la condivisione di questa scelta.
Giusta la linea indicata sin dall’inizio da Di Maio. La procedura di revoca della concessione richiede certo i suoi tempi, anche perché il governo deve prima acquisire i pareri di alcuni dei soggetti coinvolti. Ma la “revoca” è legittima perché fondata su uno dei principi cardine del codice civile, vale a dire la risoluzione unilaterale del contratto per grave inadempimento dell’altra parte, senza che venga applicata alcuna penale a carico dello Stato in quanto il recesso risulta giustificato da gravi motivi attinenti al mancato rispetto da parte di Autostrade per l’Italia SpA di un obbligo contrattuale cosiddetto “di fare”, nel caso di specie la manutenzione e la messa in sicurezza delle strutture di viabilità. Chi oggi invoca la penale da 20 miliardi non sa di cosa parla. In Tribunale o davanti a qualsiasi organismo arbitrale lo Stato avrebbe tutte le carte in regola per dimostrare il grave inadempimento di Autostrade per l’Italia SpA.
Chiarito questo aspetto, occorrerà a mio avviso prendere una decisione politica “sovrana” di forte impatto, che faccia capire che questo è veramente il “governo del cambiamento”. Ri-nazionalizzare l’intera rete autostradale quale servizio pubblico strategico per gli interessi generali e l’economia nazionale. Lo Stato deve tornare a fare lo Stato in tutti quei settori che sono strategici per l’interesse nazionale.
Per giungere a questo bisogna però comprendere prima come siamo arrivati alle privatizzazioni selvagge. Agli inizi degli anni Novanta il nostro rapporto debito pubblico/Pil era intorno al 120%, causa non le politiche clientelistiche degli anni Ottanta (come vi raccontano i giornaloni) bensì lo scellerato divorzio Tesoro-Bankitalia avvenuto nel 1981 deciso da Beniamino Andreatta e Carlo Azeglio Ciampi, rispettivamente all’epoca ministro del Tesoro e governatore di Bankitalia. In dieci anni il debito pubblico schizzò alle stelle causa gli interessi ma per poter entrare a far parte dell’eurozona occorreva abbattere il rapporto debito pubblico/Pil. Ed ecco la trovata delle privatizzazioni, avviate dal primo governo Prodi (1996-1998) e – per quanto riguarda le autostrade – completate nel 1999 dal governo D’Alema (1998-2000). Il rapporto debito pubblico/Pil scese intorno al 100% e così avevamo fatto bene i compiti per entrare nell’euro. All’inizio tutti felici e contenti. Poi nei decenni ci siamo accorti che la moneta comune era una truffa e talvolta piangendo i morti come in questi giorni, che non esiste privato che faccia gli interessi generali, anche perché i prezzi delle tariffe sono aumentati (e di molto) mentre la sicurezza e la manutenzione non sono state garantite.
Rispetto agli anni Novanta la storia d’Italia e del mondo intero è però cambiata. La globalizzazione sfrenata ha avuto una forte battuta d’arresto e i popoli hanno deciso di “ritornare” a difendere gli Stati nazionali. “Corsi e ricorsi” storici avrebbe detto Giambattista Vico e allora si abbia il coraggio di “ritornare” alle autostrade pubbliche. La Costituzione lo consente all’articolo 43: “Ai fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale”.
Nel “contratto di governo” M5s-Lega c’è l’obiettivo specifico di ripristinare la prevalenza della nostra Costituzione sul diritto dell’Unione europea. Si porti quindi in esecuzione il “contratto” e si riaffermi la preminenza della Costituzione sulle speculazioni dei privati e sulle regole della Ue in materia di concorrenza e privatizzazioni. Nel caso di specie l’utilità e l’interesse generale sono evidenti. Resterebbe il problema dei gestori privati diversi da Autostrade per l’Italia SpA, nei confronti dei quali sarebbe quantomeno arbitrario revocare la concessione in assenza di gravi inadempimenti, con conseguenze risarcitorie da non sottovalutare.
Stiamo parlando di appena un 20% circa dell’intera rete autostradale, gestita per lo più da consorzi regionali o società private che hanno uno stretto collegamento con la realtà territoriale. Ma una volta revocata la concessione ai Benetton non sarà un problema sedersi al tavolo con gli altri e trovare una soluzione condivisa. Se al termine di questa imponente operazione di ri-nazionalizzazione i “vincoli europei” non consentissero allo Stato di spendere per mettere in sicurezza strade e ponti, la soluzione non potrebbe che essere una soltanto: “prima gli italiani”!
*con la collaborazione di Giuseppe Palma